Vite per uva da tavola

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Descrizione della pianta

La vite è una pianta antichissima che da milioni di anni è presente nelle zone temperate del pianeta; solo da qualche migliaio di anni però si è cominciato a produrre vino. Alla fine del 1800 ha cominciato a differenziarsi la coltivazione tra prodotto destinato alla produzione di vino e quello per il consumo fresco. Il frutto della vite è molto ricco di zucchero, soprattutto fruttosio e glucosio. Meno ricco di acqua rispetto ad altri frutti, ha però un effetto diuretico, dovuto al contenuto di potassio. Ha anche proprietà lassative, dovute all'azione di buccia e semi.

 

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La vite fa parte dell’ordine delle Rhamnales, famiglia delle Vitaceae o Ampelidaceae, sottofamiglia delle Ampelideae e genere Viti. Per l’interesse commerciale prendiamo in considerazione le specie americane (Vitis riparia, Vitis rupestris e Vitis berlandieri) ed europee (Vitis vinifera). Le viti che noi normalmente coltiviamo appartengono alla Vitis vinifera sativa.

La comparsa della vite sulla terra è databile tra i 130 e i 200 milioni di anni fa, più o meno in coincidenza con la differenziazione dei mammiferi dagli altri vertebrati. Esistono reperti paleontologici che testimoniano la presenza della vite anche durante l'era terziaria (60 milioni di anni fa) e quaternaria (un milione di anni fa). Però la storia dei rapporti tra la vite e l'uomo risale al periodo neolitico databile grazie a reperti archeologici che testimoniano un'accidentale fermentazione di uva conservata in rudimentali recipienti. Le prime tracce di coltivazione della vite sono state rinvenute nella regione del Caucaso, in Armenia e nel Turkestan. Nella Genesi (Genesi 9, 20-1) è presente un versetto che testimonia la conoscenza della vite e delle tecniche di vinificazione 'Noè appena uscito dall'arca piantò una vigna, ne bevve il vino, si ubriacò e si mise a dormire nudo nella sua tenda'. I primi riferimenti storici alla vite e al vino si trovano tra i Sumeri nell'Epopea di Gilgamesh (III millennio a.C.). Testimonianze della coltura della vite si trovano in numerosi geroglifici Egizi, presso i quali il vino era bevanda riservata ai sacerdoti, agli alti funzionari e ai re. 

Furono i Greci ad introdurre la vitivinicoltura in Europa, già in epoca minoica. Esiodo, in Le opere e i giorni, descrive in dettaglio pratiche di vendemmia e di vinificazione e numerosi sono i riferimenti alla vite e al vino anche in Omero. Ai coloni greci si deve la introduzione della viticoltura in Sicilia ed in altre aree del meridione d'Italia, dove la coltura incontrò condizioni climatiche e pedologiche ideali, al punto da far meritare alla regione il nome di Enotria. Gli Etruschi perfezionarono notevolmente le tecniche di viticoltura e svilupparono una intensa attività di esportazione del vino, diffondendolo ben oltre il bacino mediterraneo.

I Romani perfezionarono ulteriormente le tecniche vitivinicole apprese dagli Etruschi, come illustrato da numerose opere, in cui si ritrovano concetti biologici e tecniche di coltura tuttora validi. Nel III e IV secolo d.C. la crisi dell'Impero Romano creò, soprattutto nelle campagne, condizioni di instabilità che portarono al declino della viticoltura. All'epoca della caduta dell'Impero Romano d'Occidente, la superficie viticola faceva registrare una sensibile calo, mantenendosi in prevalenza nelle aree vicine alle città ed in prossimità delle coste.

Tra il V e il X secolo la conservazione del patrimonio vitivinicolo si deve soprattutto degli ordini monastici: i Basiliani e i Benedettini fornirono nuovo impulso alla coltura della vite in Europa portandola ai limiti estremi di latitudine e di altitudine. Accanto alla viticoltura di carattere ecclesiastico si sviluppò, soprattutto in Francia, una viticoltura più nobiliare dove principi e feudatari coltivavano vite e producevano uva e vino come simboli di prestigio. Fino al VII secolo la coltura della vite ebbe una certa rilevanza anche in Medio Oriente. Tra la fine del Basso Medioevo ed il Rinascimento ripartì in Europa lo sviluppo della viticoltura borghese: lo sviluppo demografico, la concentrazione della popolazione nelle città e le aumentate disponibilità economiche di artigiani e commercianti portarono a grossi investimenti nella viticoltura, che tornava ad essere economicamente conveniente. Nel Rinascimento si assiste anche allo sviluppo di una ampia letteratura dedicata alla vite che favorisce un nuovo approccio scientifico, cui si deve tra l'altro la nascita della moderna ampelografia, base fondamentale del futuro progresso della viticoltura. Anche nelle arti figurative si trovano numerose riproduzioni della vite e dei suoi frutti. Con la scoperta dell'America la vite fece il suo ingresso nel Nuovo Continente, dapprima in Messico e successivamente, grazie ai conquistadores, anche in Sud America.

Nel XIX secolo l'oidio e la fillossera, malattie della vite provenienti dall'America, distrussero enormi quantità di vigneti. I coltivatori furono costretti a innestare i vitigni sopravvissuti su specie di origine americana (Vitis labrusca), resistenti a queste malattie, e ad utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo. Alla fine del 1800 si cominciò a distinguere tra la coltivazione di uva da vino e quella da tavola. 

 

E' il frutto della vite, pianta antichissima, che cresceva in Italia già 2 milioni di anni fa. Le diverse qualità sono classificate in base all'ipiego a cui sono destinate: uva da vino e da tavola.
L'uva è molto ricca di zucchero, soprattutto fruttosio e glucosio. Meno ricca di acqua rispetto all'altra frutta, ha tuttavia un effetto diuretico, dovuto al contenuto di potassio. Ha anche proprietà lassative, dovute all'azione di buccia e semi. Il valore calorico dell'uva è di 61 Kcal per ogni 100 g.

Composizione e valore energetico dell’uva da tavola (100 g di prodotto)
Parte commestibile 94%
Proteine totali 0,50 g
Acqua 80,30 g
Zuccheri 15,60 g
Fibra 1,5 g
Energia 61 Kcal
Potassio 192 mg
Calcio 27 mg
Fosforo 4 mg
Rame 0,27 mg
Ferro 0,40 mg
Zinco 0,12 mg
Vitamina A 4 μg
Vitamina C 6 mg

 

Per quanto riguarda le radici, a seconda che la pianta derivi da seme o da talea, si distinguono radici fittonanti (cioè quelle originate dal sme e da cui derivano quelle di ordine inferiore e di minori dimensioni) e radici avventizie (cioè quelle originatesi dalla talea) sono di tipo fascicolato, di sviluppo omogeneo e da cui derivano quelle di ordine inferiore.
 

Il fusto ha un aspetto contorto ed è avvolto dal ritidoma che si sfalda longitudinalmente. Le ramificazioni che si generano dal fusto sono chiamate germogli o pampini quando sono erbacee, tralci quando sono lignificate (sarmenti quando sono staccati dalla pianta dopo la potatura). I tralci sono costituiti da nodi e internodi in numero e lunghezza variabile. 
Le foglie della vite sono semplici, distiche ed alterne, formate da un picciolo di diversa lunghezza e da una lamina palmato-lobata con cinque nervature primarie. Da queste nervature si possono originare altrettanti lobi separati da insenature dette seni. Nella vite si trovano soltanto gemme che hanno origine dal meristema primario, e possono essere gemme pronte, ibernanti o normali e latenti.
 I cirri o viticci (erbacei durante l'estate, lignificano con la fine del ciclo vegetativo) sono organi di sostegno volubili.


I fiori della vite non sono singoli, ma riuniti a formare un'infiorescenza, detta grappolo composto o racemo composto, inserita sul tralcio in posizione opposta alla foglia. 
L'infiorescenza è costituita da un asse principale (rachide) sul quale sono impiantati i racimoli, l'ultimo dei quali è detto pedicello e porta il fiore. Il numero dei fiori per grappolo è molto variabile (fino a 100). I fiori sono ermafroditi, composti da calice a 5 sepali e corolla a 5 petali. Sono presenti 5 stami e ovario bicarpellare a 4 ovuli.
 A seconda della vitalità degli organi maschili e femminili, sulla vite si possono trovare fiori ermafroditi, staminiferi, pistilliferi oppure di tipo intermedio. I grappoli possono avere forma diversa a seconda della varietà. 


Il frutto della vite è una bacca (acino), costituito da un epicarpo o buccia, dal mesocarpo o polpa (tessuto molle e succoso) e dall'endocarpo (tessuto membranoso in cui sono contenuti i semi o vinaccioli).
 Gli acini sono posti sui pedicelli che formano, con le ramificazioni del grappolo, il raspo. La forma, la dimensione, il colore e il sapore variano a seconda della varietà.

La coltivazione dell’uva da tavola si attua principalmente nelle regioni dell’Italia meridionale caratterizzate da clima caldo-arido, con temperature elevae e scarse piogge nel periodo primaverile-estivo. Le zone che si trovano vicino al mare sono le più adatte, in quanto le temperature minime non scendono al di sotto dei 0°C e le massime vengono mitigate dall’aria del mare. Le escursioni termiche sono meno forti e l’umidità dell’aria è maggiore rispetto alle zone interne.

La pianta di vite richiede quantitativi diversi d’acqua disponibile nelle differenti fasi vegetative. I bisogni idrici sono influenzati da due fattori: la traspirazione delle piante e ’evaporazione diretta della superficie del suolo. Senza entrare nei dettagli possiamo dire che l’evapotraspirazione potenziale in un ambiente meridionale varia da 6000 mm a 12000 mm durante il ciclo biologico della vite ed il coefficiente di traspirazione da 400 litri a 7050 litri per chilogrammo. In funzione di questi dati possiamo anche dire che il fabbisogno medio annuo di una cultivar di uva da tavola si può aggirare sui 3.000 m3/ha.

Una scarsa piovosità durante l'inverno induce il risveglio vegetativo, ma i germogli, dopo l'allegagione, in genere cessano di crescere e l'uva, specialmente quella dei vitigni più vigorosi, non arriva a maturazione. Danni più o meno simili si hanno anche a causa della siccità estiva, in quanto viene a mancare la disponibilità idrica proprio nel momento in cui la pianta è particolarmente esigente. Altrettanto dannose sono le piogge eccessive durante l'estate o l'autunno. Nel primo caso si determina la formazione di un prodotto molto acquoso, con basso contenuto di zuccheri e elevato di acidi, mentre nel secondo caso vengono particolarmente favoriti gli attacchi di muffa grigia con conseguenze dannose sul vino.

Le tecniche di irrigazione adottate sono molto varie e vanno da quelle radizionali a scorrimento o ad aspersione a quelle meno onerose e più efficienti ad aspersione o sotto chioma. Da alcuni anni si utilizza anche la microirrigazione che offre diversi vantaggi colturali ed agronomici. 

Utile è la concimazione di fondo, soprattutto nei vigneti a forme d’allevamento espanse, con valori da correlarsi all&rsqu;analisi del terreno. Lo stesso criterio vale per le concimazioni ordinarie. Tra gli elementi da distribuire l’azoto è uno degli elementi essenziali per la vita della pianta, in mancanza di quantità sufficienti nel terreno la vite assume sviluppo stentato: tralci esili e internodi più corti del normale, foglie piccole, acini difformi per maturazione e dimensione, allegazione irregolare e scarsa produzione. Le piante assorbono azoto dal terreno, prevalentemente in forma nitrica, più assimilabile, e ammoniacale. La sostanza organica mediamente costituisce un’importante fonte di riserva di azoto. Nei terreni agrari l’azoto totale varia da 0,1 a 0,15%. L’apporto può variare anche attraverso le precipitazioni atmosferiche, tra 10 e 50 Kg ad ettaro all’anno.

Il fosforo esercita nella pianta un’influenza sui diversi processi metabolici tra cui formazione acido nucleico, enzimi e partecipa alla sintesi proteica e dei carboidrati. Normalmente il contenuto nel terreno varia tra i 0,02 e 0,08% ed è presente in forma organica. Essendo i nostri terreni poco dotati di fosforo occorre intervenire attraverso delle concimazioni che saranno proporzionate in base alle necessità ed alle esportazioni.

Il potassio è importante per il metabolismo dei carboidrati, per la sintesi delle proteine, promuove lo sviluppo dei tessuti meristematici, entra a far parte dell’osmosi, regola l’attività di vari elementi minerali. Normalmente il fabbisogno di potassio risulta piuttosto elevato. La disponibilità media dei nostri terreni è di circa l’1,5% sottoforma minerale.

Tra gli altri elementi da tenere sotto controllo abbiamo il calcio, il magnesio, il ferro ed il boro.  Tra questi il magnesio ed il ferro sono particolarmente importanti e vengono sempre più spesso eseguite concimazioni con questi elementi allo scopo di rendere la pianta il più efficiente possibile.

Le somministrazioni si articolano in anticipazioni (da effettuarsi nel periodo autunnale con fosfo-potassici-magnesici) ed interventi in copertura a base essenzialmente di azoto. L’azoto sarà inoltre distribuito per il 75% nel periodo del pianto (pre-germogliamento) con prodotti ammoniacali ed il restante 25% dopo la fioritura in una o più dosi frazionate a distanza di 6-10 giorni con prodotti nitrici. Il fosforo ed il potassio invece saranno somministrati durante il periodo autunnale nel momento dell’aratura profonda o dei lavori dissodatori.


La propagazione della vite può essere ottenuta per seme, propaggine, talea e innesto. Quest'ultima è sicuramente a forma di propagazione per eccellenza della vite. Può essere effettuata con vari sistemi (a gemma o a marza) e con tecniche diverse per favorire l'attecchimento, ma in ogni caso richiede che il materiale di partenza sia sano, esente da traumi e lesioni, ben maturo e che corrisponda alla varietà e/o clone desiderato. 

Nel periodo compreso tra il 1858 e il 1862 comparve in Europa la Fillossera della vite (Viteus vitifolii Fitch, Rincoti, Fillosseridi), afide proveniente dal Nord America, che si diffuse rapidamente in tutte le zone viticole dimostrandosi mortale per i pregiati vitigni europei. In Italia arrivò nel 1879 (in provincia di Como e di Milano, e nell'anno successivo in provincia di Caltanissetta e Messina). Durante il suo progressivo espandersi nella penisola italiana distrusse due milioni di ettari di vigneti. Le radici della vite europea, a differenza di quella americana, sono sensibili alle punture della Fillossera. I tessuti radicali subiscono una grave disorganizzazione, spesso aggravata da successivi insediamenti di microrganismi patogeni. La pianta deperisce notevolmente e quindi muore. Il problema della Fillossera, gravissimo per la viticoltura europea, diede luogo sul finire dell'800 alla promulgazione di tutta una serie di misure contenitive e di lotta, dimostratesi però inefficaci. Esso venne risolto mediante l'innesto della vite europea, produttrice di vini di qualità, su piede di vite americana o di suoi ibridi, resistenti agli attacchi della Fillossera: tale metodo è tuttora di generale applicazione.

I principali portinnesti utilizzati nell'uva da tavola appartengono al gruppo Berlandieri x Riparia (157.11C, 34EM, Kober 5BB) e Berlandieri x Rupestris (1103 P- 775P, 140R).
 
420A Appartenete al gruppo Berlandieri x Riparia presenta ridotta vigoria, resiste bene alla Fillossera ed alle malattie critogame, resiste ai terreni clorosati, siccitosi e poveri. E' sensibile alla carenza di potassio, si adatta bene con le principali varietà, ha lento sviluppo della pianta nei primi anni di vita per poi recuperare, resiste al calcare attivo fino al 20%.
157.11C Appartenete al gruppo Berlandieri x Riparia presenta leggera sensibilità alla Phylloxera gallecola e non tollera terreni asciutti e non profondi. Si adatta bene alla maggior parte delle varietà conferendo buon sviluppo e precocità. Resiste al calcare attivo del 22%.
34 EM  Appartenete al gruppo Berlandieri x Riparia e preferisce terreni di medio impasto e sciolti, consente sviluppo ridotto della pianta, favorisce la precocità di maturazione e l'ottenimento di produzioni di qualità. Buona la resistenza ai terreni clorosati e pedologicamente difficili per la vite. Scarsamente resistente alla siccità, ai nematodi ed alla compattezza del terreno. Mediamente sensibile alla carenza di potassio. Resiste bene al calcare fino al 20%.
Kober 5BB Appartenete al gruppo Berlandieri x Riparia possiede ottima vigoria e maturazione del legno. Ha soddisfacente compatibilità all'innesto con la maggior parte delle varietà. Tollera i terreni mediamente clorosati, favorisce un notevole sviluppo alle piante, può provocare acinellatura e ritardo della maturazione. Adatto ai terreni freschi e fertili ma non calcarei. Resiste bene ai nematodi, al calcare fino al 20% anche se è mediamente sensibile alla carenza di potassio e magnesio.
225 R Appartenete al gruppo Berlandieri x Riparia presenta buona compatibilità con le principali varietà anche se molto indicato per ambienti siciliani. Consigliato in terreni freschi, profondi sciolti o di medio impasto, tollera i terreni mediamente clorosati.  Mediamente vigoroso, scarsa resistenza alla siccità, resistenza al calcare attivo fino al 17%.
161.49 C Appartenete al gruppo Berlandieri x Riparia presenta buona resistenza alla siccità, si adatta bene ai terreni utilizzati per la coltivazione dell'uva da tavola, buona affinità con le maggiori varietà, consente l'ottenimento di ottime produzioni e di elevate caratteristiche qualitative. Resiste al calcare fino a 25%.
SO4

selezione Oppenheim n.4: Appartenete al gruppo Berlandieri x Riparia presenta media vigoria, buona resistenza al calcare, può essere usato in terreni pesanti non asfittici, induce qualità e precocità del prodotto. Ha scarsa resistenza alla siccità, all'umidità e si adatta ai terreni compatti. Resiste ai nematodi, media resistenza alla carenza di potassio, elevata sensibilità alla carenza di magnesio, resiste al calcare attivo del 17%.

Richter Appartenete al gruppo Berlandieri x Rupestris presenta buona adattabilità ai terreni siccitosi, tolleranza a quelli clorosi ed affinità con le principali varietà. E' molto vigoroso ed induce ritardo alla maturazione. Ha buona adattabilità alla compattezza del terreno, sensibile ai nematodi, elevata resistenza alla siccità ed alla carenza di potassio, mediamente sensibile alla carenza di magnesio e resiste al calcare del 17%.
140 R Appartenete al gruppo Berlandieri x Rupestris presenta buona resistenza alla fillossera ed alle malattie crittogame, buona compatibilità all'innesto, elevata resistenza alla siccità e tollera i terreni fortemente clorosati. Molto vigoroso e con ottima resistenza alla siccità. Sensibile ai nematodi ed all'Agrobacterium tumefacies. Resistenza la calcare del 40%.
775P Appartenete al gruppo Berlandieri x Rupestris presenta medio vigore, buona resistenza alla siccità e media resistenza all'umidità. Buona compatibilità all'innesto con le principali varietà, si adatta ai terreni asciutti, sciolti, profondi,  clorosi, di medio impasto. Elevata resistenza alla siccità e mediamente al calcare (17%).
779P

Appartenete al gruppo Berlandieri x Rupestris presenta elevato vigore, buona resistenza alla siccità e buona resistenza all'umidità. Buona compatibilità all'innesto con le principali varietà, si adatta ai terreni asciutti, sciolti, profondi, mediamente clorosi, di medio impasto. Elevata resistenza alla siccità ed al calcare (20%).

1103P Appartenete al gruppo Berlandieri x Rupestris presenta elevato vigore, ottima resistenza alla siccità, buona adattabilità ai terreni compatti e possiede buona compatibilità con le principali varietà. Si adatta ai terreni argillosi, calcarei, clorosati e salmastri. Ottima resistenza ai cloruri ed ai nematodi, alla siccità ed alla compattezza del terreno. Resistenza alla carenza di magnesio ed al calcare attivo fino al 20%.


 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

Attualmente la coltivazione dell'uva da tavola è certamente più articolata rispetto al passato, potendo disporre della protezione sia con plastiche che con rete. L&squo;uso del mezzo di protezione non ha permesso creare impianti anche a latitudini maggiori, di rendere il prodotto migliori in termini organolettici (applicazione delle reti) e di sfasare il momento della raccolta (applicazione delle plastiche). Tale disponibilità, insieme alla frigo-conservazione post raccolta, consente all’operatore di avere un più ampio periodo di collocazione commerciale del prodotto.

Gli impianti sono realizzati con sistemi predisposti per la copertura sia con plastica che con rete. Diversi sono i metodi di attuazione ed i tempi per le coperture sia nella fase di allevamento che nella fase di produzione in funzione della disponibilità dei diversi fattori, delle esigenze dell’operatore e soprattutto delle varietà utilizzate. Pertanto metodi e tempi vanno scelti ed applicati secondo gli obiettivi del viticoltore.

Inoltre per creare un impianto, le diverse operazioni che devono essere eseguite sono:
 livellamento del terreno;
 aratura più o meno profonda a seconda del tipo di terreno;
 concimazione d'impianto organica e minerale; 
regimazione delle acque mediante affossatura a cielo aperto o drenaggio sotterraneo; 
lavorazioni complementari per l'affinamento del terreno; 
squadratura e picchettamento;
 piantamento e prime cure delle piante.
 A queste operazioni generali se ne possono aggiungere delle altre come la correzione dell'acidità, della salinità, del calcare, ecc. 
Un terreno in cui è appena stato effettuato l'espianto di un vigneto non dovrebbe ricevere subito la medesima coltura, per il cosiddetto fenomeno della 'stanchezza' del terreno. Dovrebbe essere mantenuto a riposo e cioè coltivato con altre piante (graminacee o leguminose) per alcuni anni (meno se sabbioso).

 

I sistemi di allevamento più utilizzati nel bacino del Mediterraneo sono il tendone, nella sua forma classica o modificata tipo 'Puglia', e la pergolett realizzati secondo sesti di impianto variabili tra m 2,3 x 2,3 fino a m 3,0 x 3,0.

Riguardo alla potatura di produzione, le operazioni si distinguono in: potatura secca o invernale e potatura verde o estiva.
 Per quanto riguarda i terreno, questo può essere tenuto libero mediante periodiche lavorazioni, inerbito oppure inerbito nell'interfila e diserbo lungo il filare. L'inerbimento presenta diversi vantaggi quali: la facilità di accesso delle macchine, la riduzione dell'attività di erosione delle acque meteoriche, la mancata formazione della suola di lavorazione, le minori escursioni termiche. 
Nelle regioni meridionali l'irrigazione rende possibile una ricca viticoltura per uva da mensa e consente un notevole miglioramento dell'uva da vino (minor grado alcolico ma superiore finezza del vino.
 Per ottenere produzioni anticipate di uva da tavola si ricorre spesso alla copertura del vigneto o con tunnel o serre in film di PVC. Si può eseguire anche un ritardo della raccolta grazie a tecniche di protezione dalla pioggia mediante l’installazione di film di polietilene sopra i pali di sostegno da effettuarsi nel periodo di Agosto. Altra operazione eseguibile sono i trattamenti ormonali da effettuarsi soprattutto nelle cultivar apirene per aumentare la grossezza degli acini tramite prodotti a base di giberelline dopo l’allegagione.

 

Questa operazione si articola in due fasi principali: raccolta e distacco del grappolo dalla pianta e confezionamento del prodotto. Tra le due fasi a volte si rende neessaria una terza fase di pulizia del grappolo. L’impiego della macchina prevede l’utilizzo di operai raccoglitori che procedono lungom il filare  nel senso di avanzamento della macchina. Effettuata la cernita a occhio raccolgono il prodotto e lo ripongono sul nastro trasportatore. Il prodotto raggiunge altri operatori posti sulla macchina che prelevano il prodotto  e lo ripongono nelle cassette.

 

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