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La pesca è sicuramente un simbolo dell’estate. Arriva sulle nostre tavole nel periodo che va da maggio a settembre e, grazie all’alto contenuto d’acqua, alla succosità, al gusto delicato, viene particolarmente apprezzata per le sue proprietà dissetanti.
Ai fini dietetici da non sottovalutare il basso valore energetico, solo 28 calorie per ogni etto, che la permette di essere inserita in qualunque regime nutrizionale. Inoltre va ricordato che una sola pesca contiene il 10% di vitamina C rispetto al fabbisogno giornaliero del nostro organismo, e oltre alle vitamine A, B1, B2, PP, possiede proprietà nutritive ed energetiche. Svolge un’importante azione diuretica, e contribuisce a regolare le funzioni intestinali stimolando la secrezione dei succhi gastrici mentre è particolarmente indicata per chi soffre di disturbi gastrici e gottosi. Nella cosmesi, si utilizzano la polpa per la preparazione di creme, maschere rinfrescanti per il viso, oli da bagno e saponi. Il succo per lozioni che attenuano le macchie cutanee. In generale la pesca ha sulla pelle un’azione idratante ed addolcente, con un leggero effetto esfoliante.?Il pesco è probabilmente originario della Cina (secondo alcuni del Medio Oriente – Persia), dove lo si può ancora rinvenire allo stato selvatico. L’introduzione del pesco in Europa viene da alcuni attribuita ad Alessandro Magno a seguito delle sue spedizioni contro i Persiani , secondo altri i Greci lo avrebbero introdotto dall’Egitto.
I primi pescheti specializzati in Italia risalgono alla fine dell’800 e sono stati realizzati in provincia di Ravenna.
Il genere Persica comprende varie specie, tra cui diverse ornamentali. Tra quelle coltivate ricordiamo:
- Persica vulgaris Mill. (= Prunus persica (L.) Batsch.): produce frutti con buccia tomentosa; da consumo fresco o da industria;
- Persica laevis DC (= Prunus persica var. necturina Maxim., Prunus persica var. laevis Gray): pesco noce o nettarina, che produce frutti glabri da consumo fresco.
La pesca è uno dei frutti per eccellenza dell’estate, proprio per il gusto, la succosità, e soprattutto la capacità dissetante legata alla grande percentuale di acqua in essa contenuta (85%) e alla presenza di acido citrico. Ai fini dietetici da non sottovalutare il basso valore energetico, solo 28 calorie per ogni etto, che la permette di essere inserita in qualunque regime nutrizionale. Inoltre va ricordato che una sola pesca contiene il 10% di vitamina C rispetto al fabbisogno giornaliero del nostro organismo, e oltre alle vitamine A, B1, B2, PP, possiede proprietà nutritive ed energetiche. Svolge un’importante azione diuretica, e contribuisce a regolare le funzioni intestinali stimolando la secrezione dei succhi gastrici mentre è particolarmente indicata per chi soffre di disturbi gastrici e gottosi. Le foglie, i fiori e la mandorla del nocciolo contengono una sostanza chimica che libera acido cianidrico, pertanto non vanno mangiati. Nella cosmesi, si utilizzano la polpa per la preparazione di creme, maschere rinfrescanti per il viso, oli da bagno e saponi. Il succo per lozioni che attenuano le macchie cutanee. In generale la pesca ha sulla pelle un’azione idratante ed addolcente, con un leggero effetto esfoliante. Nel caso in cui acquistate una pesca non ancora matura potete ottenere una buona maturazione anche in casa mettendo la stessa pesca in un sacchetto di carta marrone di quelli distribuiti normalmente nei mercati, per 2 o 3 giorni a temperatura ambiente. Al termine di questo periodo saranno pronte per essere mangiate in quanto morbide e profumate. E’ importante l’uso del sacchetto di carta marrone in quanto nella fase di maturazione è prodotto l’etilene, un gas naturale che stimola la maturazione. Inoltre il sacchetto trattiene l’umidità prodotta durante la fase di maturazione per prevenire l’avvizzimento, permettendo alla frutta di respirare. Le pesche una volta mature vanno mangiate subito e per poterle gustare al meglio toglietele dal frigorifero almeno un’ora prima.
Composizione e valore energetico della pesca (100 g. di prodotto) |
|
Parte commestibile |
91% |
Proteine totali |
0,80 g |
Acqua |
90,7 g |
Lipidi |
0,1 g |
Zuccheri |
6,1 g |
Fibra |
2,1 g |
Energia |
27 Kcal |
Sodio |
3 mg |
Potassio |
260 mg |
Ferro |
0,4 mg |
Vitamina A |
- |
Vitamina C |
4 mg |
Le cultivar di pesco, in relazione alla specie di appartenenza ed al tripodi prodotto fornito, vengono distinte in:
- cultivar da consumo fresco
polpa gialla
polpa bianca
- nettarine
polpa gialla
polpa bianca
E’ un’albero di modestie dimensioni, alto fino a circa 8m con apparato radicale molto superficiale e corteccia bruno cenerina.
I rami per lo più si presentano eretti ed asumono un caratteristico colore rossastro nella stagione invernale.
Distinguiamo:
· Rami a legno, assai vigorosi, vi si annoverano prevalentemente i cosiddetti secchioni, di solito originatisi da gemme latenti su branche di due o più anni in seguito a drastiche potature.
· Rami a frutto, con prevalenza di gemme a fiore. Si annoverano il ramo misto (mediamente vigoroso con gemme a legno ed a fiore), il brindello (debole, con prevalenza di gemme a fiore ed una gemma terminale a legno) ed il mazzetto di maggio (molto corto con internodi ravvicinati e gemme a fiore raggruppate a mazzetto con una gemma apicale a legno).
· Rami anticipati, originati da gemme pronte che possono essere a frutto o a legno.
Le gemme sono situate all’ascella delle foglie, isolate o raggruppate in genere a due o tre per nodo. Generalmente la gemma centrale è a legno e le due laterali a fiore.
Le parti che costituiscono il fiore sono le seguenti:
· Il calice, gamosepalo, di colore porporino. Il margine superiore presenta cinque emergenze corrispondenti ad altrettanti sepali fusi. Esso è inserito sotto l’ovario e si distacca (scamiciatura) dopo l’avvenuta allegazione. Nelle cultivar a polpa gialla il colore interno del calice è giallo-aranciato intenso, mentre in quelle a polpa bianca è giallo-verdastro.
· L’androceo, è composto di 20-30 stami terminati ciascuno con un’antera di colore rossastro. Gli stami sono inseriti subito al di sotto dell’ovario. Le antere producono ciascuna 1000-2000 granuli di polline.
· Il gineceo, costituito dal pistillo, è ordinariamente unico. Esso contiene due ovuli di cui generalmente solo uno arriva a formare il seme.
La fioritura, che generalmente avviene nella seconda metà di marzo nell’Italia settentrionale e nella prima metà di Marzo nell’Italia meridionale, precede la fogliazione, ed è scalare nelle varie cultivar. Anticipa notevolmente nelle cultivar a scarso fabbisogno in freddo.
Le foglie, di forma lanceolata e di colore verde più intenso nella pagina superiore, hanno il lembo che può presentarsi liscio, ondulato o increspato lungo la nervatura principale. Il margine può essere crenato o seghettato con angoli basali e apicali più o meno ampi. Il picciolo è caratterizzato dalla presenza delle glandole, formazioni costituite da tessuti secretori che possono avere forma reniforme o globosa. L’assenza di tali formazioni è correlata ad una forte sensibilità all’oidio, che rende sconsigliabile la coltivazione di tali cultivar. Queste glandole hanno molto importanza dal punto di vista tassonomico. Le cultivar sono tutte autocompatibili e anche se in natura esiste l’androsterilità (mancata produzione di polline), questo carattere viene eliminato con la selezione nei programmi di miglioramento genetico. L’impollinazione è favorita dalle api, ma si calcola che in condizioni normali più dell’80% dei frutti derivi da autofecondazione.
Gli ovuli, generalmente due, non giungono tutti a maturazione, ma solo uno di essi viene fecondato e giunge a maturità. Il nocciolo di pesco contiene perciò un solo seme (o mandorla) solcato profondamente, che è di sapore amaro per l’elevato contenuto di amigdalina. I frutti sono drupe carnose, tondeggianti, solcate longitudinalmente da un lato, coperte da una buccia tormentosa (pesche propriamente dette) o glabre (pesche-noci o nettarine) di vario colore. La polpa è succulenta, di sapore zuccherino più o meno acidulo, di colore bianco, giallo o verdastro. La pesca ha una tipica consistenza polposa e succosa che è dovuta all’elevato contenuto in acqua ed alla presenza di pectina.
La maturazione avviene tra la prima e la seconda decade di Maggio nelle zone meridionali, fino alla fine di settembre per le cultivar più tardive.In Europa l’Italia è il principale produttore seguito da Francia, Spagna e Grecia. Nel mondo viene subito dopo USA e Cina, che è il più grosso produttore mondiale. Nell&rquo;ambito italiano esistono due grandi poli regionali: da una parte la produzione del Nord, accentrata in Emilia Romagna, con quasi il 40% e dall’altra il Sud, soprattutto in Campania e Basilicata con circa il 25%. La restante produzione è fornita da Piemonte, Veneto, Toscana e Lazio. Geograficamente la zone di produzione più estese sono a Nord tra il 44° e il 46° parallelo ed al Sud tra il 40° e il 42°, con l’eccezione di qualche area di coltivazione fino al 37° in Sicilia.
La diffusione preminente del pesco in due poli caratterizzati da un clima che a Nord è subcontinentale ed a Sud tipicamente mediterraneo, ha portato a dover fare precise scelte varietali. Infatti determinanti sono non tanto le temperature massime estive che poco si differenziano, quanto quelle invernali e primaverili. Quindi al Nord potranno essere coltivate tutte le varietà di pesco tranne le più precoci che risultano sfavorite dal prolungarsi della stagione invernale e di primavere poco idonee allo sviluppo precoce dei frutti (piogge spesso abbondanti e ritorni di freddo).
Molti problemi si sono dovuti superare per la “meridionalizzazione” della coltura, sia per quanto riguarda le strutture e la professionalità, sia per problemi di ordine fisiologico (fabbisogno di freddo).
Infatti le varietà diffuse allora avevano un elevato fabbisogno in freddo e portate al Sud presentavano scarsa allegazione e bassa produzione. Grazie all’introduzione di nuove varietà a scarso fabbisogno in freddo anche questo problema è stato superato.· Per Seme
Al seme si ricorre soltanto per la costituzione di nuove cultivar e per ottenere sogetti da innestare. I semi di pesco sono soggetti a quiescenza che può essere interrotta con la conservazione in ambiente umido per 10-12 settimane a 2-4 C° (stratificazione). Le cultivar precocissime e molte delle precoci maturano i propri frutti prima che il seme abbia completato il proprio sviluppo, per cui per ottenere la germinazione devono essere fatte cure e trattamenti particolari, ricorrendo all’embricoltura cioè allevamento “in vitro” in condizioni asettiche. A questa tecnica si ricorre solo per il miglioramento genetico.
· Per via vegetativa
Si possono attuare 2 sistemi di propagazione agamica:
1. Per radicazione diretta
2. Per innesto
Moltiplicazione per radicazione diretta (autoradicazione)
Può essere eseguita per talee di ramo (erbacee, semilegnose, legnosa), tramite coltura in vitro (micropropagazione), per propaggine di trincea e margotta di ceppaia. Gli ultimi due metodi trovano impiego solo su alcuni portainnesti di specie diversa dal pesco. Nel caso della moltiplicazione per talea è indispensabile il riscaldamento basale. Sulle talee si eseguono trattamenti con fitoregolatori del gruppo delle auxine (IBA)a dosi da 500 a 4000 mg/l. Con il riscaldamento basale le talee vengono poste in un letto caldo con un substrato mantenuto alla giusta umidità e costituito da materiale inerte permeabile (perlite, vermiculite, sabbia, torba o miscele tra questi). Una resistenza elettrica o dei tubi nei quali circola acqua calda in modo che la temperatura sia sui 15-20 C° in corrispondenza della zona basale favorisce l’emissione di iniziali radicali. E’ importante che il substrato sia coibente in modo da impedire dispersioni di calore verso la parte distale della talea, fatto che può provocare chiusura delle gemme e l’insuccesso della produzione. Per evitare questo fenomeno la parte superiore delle talee viene tenuta in ambiente freddo. L’epoca in cui viene eseguita questa operazione dipende dalla cultivar, ma i migliori risultati si ottengono tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno. Con la tecnica dell’impiego di sacchetti di polietilene le talee, dopo un trattamento con IBA vengono messe in un sacchetto di plastica dotato di substrato. Il terzo metodo usato per la radicazione delle talee è la nebulizzazione. Vengono utilizzati dei germogli dotati di foglie, posti su bancali contenenti un sostrato fertile; acqua nebulizzata sulle foglie ad intervalli tali da mantenere un velo d’acqua che impedisca la disidratazione a abbassi la temperatura delle foglie. L’intervallo tra due erogazioni viene controllata con sistemi automatici. Dopo la radicazione le talee vengono poste in vasetti e messe per 2-4 settimane in serra di ambientamento prima di essere messe in campo. Un’altra tecnica di moltiplicazione è la coltura in vitro, usata soprattutto per alcuni portainnesti come il GF 677.
Per innesto
Sulla scelta dell’opportuna distanza di piantagione sono determinanti:
· La forma dell&rsuo;albero
· Il tipo di potatura
· Il portinnesto
Chiaramente si tratta di fattori complementari . In questi anni si è assistito a progressive modificazionidalle forme espanse in volume si è passati a quelle appiattite; dai “vasi” alle “forme libere”, dalle “palmette” ai “fusetti” con il conseguente aumento di densità; senza contare l’avvento della potatura a “tutta cima”. Tutti questi cambiamenti hanno in comune la ricerca d una sempre più precoce entrata in produzione dell’impianto, per massimizzazione del reddito ed un rapido ammortamento dei capitali.
Considerando l’effetto dell’ambiente, rimane difficile trovare un modello d’impianto ottimale per ogni condizione. Un’impianto è considerato di bassa densità se lo spazio a disposizione di ciascun albero è superiore a quello occupato dalla chioma e dall’apparato radicale; di media densità se almeno lungo il filare si crea una continuità fra le chiome; di alta densità se lo spazio assegnato all’albetro diventa inferiore allo spazio occupato dalla chioma. L’effetto delle diverse densità è che nel primo caso gli alberi sono separati o si toccano appena, nel secondo le chiome si intersecano, mentre nel terzo non solo si intersecano ma si condizionano a vicenda. In particolare negli ultimi impianti ad alta densità, a causa della diversa ricezione della luce, gli alberi tendono a crescere meno in volume e ad allungarsi, avendosi lo spostamento della fascia produttiva verso l’alto.
Teoricamente le distanze dovrebbero rispondere alle esigenze del potenziale sviluppo dell’albero, che determina anche la forma di allevamento più consono. Per fare questo ci possono aiutare alcuni parametri, per esempio l’altezza della chioma. Infatti la distanza tra i filari dovrebbe essere superiore di almeno 1m della altezza della chioma se la parete è contigua. Infine, per quanto riguarda il sesto di piantagione sembra che la disposizione più efficace sia quella in quadro, ma per il pesco possiamo attuare anche quella rettangolare o a settonce.Il pesco è considerata tra le specie da frutto più esigente in fatto di terreno.Quindi per ottenere buoni risultati tecnici ed economici è necessario utilizzare dei terreni cheabbiano buone caratteristiche fisiche. E’ richiesto un terreno tendenzialmente sciolto, fresco e ben drenato (il pesco teme infatti i ristagni idrici che possono provocare asfissia radicale). Si hanno allora fenomeni di fermentazioni nelle radici, con produzione di sostanze tossiche. Altra caratteristica del tipico terreno da pesco è la presenza di calcare in quantità limitata (meno del 7-8% di calcare attivo). Volendo indicare un dato di riferimento, un buon terreno per pescheto non dovrebbe superare il 20% di argilla ed un valore indicativo per la permeabilità è una velocità di infiltrazione superiore ai 40 mm/ora. Per la sostanza organica dovrebbero essere in media tra il 2,2 ed il 2,6 % in peso del terreno. Quando non è possibile utilizzare un terreno con caratteristiche ottimali si può ricorrere a portainnesti diversi dal franco, che permettano un buon adattamento. Una volta scelto il terreno su cui attuare la coltura, le lavorazioni straordinarie per la preparazione del terreno assumono una grande importanza per ottenere le condizioni agronomiche ottimali.
Uno schema orientativo per le lavorazioni ordinarie nel pesco è il seguente:
1. Lavorazioni aventi lo scopo di favorire la conservazione delle acque meteoriche e di interrare i fertilizzanti. Se effettuate a fine estate o inizio autunno (prima delle piogge) questa lavorazione avrà una profondità di 15-20 cm.
2. Lavorazioni attuate per eliminare malerbe. Variano in numero ed epoca di esecuzione a seconda dell’andamento stagionale. Solitamente vengono effettuate ad una profondità di 10-15 cm. In terreno sciolto, con poca materia organica, ed in assenza di gramigna converrà effettuare l’interramento dell’erba con effetto di sovescio naturale.
Esiste anche la possibilità di effettuare tecniche alternative alle lavorazioni. Una tra queste è il diserbo chimico che però presenta qualche problema. In particolare si sono registrati danni indiretti alle piante attraverso la tossicità per accumulo dei diserbanti nel terreno, con conseguente diminuzione delle rese. In ogni caso una razionale applicazione del diserbo chimico richiede la presenza di una buona capacità del terreno, e una buona dotazione di materia organica. Altra tecnica è la pacciamatura che trova un’applicazione sicura nelle zone adatte alla produzione di coltivazioni precocissime e nel caso della produzione di pesche sotto copertura mediante forzatura. La pacciamatura permette inoltre lo sviluppo abbondante del sistema radicale nella zona superficiale del terreno. Le radici quindi non sono costrette a svilupparsi molto in profondità, dove potrebbero essere ostacolate da quelle condizioni che limitano l’estensione del franco di coltivazione. Per ultimo ricordiamo l’inerbimento, alternativa alle lavorazioni, trova impiego solo in alcune zone peschicole, abbinata al diserbo chimico o alla pacciamatura lungo il filare. Sono interessate soprattutto le zone settentrionali di coltura. Nelle zone a clima mediterraneo sono stati registrati insuccessi nell’applicazione dell’inerbimento. Si sono verificati casi di scarsa vigoria e vegetazione delle piante, produttività ridotta con pezzatura inadeguata, nonostante il minor numero di frutti lasciati sulle piante con il diradamento. I motivi di tale fenomeno sono legati ala competizione idrica e nutrizionale attuata dalle piante che costituiscono il cotico erboso nei confronti del frutteto. Vanno previste quindi una irrigazione e concimazione adeguata alle maggiori esigenze del frutteto inerbito.Negli ultimi dieci anni le tecniche di potatura, di allevamento e di impianto del pesco hanno subito profonde innovazioni. Queste sono dovute soprattutto alle nuove esigenze economiche in cui si soo trovati ad operare i peschicoltori. Essendo, ad esempio, la mano d’opera una delle voci più elevate tra i costi della produzione si cerca di attuare una riduzione degli interventi cesori favorendo il libero accrescimento della pianta, ottenendo anche un anticipo della messa a frutto. Si cerca inoltre di impiegare sostanze chimiche per il diradamento dei frutticini e di meccanizzare il più possibile le varie operazioni colturali.
Forme di allevamento
Ultimamente la classificazione più adottata ai fini pratici è quella riferita ai metodi di raccolta e all’investimento per ettaro.
1. Forme per impianti di tipo tradizionale
· Idonee per la raccolta manuale o integrata
· Idonee per la raccolta meccanica
2. forme adottate per impianti ad elevata densità di piantagione
Vengono qui classificate le forme più comunemente adottate soprattutto per le cultivar da consumo fresco dove è ancora necessaria la raccolta manuale o l’uso di particolari mezzi meccanici.
Vaso: Quello più classico, tipico della vecchia peschicoltura, comporta ampie distanze (6x5 – 6x6 m) con piante innestate su franco, poste in terreni fertili, che richiedono tagli energetici con una lunga fase di allevamento e quindi una tardiva entrata in produzione. Dopo essere stato abbandonato in favore della palmetta è di nuovo utilizzato in forma più adatta alla moderna frutticoltura: il vasetto ritardato ed il vaso veronese.
Vasetto ritardato: è la forma in volume alternativa a quella in parete che viene sempre più adottata nelle aziende di ampie dimensioni o in quelle ridotte per giustificare l’acquisto di un carro raccolta.
Si ottiene preferibilmente mettendo a dimora astoni di un anno, anche se non molto sviluppati in altezza, possibilmente provvisti di rami anticipati ben significati; prima della ripresa vegetativa si pulisce il tronco fino a 50 cm da terra, si eliminano i rami troppo vigorosi alleggerendo la cima. L’uso di un filo fin dall’impianto al quale fissare le piante, eventualmente con l’ausilio di una canna, favorisce il mantenimento in posizione verticale, l’assestamento delle radici ed una migliore ripresa. Nel corso del primo anno non occorre alcun intervento salvo qualche ritocco sui germogli troppo vigorosi, specie se nella parte alta; al termine della prima vegetazione la si elimina nei primi 50 cm e si diradano i rami presenti sulla cima dell’astone. Nel corso del secondo anno la pianta si sviluppa, oltre che in altezza, maggiormente in larghezza per l’ombreggiamento provocato sulle branche dall’astone mentre il prolungamento delle branchesi attenua per la crescita di vigorosi rami laterali, così che la pianta assume naturalmente una forma globosa ed è pronta per un’abbondante produzione. Al termine della seconda vegetazione si deve intervenire poco, proprio per favorire un’elevata fruttificazione, alleggerendo l’astone con l’eliminazione dei rami più vigorosi e predisponendo a sostenere la forte produzione del terzo anno al termine del quale il suo ruolo sarà esaurito. Dopo la raccolta del terzo anno, in presenza di vigore eccessivo, o al termine della vegetazione, si procede alla completa eliminazione dell’astone in modo da ottenere una forma di vaso con 4-5 branche; queste verranno deviate sopra una sottobranca alleggerendola nella cima senza eseguire tagli di ritorno per non provocare emissioni di succhioni. Nel corso della quarta vegetazione la pianta è in piena produzione; con la potatura si eseguono tagli di ritorno delle branche in luglio o dopo la raccolta per favorire la lignificazione ed una migliore illuminazione; il taglio di ritorno, che può essere fatto anche anche alla fine della vegetazione, va eseguito sul legno di almeno due anni, sopra numerosi rami, meglio se non molto vigorosi. L’altezza definitiva così raggiunta deve esse5re tale da consentire l’esecuzione di tutte le operazione di tutte le operazioni manuali da terra. La forma a vaso ritardato, come altre forme contenute in altezza, è più esposta a danni da freddo, siano gelate invernali o brinate tardive.
Vaso veronese: è costituito da 3 branche primarie inserite su tronco alto da terra 40-50 cm, inclinate di 45-55°. Lungo le branche primarie sono allevate 6-8 branchette di dimensioni decrescenti dalla base verso l’apice. Le tre branche non devono mai essere cimate sul prolungamnento dell’anno. La massima altezza della pianta è di 2,50-2,70 m; ciò permette l’esecuzione di tutte le operazioni manuali da terra. Mediamente tagli di ritorno eseguiti fra fine agosto e metà settembre si controlla l’altezza delle branche e si esegue un anticipo della potatura invernale. La potatura verde si esegue all’epoca del diradamento dei frutticini ed in prossimità della raccolta, anche per favorire la colorazione dei frutti. Esistono varianti al tipo di vaso sopra descritto che prevedono 4 branche (doppia y), angolature diverse delle branche, ecc.
Palmetta: ha costituito il passaggio dalla forma in volume ad una forma in parete con il vantaggio di poter utilizzare piattaforme per l’esecuzione delle operazioni manuali di potatura, diradamento e raccolta facilitando al contempo l’impiego delle macchine per i trattamenti, i diserbi e la lavorazione del terreno. Dall’iniziale palmetta regolare ottenuta attraverso continui tagli dell’astone per ottenere le impalcature, si è passati alla più razionale “palmetta regolare” con potatura a tutta cima, dove le branche dell’impalcatura si ottengono da rami anticipati. La forma a palmetta trova la sua convenienza nei confronti del vaso quando è possibile l’utilizzo del carro raccolta.durante la prima vegetazione, occorre intervenire per favorire lo sviluppo dei germogli che dovranno costituire lo scheletro, eliminando o spuntando i diretti concorrenti, mentre la potatura invernale servirà a completare quella estiva limitando i tagli ai rami eccessivamente vigorosi ed alleggerendo le cime delle branche primarie o del tronco. Fin dal primo anno si opera la scelta delle brachette secondarie sulle branche della prima impalcatura eliminando i rami anticipati della cima per 20-30 cm diradando gli altri, eliminando quelli in posizione dorsale e ventrale. Per ottenere piante equilibrate è fondamentale dare giusta inclinazione alle branche ed alle sottobranche: le branche della prima impalcatura debbono avere un angolo di inserzione sul tronco superiore a 45°, mentre quelle della seconda e della terza impalcatura, a volte poco vigorose, è opportuno lasciarle in posizione naturale fino al raggiungimento della giusta dimensione. Durante la seconda vegetazione si eseguono due o tre interventi di potatura verde per alleggerire le cime delle branche della prima impalcatura scegliendo le brachette secondarie, individuando le branche della seconda e della terza impalcatura con piegatura e torsione dei germogli troppo vigorosi o mal inseriti. In presenza di frutti si dovranno eliminare quelli verso la cime delle branche lasciando molto carichi i rami troppo vigorosi. Alla fine del secondo anno la potatura segue gli stessi criteri visti per favorire la formazione dello scheletro, iniziando contemporaneamente una potatura di produzione sui rami misti che andranno ridotti nel numero e nelle dimensioni. Allo stesso modo si procede nella terza vegetazione scaricando le cime, eliminando o torcendo alla base i rami troppo vigorosi con almeno due passaggi di potatura verde. Nel corso delle successive vegetazioni gli interventi in verde si riducono a uno o due all’anno, mentre alla fine della vegetazione o prima della ripresa, si opererà solo con la potatura di produzione che consisterà in tagli di ritorno, sempre su legno di due o tre anni sopra un ramo non troppo vigoroso, diradamento dei rami misti ed eliminazione di quelli obsoleti. La potatura si inizia dalla cima di una branca scendendo verso la base individuando il, prolungamento della branca stessa, eliminando i rami troppo vigorosi e troppo deboli o male inseriti. L’intensità della potatura varia a seconda della quantità delle gemme a fiore presenti, degli eventuali danni da freddo o insufficiente quantità di ore di freddo. Evoluzioni della palmetta a due oad una impalcatura, seguono gli stessi criteri visti sopra, con una riduzione delle distanze.
Fusetto: Questa forma di allevamento permette un’alta densità d’impianto ed in particolare i sesti consigliati variano dai 4,5x2 ai 5x2,5 in relazione a diversi fattori come fertilità del terreno, irrigazione, portainnesti,ingombro delle macchine, ecc.
L’intensificazione degli impianti e la riduzione delle distanze ha fatto introdurre questa forma di allevamento anche nel pesco. E’ possibile ottenere il fusetto anche da astoni lasciati interi purchè questi siano ben maturi e vigorosi, meglio se provvisti di rami; in questo caso è preferibile sostenere l’impianto con pali ed un filo nei primi due anni. Gli interventi di potatura verde e di potatura invernale vanno fatti con gli stessi criteri visti per altre forme,mantenendo stretta la parte alta della pianta, formando un primo giro di 4-5 branche basali mantenute lunghe 100-120 cm con una inclinazione superiore ai 55.60 ° sulle quali si fanno sviluppare diverse sottobranche a seconda della lunghezza delle branche. Per dare luce alle piante evitando che si spoglino al loro interno o che la vegetazione si sposti troppo in alto occorre, a volte, intervenire presto nel corso ed al termine del primo anno e nel secondo, in modo energico con almeno una anche rapida potatura estiva ed una forte potatura entro settembre che verrà rifinita prima della fioritura. Con il fusetto la distanza si riduce a 4-4,5 m tra le file e 1,5-2 m sulla fila. In alcuni casi, specie con piante non molto vigorose, è praticabile il fusetto senza branche permanenti lungo l’asse principale rivestendo questo in ogni sua parte di corte ramificazioni, rami misti, brindelli e mazzetti di maggio. Ciò può consentire un’ulteriore intensificazione sulla fila ed un maggior controllo delle operazioni da terra.
Ipsilon trasversale: da alcuni anni si sta nuovamente diffondendo, specie nel meridione d’Italia e nel Veronese, per realizzare più alte densità d’impianto. Il sistema si presta molto bene anche per la forzatura con tunnel di plastica. Anche questa forma va nella direzione di pescheti più curati fin dall’inizio, al contrario delle forme libere, viste le condizioni meno naturali per le piante ed i maggiori investimenti iniziali. Presenta due pareti inclinate e convergenti alla base, formate da due branche per pianta con un’inclinazione prossima ai 45° a volte anche inferiore o molto superiore (60-70° nel veronese). Le distanze adottate sono comprese fra i 4-5 m tra le file e i 1,5-2 m fra le piante sulla fila. Si ottiene da astoni cimati a 40-60 cm o da piante a gemma dormiente o innestate sul posto, favorendo lo sviluppo di un germoglio cimato al verde per dare origine a due germogli anticipati che verranno lasciati inizialmente liberi di sviluppare per poi intervenire in estate od a settembre divaricando gradualmente con l’aiuto di due robuste canne sostenute da una struttura permanente costituita da pali ed un filo. Quest’ultimo deve essere posto ad un’altezza di almeno 2m così che non intralci il passaggio degli operatori. Durante la prima vegetazione, sono necessari alcuni interventi, peraltro rapidi, di potatura verde per tenere leggere le cime delle due branche, eliminare o mortificare i germogli troppo vigorosi che si sviluppano in posizione non troppo favorevole inducendo lo sviluppo di brachette fruttifere laterali ben esposte alla luce. Allo stesso modo si procede durante le successive vegetazioni, rifinendo alla fine del riposo, come visto nelle altre forme.
Sistema di allevamento |
Terreno fertile irriguo |
Terreno irriguo poco fertile |
Terreno fertile non irriguo |
Terreno sciolto non irriguo |
Vaso |
6,0x6,0 |
5,5x5,0 |
5,0x5,0 |
5,0x4,0 |
Vasetto ritardato |
5,5x4,0 |
5,0x3,5 |
5,0x3,0 |
4,5x2,5 |
Palmetta irregolare |
5,5x5,0 |
5,0x4,5 |
5,0x4,0 |
4,5x3,5 |
Palmetta a 1 impalc. |
5,0x4,0 |
4,5x3,0 |
4,5x3,0 |
4,0x3,0 |
Fusetto |
5,0x3,0 |
5,0x2,5 |
4,5x2,0 |
4,5x1,5 |
Ipsilon trasversale |
5,0x2,0 |
4,5x2,0 |
4,5x1,5 |
4,5x1,5 |