Mai sentito parlare dell'agricoltura naturale coreana?
Si mette in pratica anche in Italia e ha come obiettivo principale quello di aumentare i microrganismi utili nel suolo, attraverso la produzione di fermentati microbici
Quante volte abbiamo sentito parlare del microbioma intestinale? E di quanto faccia bene sostenerlo attraverso, per l'esempio, l'assunzione di fermenti lattici o cibi fermentati, come lo yogurt o - la moda del momento - la kombucha?
L'insieme di questi microrganismi vivi, che compongono il microbioma intestinale, possono aumentare le difese immunitarie del nostro organismo, riequilibrarlo e nutrirlo.
Questo concetto non è molto diverso da quello che succede anche in natura. Il suolo è ricchissimo di microrganismi e salvaguardare la loro presenza e biodiversità lo renderà più fertile, favorendo una crescita migliore delle piante coltivate. In particolare, i microrganismi benefici che vivono a stretto contatto con il sistema radicale delle piante, e spesso in simbiosi con queste, ne sostengono la crescita e ne promuovono la salute migliorando sia l'acquisizione dei nutrienti sia la resistenza agli stress abiotici (come la siccità) e biotici (come gli agenti patogeni).
In agricoltura già da tempo si parla dell'uso di inoculi di microrganismi benefici. Sul mercato ci sono sempre più prodotti disponibili a base di microrganismi specifici che possono svolgere determinati compiti a favore delle piante coltivate, come i batteri azotofissatori e le micorrize.
L'agricoltura naturale coreana (Knf, Korean Natural Farming) promuove l'inoculo di microrganismi benefici nel suolo ma piuttosto che acquistarli insegna a produrli autonomamente a partire dai microrganismi già presenti nel suolo aziendale. Ne abbiamo già parlato con l'agricoltore Lorenzo Costa in questo articolo che nella zona del Chianti produce ammendanti naturali a base di microrganismi per la sua azienda agricola.
Ma partiamo con ordine. Per Knf si intende un tipo di agricoltura sostenibile i cui obiettivi principali sono:
- massimizzare l'uso delle risorse aziendali;
- riciclare i rifiuti agricoli;
- ridurre la dipendenza da input esterni;
- ridurre i costi aziendali;
- favorire la salute del suolo.
Quindi, alla base di questi obiettivi c'è la preparazione di ammendanti microbici a partire da microrganismi indigeni (Imo, Indigenous Microorganism), cioè consorzi di microrganismi nativi di un determinato suolo che un agricoltore può moltiplicare autonomamente e introdurre nel terreno di partenza per migliorarne la fertilità.
Come nasce la Knf e i vantaggi di aumentare i microrganismi del suolo
L'agricoltura naturale coreana è nata dagli studi del coreano Han Kyu Cho negli Anni '60, che ha fondato il Janong Natural Farming Institute in Corea del Sud. Ad oggi è messa in pratica in altri paesi asiatici come Giappone, Cina, Malesia, Thailandia, Vietnam, Filippine e Mongolia. È presente anche in Africa - come in Congo e in Tanzania - e si è diffusa fino alle coste delle Hawaii, dove si è sviluppata una ricca letteratura scientifica a riguardo.
L'attenzione è perlopiù rivolta alla moltiplicazione di questi Imo che in natura si trovano abbondantemente, soprattutto nei terreni meno disturbati come per esempio le lettiere dei boschi. Questi organismi si occupano sia di decomporre i composti organici in sostanze nutritive che diventano facilmente disponibili per le piante, sia di produrre composti come sostanze antibiotiche, enzimi e acidi lattici che aiutano le piante a resistere alle malattie e promuovono la salute del suolo.
Aumentare i microrganismi benefici nel suolo significa fare biocontrollo, perché si rende l'ambiente ostile nei confronti dei microrganismi patogeni che devono gestire fenomeni di competizione (per i nutrienti e lo spazio) e di antagonismo. E significa fertilità, perché aumenta la disponibilità di nutrienti per le piante, la capacità di ritenzione idrica del terreno, migliora l'aerazione delle radici e previene l'erosione del suolo.
In questo studio fatto alle Hawaii su piante di pomodoro e di zucchine, sono stati messi a confronto trattamenti del terreno a base di concimi organici e concimi convenzionali con i trattamenti della Knf. I terreni trattati con i preparati dell'agricoltura naturale coreana presentavano una maggiore diversità di batteri in generale e, in entrambi i casi, un'elevata quantità di rizobatteri, promotori della crescita delle piante (Pgpr, Plant Growth Promoting Rhizobacteria) e capaci di indurre resistenza alle malattie.
La presenza di una comunità microbica diversificata non solo sostiene la biodiversità del suolo, fondamentale per la salute degli ecosistemi terrestri, ma ha anche un impatto diretto sulla salute dell'uomo. I microrganismi, infatti, regolano i nutrienti disponibili per le piante e migliorano la qualità degli alimenti che consumiamo.
Alcuni preparati dell'agricoltura naturale coreana
Prima di entrare nello specifico delle varie soluzioni microbiche della Knf, bisogna conoscere il meccanismo alla base della loro preparazione. Si tratta della fermentazione: quel processo biologico grazie al quale diversi microrganismi, come batteri e lieviti, convertono la materia organica (carboidrati e proteine) in composti più semplici.
Le tecniche e i metodi impiegati nell'agricoltura naturale coreana sono semplici, pratici ed economici. Inoltre, uno dei maggiori vantaggi sta nel fatto che il processo deve essere adattabile ad ogni contesto specifico. Gli ingredienti oltre ad essere facilmente reperibili devono essere locali; quindi quelli utilizzati in Corea del Sud possono essere sostituiti con le risorse naturali specifiche di ogni singola azienda agricola di qualsiasi parte del mondo.
I fermentati descritti da Han Kyu Cho sono davvero numerosi e in questo articolo non potremo descriverli tutti, ma per maggiori informazioni vi invitiamo a consultare il libro "Natural Farming Agriculture Materials" di Han Kyu Cho e Cho Ju Young e "Guida ai fermentati e ai preparati microbici per la bioagricoltura" di Nigel Palmer.
Imo: come catturare i microrganismi locali
Per raccogliere, moltiplicare e ridistribuire nel terreno gli Imo, cioè i microrganismi benefici indigeni, servono pochi e semplici ingredienti e quattro passaggi.
Per la prima fase, detta Imo 1, serve prima di tutto individuare l'area da cui raccogliere i microrganismi di partenza. Generalmente vanno raccolti vicino alla rizosfera e secondo gli agricoltori naturali coreani le piante della famiglia delle Bambusoideae (bambù) sono la scelta ideale perché contengono un'elevata quantità di zucchero che attrae i microrganismi. In Italia, l'ideale sarebbe farlo nel bosco.
Dopodiché si prende 1 chilo di riso integrale bollito in acqua, si mette in una scatola di legno ricoperta con un telo, con del cippato e delle foglie, e si appoggia nel suolo prescelto per catturare i microrganismi.
Il riso va lasciato lì per circa 1 settimana; il procedimento è riuscito bene se si forma sulla superficie del riso una peluria bianca, se è di altri colori come nera o verde è indice della presenza di ceppi indesiderati e quindi bisogna ricominciare da capo.
Una volta raccolti i microrganismi desiderati si passa alla fase Imo 2, cioè la loro moltiplicazione. A questo punto si pesa il riso e si aggiunge la stessa quantità di zucchero di canna che sarà il cibo per far crescere i microrganismi. Si mette tutto in un barattolo coperto da un pezzo di stoffa e si lascia fermentare in un ambiente fresco e lontano dalla luce solare diretta per 7 giorni.
Per la terza fase, quindi Imo 3, si inocula il composto precedente con una fonte di carboidrati; si può usare la crusca di grano o la pula di riso, come in Corea. Dopo una settimana la crusca di grano, che si è trasformata in un agglomerato solido di microrganismi, è tutta bianca per gli attinomiceti e ci sono anche alghe e funghi micorrizici.
Al termine si ottiene quindi un composto dalla consistenza grumosa che va inoculato nel terreno per la fase finale: Imo 4. Si rompe a pezzi e si mischia con una quantità uguale di terreno della propria azienda. Si lascia fermentare ancora per 1 settimana e alla fine si può spargere nel terreno.
Nell'immagine qui sotto è possibile osservare i primi passaggi della cattura di Imo. Per vedere i successivi vi consigliamo la lettura di questo articolo scientifico del College of Tropical Agriculture and Human Reseources, University of Hawaii at Manoa.
I primi passaggi della cattura di Imo
(Fonte: College of Tropical Agriculture and Human Reseources, University of Hawaii at Manoa)
Il prodotto ottenuto si può utilizzare come fertilizzante naturale, sia diluendolo in acqua e usandolo in fertirrigazione, sia mettendolo direttamente sul terreno, sotto la pacciamatura.
Con gli Imo si ripopola il suolo con microrganismi locali che sono i più adatti al proprio terreno perché sono abituati a quelle condizioni climatiche e ambientali.
Succhi fermentati: Fpj e Ffj
Si tratta di fertilizzanti naturali per la cui preparazione si possono sfruttare una serie di "scarti" come le erbacce e i frutti imperfetti (nel caso del succo Fpj, Fermented Plant Juice) e i frutti di fine stagione (nel caso del succo Ffj, Fermented Fruit Juice).
Per quanto riguarda i succhi Fpj, in Corea le piante più utilizzate sono l'artemisia (Artemisia vulgaris) e l'erba sanguinella (Oenanthe javanica). In Italia si possono usare le più comuni che si trovano nei campi come il tarassaco, la portulaca, l'ortica, l'amaranto, ecc., che contengono un'elevata quantità di minerali di diverso tipo.
Il procedimento per la preparazione di questi fermentati parte dalla raccolta delle piante o dei frutti che ci interessano. Questi vanno pesati e successivamente va aggiunto lo zucchero di canna in un rapporto di 3:2 nel caso delle piante e di 1:1 nel caso dei frutti che sono più umidi. Dopo aver mischiato, il composto risultante va lasciato fermentare, poggiandoci sopra un peso, per circa 7 giorni. Lo zucchero estrarrà i succhi dal materiale vegetale tramite osmosi e fungerà anche da fonte di cibo per i microrganismi che svolgeranno il processo di fermentazione. L'alcol debole prodotto durante la fermentazione, invece, estrarrà la clorofilla (solubile in etanolo) e altri componenti vegetali.
Questi succhi contengono nutrienti in forme direttamente utilizzabili dalle piante e possono essere usati in fertirrigazione per nutrire le radici delle piante e i microrganismi del suolo o come spray fogliare in una diluizione che può andare da 1:500 a 1:1000.
Preparazione di un Fpj utilizzando la pianta Angelica sp.
(Fonte: (Fonte: College of Tropical Agriculture and Human Reseources, University of Hawaii at Manoa)
Lab o coltura di batteri lattici
Per questa preparazione serve dell'acqua di risciacquo del riso e del latte crudo. L'acqua viene lasciata fermentare in un barattolo per 3-5 giorni (sempre in un luogo fresco e lontano dalla luce solare diretta), al termine dei quali si potrà osservare una separazione in 3 strati:
- quello sul fondo è composto da depositi solidi;
- quello più superficiale è rappresentato dallo sporco;
- quello al centro, trasparente, è lo strato che contiene un'elevata concentrazione di batteri lattici, cioè microrganismi anaerobi che in assenza di ossigeno scompongono lo zucchero in acido lattico.
Lo strato nel mezzo va estratto, eliminando con un cucchiaio quello superficiale, e va travasato in un altro barattolo. Per preparare il Lab si mischia questo liquido, ricco di batteri lattici, con il latte crudo in un rapporto 1:10; si copre poi con un panno e si lascia fermentare per 5-7 giorni. Il latte serve come nutrimento per i lattobacilli che scomporranno il lattosio.
Anche in questo caso si formeranno 3 strati diversi: in cima si formerà una specie di cagliata, sul fondo uno strato di sedimenti e in mezzo uno strato con i batteri lattici. Quest'ultimo strato si estrae, si diluisce in un rapporto di 1:1000 in acqua e si può utilizzare come ammendante naturale del suolo o anche in fertirrigazione.
Il Lab è utile per migliorare l'aerazione del suolo, promuovere la crescita di microrganismi benefici, solubilizzare i fosfati e contrastare i patogeni soprattutto quelli fungini.
Curiosità e altri fermentati dell'agricoltura naturale coreana
Tra tutti i fermentati della Knf proposti da Han Kyu Cho ce ne sono alcuni che spiccano per la loro curiosità e particolarità e che comunque possono regalare sorprendenti vantaggi per un'agricoltura sostenibile.
Per esempio, l'Ohn (Oriental Herbal Nutrient cioè nutrienti erboristici orientali) è il fermentato più "asiatico" tra tutti perché si basa sulla fermentazione di 6 erbe medicinali cinesi: le radici di zenzero, di curcuma e di liquirizia, gli spicchi di aglio, la corteccia di Angelica acutiloba e quella di cannella. Queste vengono fatte fermentare con zucchero di canna e alcol. Il composto finale si può usare diluendolo in acqua in un rapporto di 1:1000 e si può applicare come spray fogliare sulle piante per respingere gli insetti.
Un altro preparato è quello a base di scarti di pesce (lische, testa, pelle e altre parti) chiamato Faa (Fisch Amino Acid cioè amminoacido di pesce) che viene fatto fermentare con la sola aggiunta di zucchero di canna. Il prodotto finale deve essere diluito con acqua in un rapporto di 1:1000 e può essere utilizzato insieme ad altri fermentati dell'agricoltura naturale coreana come spray fogliare o in fertirrigazione.
Un altro interessante preparato è il Jadam, che ha lo stesso principio dell'Imo ma al posto dello zucchero di canna vengono utilizzate le patate. È nato da un'idea del figlio di Han Kyu Cho, Youngsang Cho, con l'obiettivo principale di ridurre ancora di più i costi per gli agricoltori nella produzione di questi preparati.
Infatti, nonostante ai nostri occhi possano sembrare così economici, bisogna pensare che vengono utilizzati principalmente nei paesi del Sud Est Asiatico, dove anche l'accesso a questi ingredienti può essere spesso limitante.
Autore: Vittoriana Lasorella