Pera, come fare per uscire dalla crisi?

Mercato, export, barriere fitosanitarie e consumi al centro della seconda giornata del World Pear Forum di Ferrara, tenutosi nell'ambito di Futurpera

Pera, come fare per uscire dalla crisi? - Plantgest news sulle varietà di piante

Futurpera ha registrato un +30% in termini di presenze, generando un indotto economico per il territorio di oltre un milione di euro

Fonte immagine: © Giacomo Brini - Fotografo

La produzione in Italia di pere nel 2017 è in aumento dell'8% rispetto al 2016, con un volume pari a 735mila tonnellate. L'Italia è così il primo produttore europeo e il terzo al mondo dopo Cina e Stati Uniti. C'è però un calo rispetto al biennio 2014-2016 del 2% circa e del 21% rispetto al biennio 2004-2006.
Questi sono i dati presentati da Gianni Amidei, presidente di Oi Pera, in apertura della seconda giornata del World Pear Forum di Ferrara, che si è tenuto nell'ambito della 2° edizione di Futurpera, il salone internazionale della pera, organizzato da Ferrara Fiere in collaborazione con il Cso - Centro servizi ortofrutticoli e l'Oi - Organizzazione interprofessionale Pera. 

"L'Abate Fétel con oltre 320mila tonnellate prodotte - spiega Amidei - è la principale varietà (+10%), seconda la William con 160mila (+3%), terza la Conference con 61mila (+2%) e quarta Kaiser con 41mila (+12%). La qualità è buona, grazie anche al caldo estivo che in questo caso ha favorito su sapore ed aspetto. Le giacenze sono buone e questo ci fa pensare ad un regolare svolgimento della stagione commerciale".

A livello europeo il trend produttivo è pressoché stabile a circa 2,15 milioni di tonnellate, grazie a una crescita produttiva di alcune aree a fronte di un calo in altre.
 
Un momento della seconda giornata del World Pear Forum
(Fonte foto: ©Giacomo Brini - fotografo per ufficio stampa Futurpera)

Dando uno sguardo all'export, in base all'elaborazione fornita da Fruitimprese su dati Eurostat, nei primi sette mesi del 2017 i volumi di pere italiane esportati sono calati del 29%: per quest'anno sono stati 50.568 tonnellate mentre nello stesso periodo del 2016 sono stati 70.928 tonnellate. All'origine di questo trend negativo ci sono tre aspetti fondamentali: calo generalizzato dei consumi in Europa, aumento della produzione in alcuni mercati strategici, l'embargo russo che continua dal 2014 e continuerà ancora per anni.

"Attualmente l’export italiano - spiega Marco Salvi, presidente di Fruitimprese - è ancora orientato verso destinazioni 'tradizionali': il 92% viene assorbito dall'Ue. I principali mercati sono Germania con il 40% del totale e Francia con il 15%. Solo l'8% viene destinato ai mercati dell'extra Ue. Tra questi i più rappresentativi sono la Libia con il 32% del totale (che comunque, a seguito dell'instabilità politica, dal 2014 ha ridotto gli acquisti del 70%), la Svizzera con il 29%, l'Albania con l'8%, la Norvegia con il 6%, il Canada con il 5% ed il Brasile con il 4%. 
Ci sono però paesi nostri competitor che hanno incrementato negli ultimi anni le loro esportazioni, Belgio e Olanda in primis. Per invertire il trend l'Italia deve guardare a nuovi mercati. Tra le opportunità più interessanti ci sono il Sud Africa, l'India, il Canada, gli Stati Uniti d'America, il Messico, il Brasile, il Vietnam e la Cina. Tutti paesi con grandi popolazioni.
La Cina in particolare è sicuramente l'opportunità più ghiotta ad oggi. Senza contare che ormai, grazie al calo dei noli marittimi, spedire via nave un container di pere costa meno che esportare su gomma dall'Italia verso la Germania. Dobbiamo accelerare i tempi grazie ad una strategia-paese e grazie alla collaborazione di tutti".
 
 
Una fase della seconda edizione di Futurpera 2017
(Fonte foto: © Giacomo Brini - fotografo per ufficio stampa Futurpera)

Quelli che Salvi ha indicato sono opportunità di sicuro interesse commerciale, che sono però ancora in parte precluse a causa delle barriere fitosanitarie.
"L'Ue - spiega Simona Rubbi, responsabile dell'apertura di nuovi mercati per Cso Italy - ha un approccio permissivo per i prodotti che arrivano dall'estero mentre i paesi extra Ue hanno un approccio restrittivo. Per questo motivo per entrarvi è necessario aprire dei tavoli di confronto e realizzare specifici protocolli.
Questa è un’anomalia gravissima del nostro sistema europeo ma, nonostante le difficoltà, stiamo lavorando su diversi fronti, in particolare sull’apertura del mercato cinese alle pere italiane e ci auguriamo di poter ripetere l’indispensabile gioco di squadra tra istituzioni e stakeholder, per arrivare nel più breve tempo possibile su questo importante mercato.
Le istituzioni però ci devono aiutare per far sì che il tutto vada avanti nel modo più facile possibile. Voglio fare un esempio: la Polonia in un anno e mezzo è riuscita a chiudere un accordo con il governo cinese per l'export di mele. La leva è stata l'appalto che il governo polacco ha dato ad una ditta cinese per la creazione di diverse migliaia di chilometri di autostrada. Giusto o non giusto non so, di sicuro l'obiettivo è stato raggiunto"
.

Per le pere italiane una piazza commerciale di sicuro interesse è quella degli Emirati Arabi, come ha sottolineato James Varghese nella sua relazione. Si tratta, infatti, di un mercato molto vicino che può offrire diverse opportunità per i vari segmenti di prodotto.
 
Mostra pomologica di pere organizzata dal Crpv di Cesena
(Fonte foto: © AgroNotizie)

Fondamentale, in questo contesto, l’andamento generale dei consumi di pere. In Europa è in atto un calo dei consumi di pere pari all'8%, anche se guardando gli ultimi cinque anni il calo è del 2%. In base però alle elaborazioni di Cso Italy, nei primi otto mesi (tra gennaio e agosto) dell'anno i consumi in Italia sono aumentati dell'1%, rispetto allo stesso periodo del 2016.
Le tonnellate vendute sono 236mila, per un valore superiore a 425 milioni di euro.

"Siamo in un momento di forte trasformazione del consumatore, sempre più indirizzati verso salute e benessere - ha sottolineato Daria Lodi, di Cso Italy, parlando degli acquisti alimentari - Le pere in Italia sono tra i prodotti che stanno trainando maggiormente la crescita degli acquisti di ortofrutta, dal 2014 ad oggi, dopo un lungo periodo che ha visto gli acquisti al dettaglio di pere delle famiglie italiane diminuire".
"Nel 2016
- ha continuato la Lodi - sono state acquistate in Italia oltre 400mila tonnellate di pere, il 5% in più rispetto all’anno precedente e il 31% in più rispetto al minimo del 2013. Ovviamente c’è ancora molto da fare, soprattutto in considerazione di un indice di penetrazione che non raggiunge il 90%, ed un acquisto medio per famiglia che, nell’area tipica di produzione, si ferma ai 14 chili annui".

Ha chiuso il convegno una tavola rotonda, alla quale hanno partecipato rappresentanti delle aziende commerciali di Francia, Belgio, Olanda e Portogallo, con i quali si è acceso il dibattito sulla distribuzione organizzativa commerciale, perché questi paesi – in particolare Belgio e Olanda - stanno già rifornendo di prodotto il mercato cinese e sono in fase molto avanzata con l’apertura a Giappone e Messico.
Un esempio lo da Leonard Kampschoer di Fruitmasters: "Il nostro primo tentativo di entrare in Cina è del 2006. Solo nel 2014 siamo riusciti nell'intento. Abbiamo lavorato molto sulla comunicazione, sulla qualità e sulla creazione di valore. Solo quando siamo riusciti a trasmettere correttamente la qualità ed il valore delle nostre pere il mercato cinese si è aperto. Oggi per loro produciamo le migliori pere del mondo".
 
Guarda il video con le interviste ad Alberto Garbuglia di Origine Group ed a Marco Salvi di Fruitimprese
(Fonte video: © AgroNotizie)

Per l’Italia erano presenti Luca Granata di Opera e Alberto Garbuglia di Origine Group, che hanno ribadito l’importanza della comunicazione per far aumentare le vendite e i consumi, sia in Italia che all’estero. Qualche accenno anche all'aggregazione del sistema.
“L'Italia si deve presentare unita - spiega Garbuglia, amministratore di Origine Group -, lavorando così alla creazione del giusto valore da redistribuire alla filiera. Importante saranno le nuove varietà, ma solo se le affronteremo compatti. Sarebbe una straordinaria opportunità di collaborazione tra i due grandi consorzi della pera italiana di qualità, Origine Group e Opera”. 
"Il made in italy è molto richiesto - riprende Granata, direttore di Opera -. E noi dobbiamo sfruttare al meglio questa opportunità, attraverso anche la giusta comunicazione e la giusta informazione. La pera è un dessert e contemporaneamente un frutto. Dobbiamo evidenziare maggiormente l'aspetto sensoriale. Se la pera è più conosciuta è anche più visibile. Siamo disponibili a collaborare, l’importante è iniziare concretamente a farlo". 

Per la grande distribuzione hanno partecipato Germano Fabiani di Coop Italia, Gianmarco Guernelli di Conad e Annabella Donnarumma di Ad Eurogroup Italia, l’azienda che si occupa dell'acquisto e della vendita di frutta e verdura per il gruppo Rewe Germania. Quest’ultima ha ribadito l’importanza di una stretta sinergia tra produzione e grande distribuzione, con l’obiettivo di programmare al meglio la commercializzazione e vendita del prodotto.

Autore: Lorenzo Cricca

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