Vigneto, la sfida del climate change

Stress abiotici, irrigazione e corretta maturazione delle uve: il punto nel convegno organizzato dall'Associazione Donne della Vite in collaborazione con Lallemand. Guarda la videointervista

Vigneto, la sfida del climate change - Plantgest news sulle varietà di piante

'La sfida del climate change in vigneto: strategie per gestire stress abiotici e irrigazione'

Fonte immagine: © stefanocarocci - Fotolia

Il clima cambia, e se questo sta accadendo in modo così rapido negli ultimi decenni le cause sono di natura antropica. Ma non tutto è perduto, perché è l'uomo stesso che può fare la differenza. Questo vale in generale, quando al centro dell'attenzione c'è la salute del pianeta, ma vale anche su scala ridotta, per un'attività come la viticoltura.

Questo il messaggio emerso nel corso del convegno "La sfida del climate change in vigneto: strategie per gestire stress abiotici e irrigazione" ospitato dall'azienda Barone Ricasoli presso il Castello di Brolio (Gaiole in Chianti, Fi) lo scorso 12 marzo, organizzato dall'Associazione Donne della Vite in collaborazione con Lallemand e che ha ricevuto il patrocinio e la concessione dei crediti formativi da parte di Assoenologi e dell'Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali.

Direttivo Donne della Vite
Direttivo Donne della Vite
 

Climate change: gli effetti

A livello globale, ha fatto notare Simone Orlandini dell'Università di Firenze, gli effetti dei mutamenti climatici sono sotto gli occhi di tutti. Da quelli più facilmente percepibili, come l'innalzamento delle temperature e la discontinuità e la violenza degli eventi piovosi o l'anticipo delle fasi fenologiche della maggior parte delle colture agrarie, a quelli meno evidenti come la desertificazione di alcune aree e l'innalzamento del livello medio dei mari. Per giungere infine a quelli più subdoli e insidiosi, come la perdita di biodiversità.
Di fronte al mutato e più vulnerabile contesto produttivo in cui si trova oggi il viticoltore a operare, le parole chiave sono "adattamento, mitigazione e resilienza".


Tra chioma e radici

Gli stress multipli estivi stanno interessando un numero crescente di annate, ha sottolineato Alberto Palliotti dell'Università di Perugia. I danni che ne derivano a livello di uve e vini hanno a che vedere con squilibri compositivi che contrastano con la qualità e con le richieste attuali del mercato. Gli stress idrici e termici anticipano la disconnessione del floema e predispongono gli acini ad avvizzimenti e scottature. Ciò rende necessario valutare in modo diverso le scelte tecniche in sede di impianto del vigneto e di predisposizione della forma di allevamento, con recupero di quelle che garantiscono un parziale ombreggiamento dei grappoli. "Dobbiamo tornare a spettinare le vigne", ha affermato Palliotti riferendosi anche alla necessità di gestire con maggior oculatezza defogliazioni, cimature e scacchiature.

Ma oltre alla chioma è necessario prestare attenzione anche alle radici, le quali necessitano di pari cura poiché "sempre più evidenze scientifiche ci dicono che con le informazioni che inviano alla chioma le radici riescono a indirizzare la produzione", ha spiegato Paolo Storchi del Crea-Ve di Arezzo. Il microbiota che circonda le radici può differenziare vigneti anche molto vicini tra loro e la composizione di tale microbiota è influenzata in particolare dalla disponibilità di ossigeno e acqua nel terreno. La profondità radicale e la distribuzione delle radici nei diversi strati di terreno è un indice della sussistenza o meno di condizioni favorevoli allo sviluppo della pianta.
 

(Fonte video: AgroNotizie)
 

Focus sulla maturazione fenolica e sul Sangiovese

"Per comprendere gli effetti sulla maturazione e composizione dell'uva del cambiamento climatico e di tecniche agronomiche utilizziamo un approccio integrato agronomico, biochimico e molecolare", ha affermato Ilaria Filippetti dell'Università di Bologna, il cui intervento si è soffermato sulle influenze del clima e delle pratiche agronomiche sulle vie di sintesi dei polifenoli in Sangiovese.

L'accumulo di antociani in questo vitigno è dipendente dalle temperature, soprattutto in momenti peculiari della sintesi, il che rende alcune tecniche agronomiche efficaci nell'influenzare positivamente l'accumulo dei flavonoli totali. Gli studi condotti dal gruppo di ricerca di Filippetti hanno contemplato anche la valutazione degli effetti dell'applicazione di elicitori, in particolare del prodotto LalVigne Mature di Lallemand, estratto 100% di lievito inattivato, contenente composti della parete cellulare del lievito, nonché composti della membrana plasmatica del lievito in grado di stimolare meccanismi di difesa della pianta attivando anche la biosintesi di metaboliti secondari, come i flavonoidi. La prova triennale ha mostrato che l'applicazione di LalVigne Mature è in grado di incrementare la sintesi degli antociani in Sangiovese, in correlazione con una maggiore espressione dei geni che intervengono nella loro biosintesi, senza influenzare la maturità tecnologica.

"No Ogm e 100% organico, LalVigne Mature è stato testato su tutte le principali varietà in più di 25 paesi nel mondo, in condizioni pedoclimatiche e colturali differenti" ha spiegato Fabrizio Battista di Lallemand Italia. "Applicato in due trattamenti, uno a inizio invaiatura e uno undici-tredici giorni dopo, LalVigne Mature ha mostrato di essere in grado di stimolare i geni coinvolti nel metabolismo secondario della vite, migliorando la componente fenolica delle uve, con maggiore estraibilità dei polifenoli e vini più espressivi e bilanciati".
 

Quando la vite ha sete

La gestione dello stress idrico della vite è un fattore determinante per l'ottenimento di uve di qualità. Pertanto diventa strategico per il produttore conoscere e adottare metodi efficaci per capire quando la pianta abbia effettivamente sete. Lorenza Tuccio dell'Istituto di fisica applicata "Nello Carrara", Cnr ha messo a confronto tra loro cinque diversi metodi di valutazione indicandone pregi e difetti in termini di costi, sensibilità e facilità d'uso.

Se le attività di scouting in vigneto per la rilevazione dello stato idrico possono restituire dati precisi, essi presentano tuttavia lo svantaggio di essere time consuming, che può essere superato con tecniche di rilevazione da drone equipaggiato con sensori termici multispettrali e iperspettrali. "Il telerilevamento termico ad alta risoluzione da drone - ha spiegato Filippo Di Gennaro del Cnr-Ibimet di Firenze - consente di identificare le alterazioni termiche della superficie fogliare dovute a variazioni fisiologiche indotte da condizioni di stress idrico. L'interruzione del fenomeno di raffreddamento evapotraspirativo causato dalla chiusura degli stomi in stati di stress diviene così facilmente discriminabile. L'incremento di temperatura fogliare causato da condizione di stress è il principio su cui sono stati sviluppati indici di stress idrico, come ad esempio il Crop water stress index (Cwsi), altamente correlato con parametri fisiologici come la conduttanza stomatica e il potenziale idrico fogliare".

Portinnesti non sempre appropriati, terreni con caratteristiche fisiche non ottimali, densità crescenti di piante per ettaro, forme di allevamento prevalenti in parete e movimenti terra eccessivi in preimpianto sono alcune delle caratteristiche dei vigneti odierni che hanno portato, in concomitanza con i mutamenti climatici, a rendere gli stress idrici ancora più difficili da gestire, rendendo sempre più spesso indispensabile il ricorso all'irrigazione. "Un impianto di irrigazione progettato in modo razionale consente di risparmiare moltissima acqua e soprattutto di realizzare quella che io chiamo un’irrigazione di qualità", ha affermato Diego Zuccari, agronomo libero professionista.
 

I "fuori onda"

Cosa possiamo imparare dal comportamento fisiologico della vite allevata in ambiente desertico ai fini della gestione degli effetti del cambiamento climatico in zone viticole della fascia temperata, che sempre più frequentemente risulta interessata da fenomeni estremi, dalle note conseguenze negative sulla maturazione delle uve? Lo ha raccontato in collegamento da Israele Aaron Fait (Ben della Gurion University del Negev), che da oltre dieci anni studia e misura le reazioni metaboliche di varietà a bacca rossa e bianca allevate in condizioni desertiche.

"Uno degli effetti più evidenti del riscaldamento globale è la fusione dei ghiacciai - ha affermato in videoconferenza dall'Ohio Paolo Gabrielli, ricercatore principale presso il Byrd Polar and Climate Research Center dell'Ohio State University (Columbus, Usa) - ma anche la cancellazione delle preziose informazioni dell'atmosfera del passato contenute nei profondi strati di ghiaccio". Effettuare carotaggi nei ghiacciai del pianeta prima che si ritirino per effetto del surriscaldamento globale ci serve per non perdere le informazioni preziose che contengono.

Un momento della degustazione
Un momento della degustazione

Infine, in conclusione della giornata, Massimiliano Biagi e Fabio Cascella, rispettivamente responsabile agronomico e responsabile di laboratorio dell'Azienda Ricasoli, hanno condotto una degustazione.

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