Pataticoltura bolognese, 200 anni e non sentirli

Introdotta nel territorio all'inizio dell'Ottocento, è diventata una risorsa per l'economia rurale della provincia: il punto nel convegno organizzato da Patfrut in collaborazione con Naturitalia

Pataticoltura bolognese, 200 anni e non sentirli - Plantgest news sulle varietà di piante

Da sinistra: Matteo Passini, vicedirettore Emil Banca; Dario Mantovani, sindaco di Molinella, Gabriele Ferri, direttore generale di Naturitalia; Roberto Cera, presidente cooperativa Patfrut; Arnaud Delacour, presidente Unpt; Fausto Bosca, direttore Unapa; Davide Pasini, direttore settore orticole cooperativa Patfrut

"Di fronte ai profondi mutamenti climatici che stanno interessando anche il nostro paese, è assolutamente indispensabile accelerare le opere di manutenzione e ristrutturazione del territorio, per troppo tempo trascurate". E' quanto ha affermato il ministro dell'Ambiente Gianluca Galletti intervenendo al convegno "La pataticoltua bolognese compie 200 anni. La competitività e la sostenibilità della filiera. Modelli organizzativi e strategie a sostegno del reddito degli agricoltori" organizzato a Molinella (Bo) dalla cooperativa ortofrutticola Patfrut in collaborazione con Naturitalia e con il contributo di Emil Banca.

Guidati da Roberto Cera, presidente di Patfrut, i lavori sono proseguiti con i saluti di Dario Mantovani, sindaco di Molinella, e Matteo Passini, vicedirettore di Emil Banca.

E' poi intervenuto Mario Pasquali, del Comitato eventi 200 anni, che ha proposto alla platea un excursus storico sulla diffusione della pataticoltura nel territorio bolognese, cominciata all'inizio dell'Ottocento. Dopo aver fornito un contributo fondamentale alla lotta alla fame, la coltivazione di questo tubero ha raggiunto nel corso degli anni un notevole sviluppo, diventando poi una risorsa importante per l'economia rurale della provincia.

Arnaud Delacour, presidente dell'Unione nazionale dei produttori di patata francesi (Unpt), ha invece fornito una fotografia dettagliata della pataticoltura d'oltralpe, che interessa una superficie di oltre 125mila ettari da cui si ottiene una produzione superiore ai 6 milioni di tonnellate (stime 2017).

Dallo scenario d'oltralpe a quello di casa nostra, il direttore dell'Unione nazionale produttori patate italiana (Unapa), Fausto Bosca, ha sottolineato che i produttori continuano a credere e ad investire nella patata nonostante a livello comunitario questo sia considerato un prodotto di serie B.

"La Pac, infatti, - ha affermato Bosca - ha previsto appositi strumenti di difesa del reddito dei produttori, da adottare nei momenti di squilibrio tra domanda e offerta, per tutte le produzioni tranne che per le patate. Una lacuna a cui hanno cercato di ovviare i singoli Stati membri intervenendo con risorse proprie che hanno permesso di siglare importanti accordi interprofessionali. Ma dal 2011 purtroppo anche questa strada è stata abbandonata in quanto l'Ue ha decretato che i paesi dell'Unione non potevano più destinare risorse a tale scopo".

In questa situazione, diventa naturale chiedersi se c'è ancora un futuro per la pataticoltura in Italia.
A tale proposito, Bosca ritiene che il nostro paese possieda interessanti peculiarità che inducono all'ottimismo. Innanzitutto, i consumatori tendono sempre di più a privilegiare l'origine del prodotto; in secondo luogo, grazie alla sua particolare conformazione ed alla diffusione della pataticoltura da Nord a Sud, l'Italia ha la prerogativa di poter garantire prodotto fresco per ben dieci mesi all'anno. Infine, per il consumatore italiano la produzione nazionale garantisce un elevato livello di sicurezza alimentare grazie alle norme più severe in vigore nel nostro paese rispetto a quelle applicate dagli altri Stati europei.

Le conclusioni del convegno sono state affidate a Gabriele Ferri, direttore generale di Naturitalia, che ha ricordato come la patata rappresenti il prodotto orticolo più consumato nel nostro paese.
"Tra le caratteristiche privilegiate dal nostro consumatore quando acquista patate - ha dichiarato Ferri - troviamo in testa alla classifica la freschezza e la qualità, seguite da provenienza italiana, bontà/gusto, certificazione e sicurezza alimentare, informazioni sull'etichetta, controlli di filiera".

Autore: G R

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