Serre 4.0: quale futuro per il settore?

Conoscenze ed evoluzione tecnica per ottimizzare le produzioni vivaistiche: queste sono state le tematiche principali affrontate durante il convegno organizzato da Silvio Fritegotto e la Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana tenutosi il 1° febbraio 2024 a Fieragricola

Serre 4.0: quale futuro per il settore? - Plantgest news sulle varietà di piante

Anche se la produttività in serra è in genere più alta rispetto alle coltivazioni in campo aperto diventa necessario migliorarne l'efficienza e la sostenibilità per fare fronte al cambiamento climatico

Fonte immagine: Silvio Fritegotto

Nelle produzioni intensive ortoflorovivaistiche la serra è sicuramente la protagonista indiscussa e come tale anch'essa deve adattarsi agli effetti della crisi climatica. Per farlo vanno migliorati la sua efficienza e sostenibilità con l'obiettivo di perfezionarne la struttura, ottimizzare l'impiego dei mezzi tecnici (fertirrigazione, substrati, sensoristica di controllo, luci, film plastici di copertura, vertical farming) e ottenere un migliore controllo dei patogeni.

 

Tutte queste tematiche sono state affrontate durante il convegno "Serre 4.0 - Clima ed input tecnici per una serra innovativa e sostenibile in ambito Mediterraneo. Focus vivaismo" tenutosi il 1° febbraio 2024 durante Fieragricola a Verona. Il convegno è stato co-organizzato da Fieragricola Verona con l'agronomo Silvio Fritegotto e la Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana ed è stato moderato da Cristiano Spadoni di Image Line®; ha coinvolto numerose realtà pubbliche e private che si occupano di ricerca tecnologica, produzione e consulenza di mezzi tecnici nell'ambito del vivaismo.

 

Ha visto gli interventi di Cecilia Stanghellini e Isabella Righini, ricercatrici dell'Università di Wageningen (Olanda), Esteban Josè Baeza Romero, consulente della Future Farms Solutions (Spagna), Costantino Cattivello, tecnico presso il laboratorio substrati dell'Ersa Friuli Venezia Giulia (Fvg), Luca Incrocci e Antonio Ferrante, professori rispettivamente presso l'Università di Pisa e l'Università di Milano, Francesco Orsini e Giorgio Gianquinto Prosdocimi, entrambi professori dell'Università di Bologna, Andrea Minuto, responsabile scientifico del Centro di Saggio e Laboratorio Fitopatologico e Centro di Sperimentazione e Assistenza Agricola di Albenga (Sv) e infine Pasquale Cetola, regulatory manager crop protection di Syngenta Italia.

 

Mezzi per raffreddare una serra: quale scegliere?

Con la crisi climatica l'areale mediterraneo sta subendo un riscaldamento del 20% più veloce rispetto al resto dell'Europa: "Questo è un grande problema perché abbiamo durante l'anno giorni molto caldi, quindi alte temperature non solo durante l'estate" ha spiegato Esteban Josè Baeza Romero, consulente della Future Farms Solutions (Spagna), che ha fatto una distinzione su qual è il migliore sistema di raffreddamento per una serra.

 

Una prima opzione può essere l'uso di sistemi di nebulizzazione (raffrescamento evaporativo) ad alta pressione (da 70 a 120 bar) e bassa pressione (inferiore ai 10 bar) che creano un effetto nebbia all'interno della serra.

I vantaggi di questi sistemi sono l'omogeneità di distribuzione (l'acqua rimane sotto forma di nebbia con gocce più o meno grandi) e non vi è nessun deposito sulle foglie. Gli svantaggi sono che gli ugelli per i sistemi ad alta pressione richiedono un'acqua di elevata qualità, ci deve essere una gestione simultanea con dei ventilatori e l'investimento per metro quadro è moderato.

 

Una seconda opzione possibile è l'uso di un pannello-ventola (cooling pad) con azione di aspirazione, detto anche raffreddamento attivo, che può essere a pressione positiva o negativa. Questo sistema ha il vantaggio di essere un sistema efficiente per abbassare la temperatura dell'aria e l'umidità interna, ed è adatto per serre di piccole dimensioni a pressione negativa. Di contro però la durata del pannello cellulosico è limitata (per risolvere questo problema sarebbe ottimale prediligere cuscinetti in plastica), non è adatto a serre di grandi dimensioni a pressione negativa, non garantisce omogeneità spaziale e si ha un elevato consumo di acqua (superiore ai 3.000 litri per metro quadro). Il cooling pad è idoneo soprattutto per climi di coltivazione estremamente aridi.

 

Che sistemi si possono adottare quindi per chi produce in zone caratterizzate da alte temperature per tre mesi l'anno?

 

In questo caso la soluzione consigliata potrebbe essere il raffreddamento attivo con refrigeratori. Questo sistema è idoneo per abbassare la temperatura in serre chiuse o semi chiuse, l'ambiente interno è refrigerato e deumidificato allo stesso tempo e il calore residuo può essere immagazzinato (in caso contrario la serra deve avere una torre di raffreddamento per poterlo dissipare).

 

Un confronto fra il raffreddamento attivo e il cooling pad per la produzione di pomodoro ha evidenziato che il primo sistema è 14 volte più efficiente dal punto di vista idrico del secondo, ma consuma 5 volte di più di elettricità per chilogrammo. In conclusione, dati i costi dell'acqua e dell'elettricità secondo Romero il sistema più efficiente per la serra e anche il più economico è il raffrescamento evaporativo citato a inizio paragrafo.

 

Substrati innovativi per aumentare le performance delle piante

"In Italia il mercato dei substrati è di oltre 5 milioni di metri cubi e fa del nostro Paese praticamente uno degli attori principali nello scenario europeo, secondo solo alla Germania ma primo per valore economico. - spiega Luigi Cattivello, tecnico di laboratorio presso l'Ersa Fvg- La produzione complessiva è sostanzialmente quasi paritaria tra i substrati per impiego professionale e impiego hobbistico, e nell'ambito dei substrati professionali ha un peso ancora forte la torba".

 

Questo poi è un settore produttivo in evoluzione, difatti si sta assistendo a un progressivo cambiamento delle matrici, una riduzione dei tempi di produzione e dei volumi, una maggiore qualità e resilienza delle piantine dopo la messa a dimora, una maggiore sostenibilità ambientale ed economica delle produzioni.

 

Ne è un esempio appunto la torba nera, che rappresenta in Italia circa il 75% fra le matrici professionali utilizzate, e che a causa della sua ridotta disponibilità e dall'aumento del prezzo di vendita sta venendo sostituita con torbe poco decomposte o con matrici alternative. Queste però comportano un basso potere collante (sfaldamento dell'alveolo) e una bassa capacità di scambio cationico che influiscono negativamente sulla crescita delle piantine con possibile stress durante e dopo il trapianto. Il laboratorio dell'Ersa Fvg sta perciò valutando nuovi leganti, e al momento i migliori risultati si sono ottenuti con gelatina, caseina, vinavil con una formulazione alternativa e illite.

 

I substrati si possono anche addizionare con tensioattivi naturali e non solo con sostanze di sintesi. Le prove hanno mostrato che gli estratti naturali hanno una efficacia paragonabile a quelli di sintesi nei primi 4-5 mesi di utilizzo, oltre a migliorare complessivamente la sostenibilità delle produzioni.

 

Inoltre si è visto che anche una modifica minima del pH del substrato consente alle piantine di non subire successivi stress da post trapianto. Ad esempio, addizionando al carbonato di calcio il magnesio si osserva una migliore radicazione, un aumento del peso fresco a parità di peso secco e un aumento dell'indice di compattezza.

 

Coniugare perciò una maggiore sostenibilità ambientale migliorando la resilienza e la qualità delle piante è possibile, anche grazie all'utilizzo dei biostimolanti nel corso della formulazione della matrice negli stabilimenti di produzione.

 

Vertical farming applicato al vivaismo orticolo

Il vertical farming è un sistema di coltivazione caratterizzato da illuminazione artificiale, celle climatizzate e sistemi idroponici a ciclo chiuso che consentono notevoli risparmi nell'uso di suolo e risorse naturali; questo sistema però richiede un elevato impiego di tecnologia ed energia.

 

Francesco Orsini, professore dell'Università di Bologna, durante l'incontro ha esposto e principali sfide ed opportunità che questa tecnologia può fornire al settore orticolo e ha presentato i primi risultati di uno studio che sta valutando gli effetti delle luci led di colore rosso e blu.

 

Vediamo la ripartizione dei processi di conversione energetica in una vertical farming ei possibili miglioramenti che si possono apportare step by step:

  • il 100% dell'energia prodotta viene consumata dalle lampade, questo passaggio potrebbe essere migliorabile utilizzando per esempio energia derivante da fonti rinnovabili,
  • il 55-65% è l'energia luminosa emessa dalle lampade, per migliorare la conversione in energia elettrica si potrebbero utilizzare lampade led più efficienti,
  • il 15-25% è l'energia luminosa assorbita dalle piante, in questo passaggio per ottimizzare i consumi si può aumentare la densità colturale o utilizzare regimi dinamici, migliorare l'intensità tramite l'uso di riflettori, utilizzare specchi mirati per migliorare la qualità della luce, adattare l'architettura della pianta tramite il miglioramento genetico per aumentare l'intercettazione luminosa,
  • l'1-2% è l'energia chimica che viene fissata dalle piante, in questo passaggio l'ideale sarebbe aumentare l'indice di raccolta cioè la porzione edibile della pianta.

A fronte degli aumentati impatti ambientali nel processo produttivo, il vertical farming, soprattutto se alimentato da fonti rinnovabili, potrebbe beneficiare di ridotte emissioni nelle fasi di preparazione e distribuzione dei prodotti.

 

Sono stati anche presentati i risultati degli effetti delle diverse combinazioni di luce rossa e blu per la produzione di piantine di pomodoro e cetriolo. Lo studio ha evidenziato che le differenti combinazioni di luce blu e rossa comportano adattamenti fisiologici e morfologici in entrambe le specie.

 

All'aumento della luce rossa è associato un aumento della superficie fogliare. Le piante presentano foglie più sottili e un contenuto maggiore di acqua nei tessuti.
Mentre ad aumento della luce blu è associata una maggiore sostanza secca a seguito di una più efficiente attività fotosintetica e una maggiore concertazione di clorofilla nelle foglie. Inoltre, si è osservata una diminuzione dell'area fogliare con un aumento di spessore.

 

Gli altri interventi

Sono intervenute anche Cecilia Stanghellini e Isabella Righini, ricercatrici presso l'Università di Wageningen (Olanda), affrontando il tema di quanta tecnologia è necessaria per controllare tutti i fattori ambientali durante la coltivazione. "Abbiamo visto che non esiste una risposta valida per tutti poiché i fattori sono variabili nello spazio (clima, mercato) e nel tempo. - spiegano le due ricercatrici - Abbiamo provato a dare degli strumenti di analisi prendendo ad esempio l'anidride carbonica e la luce artificiale che assieme alle conoscenze basiche di fisiologia delle colture e di fisica del sistema serra possono essere applicati per valutare il livello di tecnologia ragionevole nel vivaismo orticolo".

 

L'intervento di Cecilia Stanghellini durante il convegno

L'intervento di Cecilia Stanghellini durante il convegno

(Fonte: Silvio Fritegotto)

 

Per poi passare alla presentazione di Luca Incrocci, professore dell'Università di Pisa e Antonio Ferrante, professore dell'Università di Milano che hanno esposto le soluzioni innovative, i sensori e i sistemi di supporto decisionali per la gestione della nutrizione e dell'irrigazione per migliorare la qualità dei prodotti. "L'automazione dell'irrigazione tramite sonde di umidità e misura della conduzione elettrica radicale permette risparmi idrici ed evita l'accumulo di salinità." - spiega Incrocci - "Inoltre, l'utilizzo di centraline meteo, intelligenza artificiale e strumenti di supporto alle decisioni consentiranno di migliorare la gestione idrica e la nutrizione minerale, con un maggiore controllo della crescita della pianta".

 

Poi Andrea Minuto, responsabile scientifico del Centro di Saggio e Laboratorio Fitopatologico e Centro di Sperimentazione e Assistenza Agricola di Albenga (Sv), che ha sottolineato le criticità e le opportunità della difesa fitosanitaria in ambiente protetto e le differenze rispetto al pieno campo presentando casi studio reali. L'obiettivo è quello di conciliare la riduzione dell'impatto ambientale e la necessità di rendere le attività produttive economicamente vantaggiose pur mantenendo la continua innovazione dei sistemi produttivi.

 

Infine, a chiudere il convegno è stata un'azienda produttrice di mezzi di difesa con l'intervento di Pasquale Cetola, regulatory manager crop protection di Syngenta Italia, che ha fatto il punto sulle criticità e opportunità nell'autorizzazione ed etichettatura dei prodotti fitosanitari per il comparto vivaistico e le distinzioni fra coperture vivaistiche all'interno del Regolamento 1107/2009 per una corretta valutazione del rischio sull'uso dei prodotti fitosanitari in tali ambienti.

Autore: Chiara Gallo

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