Kiwi, nuove frontiere per la salvaguardia della coltura

Questi i risultati emersi dal progetto di innovazione per la difesa della pianta del kiwi e per la valorizzazione dei suoi frutti, approvato dalla Regione del Veneto e realizzato in collaborazione con l'Università di Verona

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Il progetto è stato avviato nel 2015

Fonte immagine: © nata_vkusidey - Fotolia

Due brevetti per combattere il cancro batterico del kiwi causato da Pseudomonas syringae pv. actinidiae (Psa) e una scoperta importante sull'effetto del frutto sul cervello umano.

Questi i risultati del progetto di innovazione per la difesa della pianta del kiwi e per la valorizzazione dei suoi frutti, approvato dalla Regione del Veneto e realizzato in collaborazione con il dipartimento di Biotecnologie dell’Università di Verona presentati nella sala convegni di Veronamercato, a conclusione della ricerca scientifica iniziata nel 2015.

Il progetto, altamente innovativo, si è sviluppato su due azioni scientifiche: la prima, coordinata da Flavia Guzzo, docente e coordinatrice del laboratorio di Biologia vegetale e metabolomica, ha conseguito risultati che potranno portare a un incremento del consumo di kiwi e a un miglioramento della qualità della vita e dello stato di salute delle persone.

La seconda, condotta dal laboratorio di Fitopatologia coordinato da Annalisa Polverari, ha portato ai brevetti che potranno essere di aiuto ai produttori per disporre di metodi innovativi e di soluzioni operative valide nel controllo della Psa e questo, soprattutto, per diminuire l'impiego del rame e quindi per ridurre sia l'impatto ambientale sia il rischio di insorgenza e diffusione di isolati di Psa insensibili.
 

Benessere psicofisico

"Questo progetto si è inserito negli studi sperimentali sull'effetto della frutta – in particolare del kiwi verde – sull'umore di giovani volontari sani e differisce dagli studi precedenti per la dimensione del campione: 250 volontari sani che hanno assunto i frutti per 5 settimane", spiega la Guzzo.

"Inoltre, al fine di indagare le molecole e i meccanismi coinvolti, sono stati condotti studi su modelli preclinici validati e studiata la composizione del frutto. La ricerca sui volontari umani ha mostrato come il kiwi abbia un'azione attivante sulle emozioni, mentre con i modelli preclinici – sui quali è stata valutata la capacità del frutto di esercitare un'attività antidepressiva e di migliorare le performances cognitive – i dati suggeriscono che il kiwi, assunto nelle dosi e nei tempi previsti dalla sperimentazione, potrebbe esercitare una notevole attività antidepressiva anche nell'uomo. In base agli esperimenti condotti su volontari sani si consiglia pertanto il consumo di 2-3 kiwi al giorno".
 

Salvaguardia della coltura e dell’ambiente

"Il cancro batterico del kiwi è un grave problema per le coltivazioni; le soluzioni adottate, in particolare l’impiego di rame, alla lunga causano problemi di diverso tipo.
Per questo è stato importante individuare soluzioni innovative, esplorando le potenzialità delle sostanze naturali nel bloccare le infezioni batteriche
", spiega Annalisa Polverari.

"Il percorso seguito in questo progetto, pensato proprio a partire dalla ricerca di base per arrivare alle potenzialità di innovazione e applicazione delle scoperte, ha portato i suoi frutti anche in termini di brevetti: uno basato sull'impiego di estratti di tè verde, la matrice vegetale più ricca di epigallocatechine, che sono efficaci nel controllo di Psa in condizioni sperimentali, e l'altro basato su una lista di molecole naturali, in particolare metaboliti secondari vegetali di origine fenolica che, senza uccidere il batterio, riescono però a inibirne i meccanismi di aggressione, per ora in laboratorio. L'utilità di queste scoperte potrebbe non limitarsi al caso della Psa, anzi potrebbe rivelarsi comune anche nella difesa da altre batteriosi pericolose".
 

L’intervento della Regione del Veneto

"Il progetto è stato avviato nel 2015 e si conclude oggi, con risultati e ricadute positive sia sui consumatori, sia sui produttori", riferisce Veronica Bertoldo, Responsabile del settore ortofrutticolo della Regione del Veneto e responsabile del progetto.

"La Regione del Veneto ha dato molta importanza alla ricerca, basti pensare che dal 2013 a oggi sono stati investiti nel settore ortofrutticolo quasi 2,5 milioni di euro, perché vogliamo che progetti come questo servano da esempio per le nostre Organizzazioni di produttori (Op) sulle quali punta sempre più la normativa comunitaria".

Il 2018 rappresenterà un anno di svolta per l’ortofrutticoltura veneta: la strategia tecnico-politica regionale indirizzerà tutte le Op del territorio, nell'ambito dei loro programmi operativi, verso la ricerca e produzione sperimentale per innovare il comparto, verso la promozione e comunicazione per incrementare il valore di vendita delle produzioni e verso la salvaguardia e il potenziamento della risorsa 'ambiente' perché la sostenibilità ambientale è strategica per le aziende che vogliono crescere e competere sui mercati.

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