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Il pesco è in crisi, quali varietà coltivare?

Intervista a Stefano Foschi del Crpv: tra crisi del settore e varietà su cui puntare

Il pesco è in crisi, quali varietà coltivare? - Plantgest news sulle varietà di piante

La Romagna è in crisi e coltivare varietà medio-tardive potrebbe aiutare

Fonte immagine: © yevgeniy11 - Fotolia

In base ai più recenti dati Faostat dal 2010 al 2014 l'incremento produttivo mondiale di pesche e nettarine è stato del 13% circa: dalle 20.500.034 tonnellate si è passati alle 22.795.854 tonnellate. La fame di questo frutto simbolo dell'estate continua. 
Però il trend in Italia è negativo, in controtendenza quindi con quanto sta avvenendo nel resto del mondo. L'Italia con oltre 1,5 milioni di tonnellate è il primo produttore mondiale, se si esclude la Cina. Seguono la Spagna con 1,3 milioni, gli Usa con 1 milione circa, la Grecia con 759 mila e la Turchia con 581 mila tonnellate. 
Per un quadro più aggiornato possiamo guardare i dati di Eurostat: nel 2015 il secondo produttore mondiale è stata la Spagna con 1,57 milioni di tonnellate. Il Paese iberico infatti ha superato l'Italia che si è fermata a 1,38 milioni di tonnellate. Anche nel 2016 la situazione non è cambiata con la Spagna che ha toccato 1,6 milioni di tonnellate e l'Italia che è rimasta a 1,4 milioni di tonnellate.

 

In Italia superfici in calo

L'Italia vive quindi uno stato di crisi generale, sia produttiva che di consumi. I dati Istat del 2011 certificano 35.316 ettari coltivati: -65% rispetto al 2000 quando gli ettari erano 101.151. E la situazione non è di certo cambiata negli anni successivi. Un trend in netta controtendenza se confrontato con la Spagna, nostro principale competitor. Analizzando nel dettaglio i dati si evidenzia che questo rallentamento è più evidente nelle regioni del Nord Italia. "Mentre al Sud Italia il sistema in qualche modo tiene - spiega Stefano Foschi, ricercatore del Crpv - il Nord Italia è in sofferenza, portando così ad una meridionalizzazione della peschicoltura. Le cause di questa crisi sono molteplici. In primis congiunturali e strutturali. Poi dobbiamo guardare alle mutevoli esigenze del mercato ed agli alti costi di produzione. Infine i nostri principali competitor hanno puntato molto sull’innovazione varietale, facendone un valore aggiunto". La produzione è ad oggi concentrata in Campania (400 mila tonnellate), Emilia-Romagna (300 mila), Piemonte (134 mila) Sicilia (123 mila) e Puglia (85 mila).
 
Big Top*, la nettarina a polpa gialla principe del mercato
(Fonte foto:  © AgroNotizie)
 

Innovare per cambiare

Tra tutti gli areali produttivi l'Emilia-Romagna è quella che vive una situazione di maggiori difficoltà. Come spesso avviene la sua produzione di frutta fresca rimane stritolata tra le produzioni precoci del Sud Italia o dei competitor mediterranei e le produzioni più tardive dei Paesi del centro-nord Europa. Senza dimenticare come le mutevoli ed imprevedibili condizioni climatiche mischino le carte in tavola, magari modificando le epoche di raccolta e concentrando l'offerta. Bisogna allora cambiare marcia. "Se questo storico areale produttivo vuole sopravvivere - continua Foschi - deve innescare un profondo processo di rinnovamento. A partire dalla scelta del periodo di offerta e della varietà da coltivare. Suggerisco di piantare varietà che si raccolgano a partire dal periodo medio-tardivo: da fine luglio in poi sarebbe il migliore. In questo modo avremo meno concorrenti ed il clima potrebbe esaltarne la qualità". 
 
La pesca a polpa gialla perde sempre di più appeal
(Fonte foto: © Bykeithpix - IStockPhoto)
 

Quali varietà scegliere?

Il problema è però segliere quale varietà tra tante possa soddisfare al meglio le esigenze del produttore. ""Per prima cosa - dice Foschi - il produttore deve scegliere tra pesco e nettarina. La nettarina è un prodotto più pratico da consumare per cui si lascia preferire alla pesca, che pare oggi in ambito commerciale un pò più limitata nell'offerta su ampia scala.
Per quanto riguarda il colore della polpa quello giallo è maggiormente conosciuto, mentre la polpa bianca è ad oggi meno diffusa ma più aromatica. Nel primo caso si va quindi su un prodotto più 'sicuro' mentre nel secondo si affronta un mercato più di nicchia ma sicuramente interessante per quanto riguarda i ritorni economici. La scelta è sicuramente personale e va tarata sull'obiettivo finale, che rimane sempre la soddisfazione del consumatore".


Stefano Foschi indica di seguito alcune delle varietà che sono risultate più interessanti, a seguito della ventennale attività di ricerca e sperimentazione fatta, al di la del discorso del periodo di raccolta. "Si parte con le nettarine gialle (il punto di riferimento è Big Top® Zaitabo* che in ambiente romagnolo si raccoglie all'incirca il 15 luglio): Romagna Big® Nerid 95702* (+10 da Big Top®), Gea®* (+10), Alma 2* (+20), Dulcis* (+30), Febe* (+40), Dulciva* (+45).
Per le pesche gialle: Pulchra* (-45 da Big Top®), Bordò* (-35), Sugar Time* (-20), Royal Summer® Zainus* (+10). Nel periodo più tardivo non vengono segnalate varietà sufficientemente affidabile dal punto di vosta agronomico (alta sensibilità a principali malattie)
Per il pesco bianco non ci sono attualmente grandi novità di interesse. Tra tutte possiamo segnalare, se ben prodotte e gestite per differenziare il prodotto, Nathana® ZAI655PB* (0 giorni da Big Top®) e Gladys® Zailati* (+45). 
Per le nettarine bianche si suggeriscono Romagna Red® Nerid 01348* (-5 da Big Top®), Magique® Maillarmagie* (+5), Romagna Star® Nerid 00408* (0), Romagna Top® Nerid 00397* (+15), Romagna Bright® Nerid 97517* (+20), Romagna Sweet® Nerid 01206* (+25), Romagna 3000® Nerid 88736* (+45)"
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Poche novità per il pesco a polpa bianca (Fonte foto: © AgroNotizie)
 

Valorizzare il prodotto

Per il futuro è anche necessario lavorare sulla valorizzazione e sulla comunicazione. "Il mercato deve sapere che esistono diverse tipologie di prodotti - conclude Foschi -, caratterizzate da proprietà organolettiche diverse: pesche e nettarine subacide e croccanti e quelle tradizionali e succose ad esempio. Solo così il consumatore potrà tornare al supermercato ed acquistare ciò che è di suo gradimento. C'è bisogno anche di ridurre la frammentazione del settore ed uniformare gli standar qualitativi. Bisogna fare fronte comune per non perdere tutto l'indotto. Pensiamoci bene: negli ultimi anni in Italia pur calando la produzione la congiuntura negativa è rimasta. E la Spagna ha continuato a piantare ed innalzare le proprie esportazioni. Il risultato però di questi espianti su suolo italiano ha portato ad avere meno forza sul versante commerciale. Credo che una peschicoltura basata su varietà agronomicamente e qualitativamente valide, con calibri e contenuti zuccherini minimi, possa essere ancora possibile. E' necessario però cambiare l'approccio. Attenzione il tempo rimasto è molto poco".

 

Export opportunità mancata

L'Italia negli ultimi anni fatica ad affermarsi come esportatore di pesche: 360 mila le tonnellate nel 2010 e 253 mila nel 2016. La Spagna di contro continua il suo trend positivo: 590 mila le tonnellate nel 2010 e 823 mila nel 2016. Il confronto è decisamente impari. I principali mercati di riferimento sono stati quelli dell'Europa centrale. Seguono quelli dell'Europa orientale, Regno Unito e Svezia. Il principale Paese è stato la Germania con oltre 90 mila tonnellate di materia prima acquistate, seguito da Danimarca e Austria.

Autore: Lorenzo Cricca
© Plantgest - riproduzione riservata

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