Cardo da seme, i primi risultati del progetto GoCard

Conclusa la prima raccolta sperimentale abbiamo intervistato Giorgio Ragaglini della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa per farci spiegare di cosa si occupa il progetto e quali sono le caratteristiche e le potenzialità di questa nuova coltura

Cardo da seme, i primi risultati del progetto GoCard - Plantgest news sulle varietà di piante

Obiettivo: valutare la potenzialità di una nuova coltivazione

Fonte immagine: Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa

Si è conclusa in Toscana la raccolta del cardo da seme, coltivato in via sperimentale su 20 ettari in varie zone della regione.

E' il primo traguardo del progetto di ricerca GoCard, portato avanti dalla Scuola superiore Sant'Anna di Pisa insieme alla Coldiretti Toscana, all'Istituto zooprofilattico sperimentale Lazio e Toscana, al Consorzio Re-cord e alle aziende Novamont, Impresa verde Toscana, società agraria Bacciotti, società agricola La Commenda, azienda agricola Il Poggiolo, società semplice agricola Le Cornate, azienda agricola Lela Stefano e azienda agricola Lippi e Nocentini.

L'idea è quella di valutare la potenzialità di una nuova coltivazione, quella del cardo da seme appunto, per valorizzare terreni marginali o che marginali lo stanno diventando sia per la perdita di redditività dei cereali, sia per l'impatto dovuto ai danni da fauna selvatica.

Per farci spiegare meglio questo progetto abbiamo intervistato Giorgio Ragaglini della Scuola superiore Sant'Anna che coordina la parte scientifica del progetto.

Giorgio Ragaglini, la prima domanda è d'obbligo: cosa ci si fa con i semi di cardo?
"I semi di cardo sono utilizzati principalmente per la produzione di olio alto oleico, che Novamont impiega per la produzione di biopolimeri biodegradabili (Mater-Bi) e di origine non fossile".

Che tipo di cardo è?
"Il cardo coltivato in questo progetto è una cultivar fornita da Novamont (Trinaseed) del genere Cynara cardunculus L. var. altilis DC. Si tratta di una coltura perenne, mantenuta in produzione per un periodo anche superiore ai sei anni, a seconda degli areali, per la duplice produzione di semi e biomassa lignocellulosica. I semi sono utilizzati per l’estrazione di olio che Novamont valorizza nel ciclo di produzione dei biopolimeri, mentre la biomassa può essere destinata alla produzione di energia elettrica e termica".

Infiorescenza di cardo
Capolini di cardo in fioritura
(Fonte foto: Giorgio Ragaglini - Scuola superiore Sant'Anna di Pisa)

Perché è stata scelta questa coltura?
"Per diverse ragioni. In primo luogo, trattandosi di una coltura perenne, ogni anno, dopo la raccolta, ricaccia dal colletto per avviare un nuovo ciclo produttivo e non ha bisogno di ulteriori lavorazioni del terreno e semine. Questo costituisce un grosso vantaggio sia in termini di contenimento dei costi sia dal punto di vista dell'organizzazione aziendale, non sottraendo tempo utile per la gestione di altre colture o lo svolgimento di altre attività. L'assenza delle lavorazioni del suolo inoltre permette di ridurre i tassi di mineralizzazione della sostanza organica del suolo e nel contempo il mantenimento di un apparato radicale vitale e profondo favorisce un aumento del potenziale stoccaggio di carbonio nel suolo rispetto alle colture annuali. Per questa ragione si tratta di un sistema colturale ad azione potenzialmente mitigatrice nei riguardi del cambiamento climatico.

Il carattere rustico rende la coltura particolarmente adatta a climi siccitosi ed a terreni marginali.
Ma c'è di più. Il ciclo invernale, unitamente allo sviluppo di un apparato radicale profondo e persistente, non solo permette di contenere i fabbisogni idrici, ma consente di ridurre i rischi di erosione del suolo grazie allo sviluppo di una copertura vegetale imponente e presente proprio nei periodi caratterizzati da una maggior frequenza di eventi piovosi di grave intensità.

Il carattere perenne, inoltre, è fattore a favore anche della biodiversità, come conseguenza del fatto che annualmente l'unica azione di disturbo sull'ambiente di coltivazione è rappresentata solo dalla raccolta, ovviamente nel caso non siano necessari interventi contro insetti fitofagi, che purtroppo talvolta possono essere un fattore di rischio per la produzione a livello di reddito.

Infine, c'è l’aspetto che riguarda i danni da animali selvatici. I nostri areali agricoli spesso si sviluppano in continuità rispetto ad aree boschive, pertanto cinghiali ed uccelli rappresentano in molte circostanze un limite produttivo non sottovalutabile, che col tempo ha portato gli agricoltori a rinunciare ad investire su colture di tipo industriale, come ad esempio il girasole. Al riguardo, il cardo ha una bassa appetibilità per i cinghiali, e i semi, rimanendo nascosti nei capolini, non sono accessibili agli uccelli"
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Quando si semina e quando si raccoglie il cardo da seme?
"La semina è una delle fasi più critiche per una specie poliennale, poiché dal risultato di un buon investimento in piante ad ettaro dipendono il successo produttivo della coltura e la durata economica dell'impianto. Per fortuna la semina può essere effettuata in due epoche distinte, che permettono all'agricoltore di adattarsi alle condizioni meteo, ma anche e soprattutto di programmare le operazioni di preparazione del suolo e di semina in maniera complementare alle operazioni necessarie alle altre colture.

La semina autunnale è particolarmente adatta per gli areali caratterizzati da inverni miti ed estati particolarmente siccitose. La semina primaverile può essere invece più adatta in quei contesti dove gli inverni sono rigidi e l'autunno fresco può ostacolare un adeguato sviluppo della coltura nelle prime fasi dopo la semina, che deve raggiungere lo stato di rosetta di otto-nove foglie vere prima che le temperature minime scendano sotto lo zero. In GoCard le semine effettuate nella prima metà di aprile sono risultate migliori negli areali del Mugello e delle aree più interne dell'alta Val di Cecina e delle Colline Metallifere. Le semine effettuate a novembre 2018 invece hanno confermato la scarsa resistenza di piante non adeguatamente sviluppate alle basse temperature invernali. Anche semine effettuate tardivamente in primavera espongono la coltura al rischio della siccità estiva, avendo apparati radicali non adeguatamente approfonditi.

Come dicevo, sulla scelta dell'epoca di semina possono pesare anche scelte organizzative dell'imprenditore agricolo. Nelle aree agricole collinari toscane, infatti, dove prevale la coltivazione di cereali autunno-vernini ed erbai invernali, i mesi autunnali sono già densi dal punto di vista della pianificazione delle semine e quindi piuttosto che incorrere nel rischio di una semina troppo tardiva, meglio aspettare l'arrivo della primavera. E' un opzione da sfruttare.
In sintesi, le finestre più adatte alla semina sono dalla metà di marzo a tutto aprile e da settembre ad ottobre.
La raccolta si effettua a fine agosto, periodo ideale visto che con non confligge con la raccolta dei cereali autunno vernini né con quella di rinnovi quali mais e girasole"
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Raccolta dei semi di cardo
Un particolare della raccolta del seme
(Fonte foto: Giorgio Ragaglini, Scuola superiore Sant'Anna di Pisa)

Quali sono le sue esigenze agronomiche?
"Il cardo è una coltura a basso fabbisogno di input, per cui è poco esigente da un punto di vista agronomico. Per quanto riguarda le concimazioni, il fabbisogno di macronutrienti è contenuto. La bibliografia indica come dose ottimale una concimazione annuale con 100-150 unità di azoto da effettuare alla semina il primo anno, e al momento del ricaccio negli anni successivi, in funzione della dotazione del terreno. L'apporto di fosforo è da valutare in base sempre alla dotazione del suolo, mentre il potassio, che non costituisce un limite nei nostri terreni, è ampiamente restituito al suolo dalla perdita delle foglie. Le concimazioni devono essere valutate anche in base al fatto che la biomassa venga raccolta o meno. E' da evidenziare che, dopo il primo anno di raccolto, in GoCard non abbiamo osservato differenze rilevanti tra coltivazione in convenzionale e coltivazione in biologico, condotta senza alcun apporto di concimi o ammendanti.

Il periodo critico per il controllo delle infestanti è quello successivo all'emergenza, quindi adeguate lavorazioni, false semine, o interventi di diserbo in pre e post emergenza possono garantire un investimento in piante ad ettaro migliore. Tuttavia la coltura il primo anno anche se rimane coperta dalle infestanti è assolutamente in grado, a partire dal secondo anno, di competere con le infestanti e garantire una abbondante produzione di biomassa. Quindi non bisogna lasciarsi scoraggiare dall'impatto visivo del primo anno, e verificare l'effettiva densità delle piante.

Effettuata la semina, il primo anno la coltura è comunque improduttiva. Infatti a prescindere dall'epoca di semina le piante non fioriscono. Quindi, nel corso della prima estate la biomassa prodotta deve essere trinciata entro la fine di agosto e lasciata sul campo per svolgere una parziale azione pacciamante. Mi ripeto, non deve preoccupare lo sviluppo di una vegetazione infestante rigogliosa se la pianta ha già raggiunto lo stato di rosetta, mentre bisogna prestare attenzione nelle fasi successive all'emergenza, quando le giovani piante non sono in grado di competere.

Sempre dal punto di vista della difesa, in areali dove la coltura è più diffusa ed affermata nel tempo, alcuni insetti possono raggiungere livelli di popolazione tali da causare danni rilevanti alla produzione. In particolare, due specie di Larinus (Curculionidi), volgarmente noti come punteruoli possono essere particolarmente aggressivi, completando il ciclo pre-immaginale all'interno dei capolini, proprio a discapito dei semi. In questo caso occorrerebbe mettere a punto un sistema di monitoraggio per valutare la possibilità di interventi a soglia e non a calendario, in modo da ridurre costi ed impatti sull'ambiente"
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Dal punto di vista delle operazioni colturali, di cosa ha bisogno il cardo da seme?
"Per la preparazione del suolo è importante nell'anno della semina effettuare delle buone lavorazioni, anche perché è l'ultima chance per intervenire sul suolo prima dei successivi sei anni, almeno. Quindi, soprattutto in caso di terreni argillosi, è bene procedere con una discissura profonda per migliorare il drenaggio, visto che la coltura mal tollera i ristagni idrici e predilige condizioni secche. Poi intervenire con lavorazioni superficiali, anche ripetute, per ammorbidire il terreno, al fine di agevolare lo sviluppo della radice nei primi stadi di sviluppo e per contenere lo sviluppo delle infestanti.
Le altre operazioni riguardano la raccolta del seme, la trinciatura degli stocchi e l'eventuale imballaggio della biomassa residua nel caso possa essere venduta"
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Per le attrezzature che tipo di seminatrici si devono usare e che tipo di mietitrebbiatrici? E' possibile usare o adattare quelle usate anche per altre colture?
"Per la semina si utilizzano normali seminatrici di precisione con dischi da barbabietola. Le dosi di seme variano da 2.5 a 3 chilogrammi/ettaro a seconda della distanza tra le file, da 50 a 75 centimetri, in base alle macchine a disposizione. Per la raccolta del seme in Sardegna attualmente sono utilizzate mietitrebbiatrici dotate di testate appositamente sviluppate ed ispirate a quelle da mais. Tuttavia sono utilizzabili anche testate da girasole e da frumento che richiedono però maggiore attenzione sulle regolazioni e sulle velocità di avanzamento, per evitare eccessive perdite".

Quale è la resa ad ettaro?
"In base alla bibliografia, la resa ad ettaro varia con l'età della piantagione, raggiungendo il massimo al terzo anno dalla semina, pari a circa 20 quintali ad ettaro. La media di cinque anni di raccolto si aggira intorno a 16 quintali ad ettaro. E' da evidenziare che le rese sono abbastanza stabili al variare degli input e delle condizioni ambientali. E' caratteristica delle specie perenni investire poco sulla produzione di seme, ma risultare abbastanza stabili nel tempo ed in condizioni di basso apporto di input. Quindi le rese vanno valutate in relazione ai costi di produzioni e all'impegno in tempo e manodopera. Si consideri, inoltre, che a fronte di un harvest index pari al 10%, la biomassa lignocellulosica ammonta in media a circa 160 quintali/ettaro di sostanza secca per anno, una quantità consistente. Dopo la trebbiatura, la convenienza nel raccogliere la biomassa, che rappresenta in assoluto l'operazione più costosa (si considerino trinciatura degli stocchi, ranghinatura, imballatura e movimentazione delle balle), è determinata dalle opportunità di mercato che possono variare a seconda degli areali. Tuttavia lasciare la biomassa in campo avrebbe comunque dei risvolti positivi nel mantenimento delle condizioni di fertilità del suolo e nello stoccaggio del carbonio".

La coltura in fase vegetativa
La coltura in fase vegetativa
(Fonte foto: Giorgio Ragaglini, Scuola superiore Sant'Anna di Pisa)

Ma il seme del cardo e i suoi prodotti a chi potranno essere venduti? E a che prezzi?
"Il seme del cardo può essere venduto a Novamont, che attualmente offre agli agricoltori condizioni contrattuali del tutto vantaggiose che non riguardano solo il prezzo del seme, ma anche la durata dell'accordo ed il supporto alla produzione.
La biomassa può essere acquistata da centrali termoelettriche a biomassa. La biomassa, seppur abbondante, non è di altissima qualità, quindi sicuramente grandi impianti sono in grado di valorizzarla meglio rispetto a piccole centrali, ma la mia considerazione non deve assolutamente scoraggiare dal valutare tutte le opzioni possibili circa la valorizzazione di questo prodotto in piccoli impianti"
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Tornando al progetto in corso come è andata la raccolta?
"Nell'ambito di GoCard la scelta dei campi dimostrativi si è basata su diverse variabili ambientali: suoli con tessiture diverse (da terreni franco-sabbiosi a terreni argillosi), altitudini, pendenze ed esposizioni diverse, usi del suolo precedenti diversi (da terreni coltivati a terreni quasi abbandonati), sistemi aziendali diversi ed anche contesti agricoli molto differenti, da zone più intensamente coltivate, come nel caso di Vicchio ad aree dove prevalgono sistemi di carattere estensivo come Montieri e Monterotondo Marittimo. Questa variabilità di condizioni è proprio alla base dello spirito del progetto, che ha come obiettivo proprio la valutazione delle condizioni di vocazionalità di contesti alternativi.

Nel primo anno produttivo le rese, sia in convenzionale che biologico, hanno confermato quanto si sapeva dalla letteratura, circa 15 quintali ad ettaro. In alcuni appezzamenti caratterizzati da terreni particolarmente argillosi le rese sono state condizionate da una forte variabilità nelle fasi di sviluppo delle infiorescenze, per cui la maturazione dei semi sui campi è risultata a macchia di leopardo. Stiamo investigando per capire quali siano stati i problemi, se legati alle condizioni pedoclimatiche o ad una errata pianificazione degli interventi colturali"
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Quali saranno le prossime attività di ricerca che saranno fatte?
"Dal punto di vista agronomico continua la sperimentazione per verificare le possibilità produttive in termini di seme e biomassa nei diversi contesti ambientali. Inoltre saranno valutate da altri partner le rese in olio e la possibilità di valorizzare al meglio la parte lignocellulosica (Re-cord), la valutazione degli aspetti nutrizionali del panello proteico residuo della spremitura per fini zootecnici e la potenzialità produttiva di miele di cardo (Istituto zooprofilattico di Firenze)".

Per ora i primi risultati si possono considerare incoraggianti?
"Le potenzialità della coltura dipendono dalla possibilità di sviluppo della filiera: un capo filiera, Novamont, già c'è, e non è poco. Tuttavia, il successo dipende anche dagli investimenti effettuabili a monte da parte di imprenditori disposti a scommettere sulla filiera, acquistando attrezzature adatte a rendere più efficienti le operazioni di raccolta. Sicuramente la coltura in aree marginali costituisce più di una valida alternativa all'abbandono. Le possibilità di fare margine positivo ci sono, perché i costi sono contenuti e la coltura offre dei vantaggi dal punto di vista della gestione e del risparmio di tempo da considerare assolutamente in maniera positiva, poiché si integra bene rispetto agli ordinamenti produttivi delle aziende, siano esse di tipo zootecnico o cerealicolo.

I primi risultati sono molto incoraggianti, a mio parere, e le attività di disseminazione ed informazione promosse dalla Coldiretti hanno coinvolto ed interessato già molti imprenditori agricoli e tecnici del settore. Il coinvolgimento e la dedizione delle aziende agricole partner sono i punti di forza di GoCard, poiché anche là dove le cose non sono andate bene la discussione e lo scambio di opinioni hanno prodotto comunque risultati. Aspettiamo fiduciosi i prossimi raccolti, nel frattempo qualche altro imprenditore agricolo ha già deciso di investire su questa coltura"
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Autore: Matteo Giusti

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