Progetto Drive: il sottofila, un elemento chiave per l'aumento della resilienza del vigneto agli stress idrici

È innegabile come la gestione del suolo giochi ormai un ruolo fondamentale per il mantenimento della funzionalità della vite e delle caratteristiche qualitative delle uve durante periodi di estrema siccità

Progetto Drive: il sottofila, un elemento chiave per l'aumento della resilienza del vigneto agli stress idrici - Plantgest news sulle varietà di piante

Pacciamatura sottofila subito dopo il passaggio della trincia andanatrice

Fonte immagine: Università Cattolica del Sacro Cuore

Drive (Drought Resilience Improvement in Vineyard Ecosystems) è un progetto, finanziato dal programma Life dell'Unione Europea, che va nella direzione ben precisa di valutare tecniche di gestione del vigneto che possano aumentare la resilienza dello stesso verso gli incontrastabili effetti del cambiamento climatico, in particolare quelli legati alla scarsa disponibilità idrica del periodo.


Le attività dimostrative del progetto si concentrano su 2 sfere del vigneto: la chioma e il suolo.


Questo approfondimento si concentra su una porzione di suolo specifica, lo spazio sotto la fila, in quanto tra le misure adottate per una gestione innovativa e resiliente del suolo in vigneto, quelle che riguardano il sottofila si sono dimostrate alquanto promettenti.


In particolare, 2 sono le tecniche che di seguito verranno presentate: la pacciamatura e l'inerbimento.

La pacciamatura organica del sottofila

Cosa si intende con pacciamatura e quali sono i benefici che ne derivano?


La pacciamatura organica effettuata nel sottofila consiste nella copertura dello spazio sotto il filare con uno strato di biomassa ottenuta tramite lo sfalcio di un inerbimento in situ o materiale organico di altra natura (come ad esempio paglia, torba o altri scarti delle produzioni agricole).

 

Nell'ambito del progetto Drive, al fine di aumentare la circolarità e la sostenibilità della gestione aziendale, la biomassa pacciamante viene prodotta da un inerbimento autunno primaverile che, dopo essere stato seminato in autunno (appena dopo la vendemmia) nello spazio tra le file, viene terminato in tarda primavera e distribuito contemporaneamente nello spazio sotto la fila utilizzando una speciale trincia andanatrice. I residui dello sfalcio sono convogliati e concentrati sotto il filare per la creazione di uno strato coprente uniforme e stabile. La biomassa prodotta dagli inerbimenti, quindi, non viene semplicemente trinciata e lasciata in situ ma assume un ruolo ed un'importanza mai avuta in precedenza con la gestione tradizionale del cotico.


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Macchina trincia andanatrice all'opera. Le frecce indicano il flusso dei residui vegetali

(Fonte foto: Università Cattolica del Sacro Cuore)

 

Gli effetti positivi attesi ricorrendo a questa pratica sono molteplici:

  • maggiore conservazione della riserva idrica sotto lo strato pacciamante;
  • migliore infiltrazione dell'acqua nel terreno;
  • maggiore disponibilità idrica per la vite;
  • controllo delle infestanti senza l'utilizzo di erbicidi;
  • riduzione ruscellamento superficiale;
  • controllo erosione;
  • minor compattamento del suolo

La buona riuscita della tecnica è per certo conseguenza della quantità di biomassa a disposizione. Se non adeguata, infatti, potrebbe rendere la copertura non uniforme e quindi inefficace portando ad una riduzione sostanziale degli effetti desiderati e permettendo la crescita delle infestanti (specie considerate pioniere, altamente competitive).

 

Al fine di ottenere uno strato consistente e duraturo nel tempo la quantità di biomassa non deve essere inferiore a 600-800 grammi di sostanza secca al metro quadro. La tecnica può, anzi deve, essere ripetuta negli anni in modo da poter creare uno strato che anno dopo anno si consolida, aumentando i benefici attesi. 

 

Quali possono essere quindi alcuni punti di attenzione e criticità da tenere in considerazione nell'applicazione della tecnica di trincia andanatura?


Sicuramente è necessario individuare, tra i miscugli in commercio, quelli che possano garantire una ottimale produzione di biomassa anche in condizioni di ridotta disponibilità idrica nel periodo di maggiore richiesta (criticità emersa in modo preponderante negli ultimi anni).

 

L'epoca di semina diventa un elemento di valutazione importante al fine di massimizzare il successo della fase di germogliamento.

 

Ulteriore elemento da tenere in considerazione è la disponibilità della macchina trincia-andanatrice. Infatti ad oggi non sono molte le case produttrici e i contoterzisti che hanno macchine con tali caratteristiche nel proprio parco attrezzi; è quindi importante valutare con cura tale aspetto per ridurre i costi dell'operazione.

 

Nell'ambito del progetto Drive Life, la tecnica è stata applicata nei vigneti dimostrativi dell'Azienda Sartori Federico nei Colli Piacentini e presso l'Azienda Ottina Enrico in Oltrepò Pavese grazie alla collaborazione di All Vineyard Srl e Falc.

 

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Pacciamatura in fase di disidratazione

(Fonte foto: Università Cattolica del Sacro Cuore)


Inerbimento artificiale del sottofila

Una seconda pratica implementata durante il progetto Drive consiste nell'utilizzo di specie erbacee tappezzanti nel sottofila.

 

L'insediamento di queste essenze, appositamente selezionate, permette di avere gli stessi benefici visti in precedenza per la pacciamatura con il vantaggio, però, di aumentare maggiormente la sostenibilità dell'operazione in quanto, una volta insediato, l'inerbimento sarà autonomo e permanente.


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Specie tappezzanti nel sottofila

(Fonte foto: Università Cattolica del Sacro Cuore)

 

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Specie tappezzanti nel sottofila

(Fonte foto: Università Cattolica del Sacro Cuore)


Obiettivo della tecnica è la creazione di un vero e proprio inerbimento ad alta densità in grado di colonizzare il sottofila soffocando la flora infestante e fornendo una copertura stabile che non ha bisogno di essere sfalciata.

 

Per fare questo è però necessaria un'attenta e ragionata selezione delle specie più adatte. Negli ultimi anni, presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, si sono svolti approfondimenti al fine di definire quali possano essere le specie più idonee a questo tipo di inerbimenti.


Tra le specie scelte per l'attività dimostrativa in campo vi sono varietà appartenenti alla famiglia delle Graminacee (Festuca ovina e Festuca rubra rubra), leguminose (Trifolium subterraneum) e specie tappezzanti quali Glechoma hederacea, Hieracium pilosella e Dichondra repens.

 

Caratteristiche delle specie selezionate sono: apparati radicali piuttosto superficiali, modalità di propagazione tramite stoloni, velocità di insediamento e consumi idrici in unità di superficie molto spesso inferiori a quelli misurati su suolo nudo e umido.


Quali possono essere quindi elementi da tenere in considerazione nell'applicazione della tecnica dell'inerbimento permanente sottofila?


Certamente l'insediamento dell'inerbimento risulta essere la fase più critica della tecnica sia per quanto riguarda l'esecuzione della stessa con le macchine a disposizione, sia per l'attecchimento delle plantule o il germogliamento dei semi, infatti alcune delle specie citate richiedono un trapianto che possa facilitare la colonizzazione tramite stoloni. Una corretta preparazione del terreno eseguita utilizzando macchine che permettano un efficace sminuzzamento del suolo può favorire la buona riuscita della semina.

 

Ultimo aspetto, non di certo secondario, è la disponibilità idrica: infatti le prime fasi dello sviluppo richiedono un'attenta gestione di apporti irrigui addizionali, non sempre possibili negli areali vitivinicoli.


L'attività dimostrativa nell'ambito del progetto Drive è in fase di svolgimento presso un vigneto dell'Azienda Ottina Enrico in Oltrepò Pavese.


Il gruppo di ricerca in Viticoltura dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza è tuttora al lavoro proprio per valutare gli effetti di queste pratiche nel lungo periodo e per capire in che modo influenzano lo sviluppo ed il comportamento fisiologico della vite.

 

Conoscere le interazioni fra pianta, suolo e specie vegetali che compongono gli inerbimenti rimane una questione imprescindibile per migliorare l'adattabilità del vigneto alle condizioni imposte dal cambiamento climatico.

 

A cura di Cunial Leonardo, Capri Caterina e Diti Irene dell'Università Cattolica del Sacro Cuore - Dipartimento di Scienze delle Produzioni Vegetali Sostenibili (Diproves)

 


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Il progetto DRIVE LIFE ha ricevuto finanziamenti dal Programma Life dell'Unione Europea
Grant LIFE19 ENV/IT/000035

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