Rafano aratore, la cover crop che evita l'aratura

La tillage radish è una coltura di copertura che grazie alla sua radice fittonante lavora il terreno come un aratro, arricchendo al contempo il suolo di sostanze nutritive

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La radice del rafano aratore penetra nel terreno in profondità

Fonte immagine: Bruno Agazzani

In Italia sta lentamente prendendo piede l'utilizzo di cover crop. Si tratta di colture seminate non a scopi commerciali ma per proteggere i campi durante i mesi invernali, combattere l'erosione, incrementare i nutrienti e la sostanza organica o limitare lo sviluppo di infestanti. Piante come il favino, la leccia, il rafano e tante altre vengono seminate in autunno per poi essere eliminate (in molti casi con il sovescio) prima della semina che può avvenire anche in minima lavorazione o su sodo.

Nel caso del rafano aratore il principale beneficio ricercato dall'agricoltore riguarda l'azione di dissodamento del terreno effettuata dalla radice fittonante che penetra in profondità nel suolo per 30-40 centimetri dissodandolo e arieggiandolo.
 

La tillage radish in piena vegetazione
La tillage radish in piena vegetazione
(Fonte foto: Bruno Agazzani)


Seminata a inizio settembre, la pianta cresce durante l'autunno e l'inverno e alle prime gelate muore andando a rilasciare nel terreno le sostanze nutritive accumulate. L'agricoltore non deve dunque arare il terreno, ma può procedere con la semina (su sodo o in minima lavorazione) della coltura principale.
 

Tillage radish, l'esperienza sul mais

"In una delle aziende agricole che seguo abbiamo proceduto alla semina della tillage radish con una seminatrice pneumatica di precisione con una interfila di 75 centimetri", spiega ad AgroNotizie Bruno Agazzani, agronomo dello studio Speziali Antenore. "In aprile quando c'è stato da seminare il mais abbiamo richiamato le tracce sul satellitare della seminatrice in modo da sovrapporre la semina del mais su quella della cover crop".

La strategia adottata da Agazzani aveva un obiettivo chiaro: sostituire la lavorazione a bande tipica dello strip tillage con l'utilizzo del rafano aratore che grazie alla sua radice avrebbe lavorato il suolo in corrispondenza delle bande in cui la guida satellitare avrebbe poi deposto il seme di mais. In questo modo non solo l'azienda agricola avrebbe ottenuto i benefici di una cover crop generica, ma avrebbe anche risparmiato nella lavorazione del terreno.
 

Sezione di tillage radish
Sezione di tillage radish
(Fonte foto: Bruno Agazzani)


"Siamo stati soddisfatti di come sono andate le cose anche se nell'utilizzo di questa cover crop, una novità per i nostri areali, abbiamo incontrato due difficoltà. La prima è stata di tipo meccanico", spiega Agazzani. "Seccandosi le foglie del rafano americano formano al suolo un reticolo che sembra una ragnatela. Quando poi si passa con la seminatrice queste si vanno ad avvolgere intorno allo spargipula, aggrovigliandosi e impedendone il corretto funzionamento".

In azienda hanno risolto il problema effettuando una leggera erpicatura in modo da eliminare le foglie secche che ricoprivano la superficie del campo. Sono poi intervenuti seminando il mais sovrapponendosi alle bande in cui era stato seminato il rafano.

"Il secondo problema è di ordine agronomico e riguarda in generale tutte le cover crop", puntualizza Agazzani. "Se il rafano invece di essere seminato a inizio settembre viene seminato più avanti esso non ha il tempo di concludere il suo ciclo biologico durante l'autunno-inverno e in primavera è ancora vitale, rappresentando un impedimento alla semina. Se poi ad una semina tardiva si aggiunge l'assenza di precipitazioni, che lasciano il seme inattivo per lungo tempo, il risultato è ancora peggiore".
 

Rafano aratore in decomposizione
Rafano aratore in decomposizione
(Fonte foto: Bruno Agazzani)


Rafano aratore, meglio se di precisione

Nel caso di una semina a spaglio o con una seminatrice tradizionale occorrono circa 8-12 chilogrammi di seme per ettaro. Nel caso invece di una semina attraverso l'utilizzo di una seminatrice a guida satellitare i chilogrammi scendono a 4-5. I benefici del secondo approccio si vedono anche al momento della semina della coltura principale, che viene effettuata in corrispondenza delle bande di terreno lavorate dal tillage radish.

Il rafano è una pianta che si adatta bene a tutti i tipi di terreno e ovviamente il suo lavoro si apprezza maggiormente nei suoli compatti piuttosto che in quelli sciolti. Tuttavia è una coltura che risente dei ristagni di acqua ed è dunque bene realizzare delle canaline di sgrondo nel caso in cui si proceda alla semina in terreni non ben drenati. Il rischio infatti è che la coltura vada in sofferenza, non si sviluppi a dovere e dunque all'uscita dall'inverno non muoia, ma rimanga vitale necessitando di una successiva lavorazione del terreno per eliminarla.
 

Il mais cresciuto sul terreno lavorato dal rafano aratore
Il mais cresciuto sul terreno lavorato dal rafano aratore
(Fonte foto: Bruno Agazzani)


La radish tillage può essere utilizzata nella precessione di qualunque coltura prestando attenzione tuttavia ad eventuali interazioni. E' ad esempio sconsigliata la semina prima della barbabietola da zucchero perché il rischio concreto è che il rafano aumenti la presenza di nematodi nel terreno che poi andrebbero a creare problemi sulla coltura da reddito.
 

Rafano aratore sì o no? Una questione di valore

La domanda cruciale è: conviene seminare il rafano come cover crop? Agazzani non ha dubbi: il mais che cresce nei campi gestiti con questa tecnica ha una marcia in più. Inoltre in molte regioni questo tipo di approccio agronomico viene incentivato con lo stanziamento di fondi nei Piani di sviluppo rurale.

La Regione Lombardia prevede ad esempio un contributo di 180 euro per le aziende che fanno cover crop. Grazie all'aiuto si coprono i costi di acquisto del seme e della messa a dimora e può anche rimanere qualcosina nelle tasche dell'agricoltore. Sempre che non si debba procedere ad una irrigazione di soccorso nel caso di assenza di piogge visto che c'è l'obbligo di far emergere la coltura.

"L'obiettivo dell'agricoltore tuttavia non deve essere semplicemente cercare di guadagnare dagli aiuti del Psr, quanto sfruttare le potenzialità del rafano in termini di lavorazione del terreno, aumento della sostanza organica, protezione dall'erosione e controllo delle erbe infestanti", conclude Agazzani.

Autore: Tommaso Cinquemani

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