Colture protette e Cannabis sativa: illuminazione dinamica per ottimizzare il raccolto
All'Università di Bologna si stanno portando avanti esperimenti sulla produzione indoor di Cannabis sativa con l'idea di aumentare il più possibile la produzione di biomassa, diminuendo il consumo di energia elettrica. I primi risultati sono stati presentati a NovelFarm 2025

La Cannabis è considerata una coltura altamente energivora
Fonte immagine: Fabio Perotti di ResCUE A-B dell'Università di Bologna
La luce è un fattore fondamentale che permette alle piante di compiere la fotosintesi. In un sistema indoor la luce è fornita artificialmente ma non tutta è uguale. Le piante reagiscono diversamente a diverse lunghezze d'onda, non solo per quanto riguarda la loro fisiologia, produzione di biomassa e produzione di metaboliti secondari. Gli stimoli luminosi possono modificare anche le risposte morfologiche della pianta.
All'Università di Bologna si stanno portando avanti esperimenti sulla produzione indoor di Cannabis sativa con l'idea di aumentare il più possibile la produzione di biomassa, diminuendo il consumo di energia elettrica. La Cannabis sativa infatti, coltivata indoor con lampade artificiali, richiede un alto consumo di energia elettrica.
In particolare è il gruppo di ricerca ResCUE A-B, Centro di Ricerca sull'Ambiente Urbano per l'Agricoltura e la Biodiversità (Università di Bologna) a lavorare a questo progetto. Fabio Perotti, parte di ResCUE A-B, sta infatti conducendo esperimenti utilizzando un impianto sperimentale al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (Distal) dell'Università di Bologna.
I primi risultati del progetto della durata di tre anni, nell'ambito di un dottorato industriale finanziato dall'azienda Novaera che si occupa di produzione di Cannabis ad alto contenuto di THC all'estero, sono stati presentati all'edizione 2025 di NovelFarm, fiera delle nuove tecniche di coltivazione fuorisuolo e vertical farming.
Perotti sta lavorando sul concetto di "sistema di illuminazione dinamico", ovvero, come ci ha spiegato proprio durante un'intervista, su "un sistema di illuminazione che fornisce la lunghezza d'onda ideale alla pianta, nel momento ideale e all'intensità ideale. Il tutto a seconda del momento della giornata e dell'anno e della fase fenologica della pianta. Si modificano quindi i parametri luminosi nel corso della vita della pianta e nel corso della giornata".
Il sistema messo a punto nei laboratori del Distal vede come protagonista la Cannabis, non a caso. "La Cannabis light è considerata una cash crop per il suo alto valore. Ciò che ci interessa sono le infiorescenze - ha detto Fabio Perotti - e la produzione di CBD, molecola non psicoattiva ma di alto interesse farmaceutico. La Cannabis però è anche una delle piante che ha fabbisogni d'illuminazione più elevati e quindi è considerata una coltura altamente energivora".
Nei laboratori dell'Università di Bologna, grazie alla collaborazione con Hangar Lab, startup innovativa che si occupa di produzione di sistemi di illuminazione led professionali, sono presenti diciotto moduli indipendenti da 1 metro quadrato l'uno. "Abbiamo otto canali di lunghezze d'onda, che nel loro insieme coprono tutto lo spettro del visibile e un po' oltre - ci ha spiegato Sergio Macchioni di Hangar Lab - noi controlliamo canale per canale, creando quindi profili di spettro luminoso che possono essere variabili. Il sistema permette, attraverso il controllo indipendente di ogni canale, per ogni modulo, di avere combinazioni spettrali diverse potendole anche programmare nel tempo". Il sistema messo a punto è intelligente, ovvero "l'integrazione di software e sensori - ha continuato Macchioni - permette un controllo adattivo del sistema d'illuminazione".
I sensori installati nell'impianto sperimentale al Distal misurano l'intensità luminosa della radiazione fotosinteticamente attiva e l'intensità luminosa delle singole lunghezze d'onda, cioè lo spettro. "Ciò ci restituisce - ha chiarito Perotti - lo spettro della luce che entra in serra, in ogni momento con l'obiettivo di andare a compensare solo le lunghezze d'onda che sono assenti ma che sono necessarie alla pianta in quel determinato momento".
Il sistema messo a punto nei laboratori del Distal vede come protagonista la Cannabis
(Fonte foto: Fabio Perotti di ResCUE A-B dell'Università di Bologna)
Alcuni concetti base, prima di conoscere i primi risultati già ottenuti a Bologna. Non tutta la luce, come si diceva, è utile alla fotosintesi. La Radiazione Fotosinteticamente Attiva (PAR) corrisponde allo spettro visibile anche all'occhio umano (lunghezza d'onda della luce visibile, tra i 400 e i 700 nanometri), ma "sappiamo che le piante rispondono anche alla luce ultravioletta (tra i 100 e i 400 nanometri) e al far red (740 nanometri). Come e quando le utilizzino è tema di ricerca", ci ha spiegato ancora Sergio Macchioni.
Il profilo di assorbimento della luce all'interno dei tessuti vegetali è determinato dall'efficienza dei pigmenti fotosintetici. Le clorofille per esempio sono molto efficienti sul blu e sul rosso. Luce blu e luce rossa quindi vengono assorbite nei primi strati della lamina fogliare. La maggior parte della luce verde (lunghezza d'onda 480-550 nanometri) non è assorbita ma riflessa, ed ecco perché vediamo le piante di colore verde.
"I fotorecettori - ha spiegato Fabio Perotti durante la sua presentazione a NovelFarm 2025 - sono molecole usate della pianta per capire in quali condizioni ambientali si trova e reagiscono a diverse lunghezze d'onda. La pianta ottiene informazioni riguardanti quantità, qualità, direzione e periodicità della luce e si comporterà in maniera diversa a seconda dello spettro luminoso ma anche a seconda della quantità di luce e delle condizioni nelle quali si trova. Attraverso lo spettro luminoso quindi noi possiamo influenzare i fotorecettori manipolando le risposte fisiologiche della pianta e la sua morfologia".
Un primo esperimento portato avanti nel sistema messo a punto nel laboratorio del Distal è stato quello di fornire alle piante luce far red (740 nanometri) concentrata la sera, nell'ultima ora della giornata. "Volevamo sfruttare le fasce orarie per usare l'elettricità quando è più conveniente dal punto di vista economico. La sperimentazione 'end of day' con la radiazione infrarossa ha previsto di confrontare i risultati ottenuti dando luce far red durante tutto il giorno, oppure la stessa quantità di luce far red ma concentrata nell'ultima ora della giornata. Con il far red 'end of day' abbiamo ottenuto una pianta più compatta ma con più infiorescenze e questo è molto vantaggioso, è un fattore di qualità".
La ricerca dell'Università di Bologna va avanti, il dottorato di Fabio Perotti infatti finisce nel 2026, "ora ci concentreremo sull'intensità luminosa e calibreremo quando e per quanto tempo posizionare il far red per aumentare il risparmio energetico e produrre di più, abbattendo i costi e aumentando la sostenibilità dell'impianto. In ogni caso attraverso l'utilizzo di un sistema dinamico di illuminazione supplementare andiamo ad aumentare sia la qualità che la produzione di biomassa, fornendo quindi sempre lo spettro luminoso ideale alla pianta nel momento ideale, diminuiamo gli intervalli di manutenzione dell'impianto di illuminazione perché utilizziamo meno luce. Grazie a sensori cioè utilizziamo meno energia e allunghiamo la vita dell'impianto".
Guardando oltre la specifica applicazione su Cannabis sativa ma all'obiettivo più generale, "il fine ultimo - ci ha detto in conclusione Fabio Perotti - sarebbe poter lavorare in smart farm: plant factories in grado di integrare sistemi intelligenti che permettano la connessione fra sensore e attuatore e piattaforma Iot in modo da ottimizzare sempre l'uso della luce non solo sulla base dei dati raccolti dai sensori luminosi ma piuttosto su tutti i parametri ambientali e sui dati di salute della pianta ottenuti in real time".
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Autore: Barbara Righini