Come funziona la sistemazione idraulica in keyline e perché è utile nel gestire l'acqua piovana
Questa tecnica aiuta a ridurre il ruscellamento superficiale e a massimizzare l'infiltrazione delle precipitazioni, distribuendo l'acqua in modo omogeneo. Intervista a chi la progetta in Italia

Una sola linea chiave, la keyline, se individuata correttamente, può essere riprodotta parallelamente lungo tutto il versante, in modo tale che l'acqua abbia sempre lo stesso comportamento
Fonte immagine: Deafal
L'acqua è senza dubbio una delle risorse più preziose per l'agricoltura, ma solo se impariamo a gestirla correttamente.
Oggi ci troviamo ad affrontare un clima sempre più instabile, caratterizzato da lunghi periodi di siccità alternati a violenti fenomeni piovosi, in cui in poche ore cadono le precipitazioni di interi mesi. Questo causa uno dei problemi ecologici più rilevanti del nostro tempo: l'erosione del suolo. Quando piove su un terreno nudo o poco strutturato, l'acqua può trascinare via sostanza organica e nutrienti, soprattutto se scorre in modo veloce e il suolo è in pendenza. L'erosione idrica, oltre a scavare solchi e canalette, nei casi più gravi può provocare frane. Con il tempo il terreno si impoverisce, perde fertilità e riduce ulteriormente la sua capacità di trattenere l'acqua e sostenere le colture.
Secondo l'Osservatorio Europeo del Suolo (Euso), che monitora lo stato di salute dei terreni nell'Unione Europea, il 62% dei suoli europei non è sano e il 24% viene degradato proprio dall'erosione idrica ad un tasso insostenibile, superiore alla velocità con cui il suolo si rigenera.
Il tachimetro indica la quantità di terreno che in Unione Europea è interessata da uno o più processi di degradazione del suolo o dall'impermeabilizzazione del suolo
(Fonte Euso)
Per questo motivo diventa fondamentale imparare a gestire al meglio l'acqua in campo: invece di scorrere via rapidamente, deve rallentare, infiltrarsi nel suolo e restare dove serve.
Esistono molte strategie per contrastare l'erosione e migliorare la capacità del terreno di trattenere l'acqua: alcune semplici, ma fondamentali, come l'aumento della sostanza organica del suolo, altre più strutturali, come la creazione di piccoli bacini aziendali per la raccolta delle acque piovane.
In questo articolo approfondiremo una tecnica di sistemazione idraulica chiamata "keyline", ideata per rallentare il deflusso, prevenire l'erosione e nutrire suolo e piante. Sviluppata negli anni '40 dall'ingegnere e geologo australiano Percival Alfred Yeomans, questa metodologia sfrutta la gravità per intercettare l'acqua e distribuirla in modo uniforme: dalle valli, dove tende ad accumularsi più acqua fino alle creste, che al contrario solitamente soffrono di carenza idrica, soprattutto nei periodi di siccità.
La sistemazione keyline è stata recentemente adattata a diversi climi e territori, compresa l'Italia. Per esempio, il team di Deafal, una Ong che promuove e diffonde metodologie innovative in ambito agricolo, ha progettato diversi impianti in keyline in Italia e per approfondire questo tema abbiamo intervistato Matteo Mancini, agronomo di Deafal e autore del libro "Agricoltura organica e rigenerativa".
Che cos'è la sistemazione idraulica keyline e come funziona
"Yeomans era un ingegnere minerario con una grande conoscenza della topografia. Sapeva come spostare l'acqua da zone molto lontane con piccoli dislivelli", ci spiega Matteo Mancini, e continua: "Il keyline è una sistemazione idraulica che mira a ridistribuire l'acqua dalle zone in cui ce n'è di più, o addirittura troppa, gli impluvi, a quelle dove ce n'è di meno, i displuvi".
Di cosa si tratta? Gli impluvi sono i punti del campo in cui l'acqua tende naturalmente ad accumularsi; i displuvi sono una sorta di spartiacque, che deviano l'acqua verso gli impluvi stessi.
L'impluvio è rappresentato dall'unica linea centrale, mentre le altre rappresentano i displuvi
(Fonte: Deafal)
Il cuore della progettazione keyline sta proprio nell'individuare una curva di dislivello, per l'appunto la keyline, che ha la funzione di guidare l'acqua dagli impluvi ai displuvi, distribuendola uniformemente lungo tutto il versante. Il tutto avviene per gravità: seguendo parallelamente la keyline a monte o a valle, l'acqua si muove naturalmente dagli impluvi ai displuvi, evitando ristagni e riducendo il rischio di erosione.
Come accennato nel capitolo precedente, negli anni questo modello è stato rivisitato e adattato a diversi contesti agronomici. In particolare, il team di Deafal segue il "keyline layout" mettendo in pratica uno schema di lavorazione e piantumazione ispirato al metodo keyline, in cui tutte le operazioni agronomiche seguono la direzione delle keyline.
Il keyline layout
(Fonte: Deafal)
Nella pratica, le fasi della progettazione del keyline layout sono:
- rilievo topografico dettagliato che può essere fatto con uno strumento Gps Rtk di alta precisione o con un drone;
- studio del deflusso dell'acqua attraverso l'elaborazione di un modello digitale del terreno;
- disegno del keyline layout in un sistema Cad;
- tracciamento in campo con il Gps.
La prima fase della progettazione comprende, quindi, lo studio topografico. "Si tratta di un rilievo topografico dettagliato che può essere effettuato con uno strumento Gps Rtk di alta precisione o con un drone. Noi utilizziamo entrambi", spiega Mancini. "Prima rileviamo il terreno, poi elaboriamo un modello digitale tridimensionale da cui estraiamo le curve di livello per analizzare il naturale deflusso dell'acqua.
Il rilievo topografico viene importato in un software Cad, dove disegniamo le linee che guideranno il lavoro in campo cioè le linee che deve seguire il trattore per fare un seminativo o disegniamo direttamente i filari di un impianto arboreo. Una volta verificata la correttezza del layout, lo carichiamo nel Gps e lo tracciamo in campo per il cliente".
Progettazione del keyline layout
(Fonte: Deafal)
Ma qual è la vera difficoltà? "Riuscire a tracciare una linea che funzioni su tutto il paesaggio. La genialità di questo metodo sta proprio qui: una sola linea chiave, per l'appunto la keyline, se individuata correttamente, può essere riprodotta parallelamente lungo tutto il versante, in modo tale che l'acqua abbia sempre lo stesso comportamento. Questo lo contraddistingue dalle semplici curve di livello: facendo un solco seguendo una curva di livello, l'acqua si ferma lì, perché si trova tutta alla stessa altitudine sul livello del mare. Il keyline, invece, è basato su curve di dislivello, progettando una traiettoria che obbliga l'acqua a muoversi lentamente verso i displuvi, andando ad irrorare naturalmente le zone più secche".
Quali aziende possono adottare la sistemazione keyline?
Il team di Deafal da anni progetta impianti in keyline in tutta Italia, adattando questa tecnica a diverse realtà agricole. "Negli ultimi anni abbiamo lavorato molto con le colture arboree, ma abbiamo progettato anche seminativi e pascoli", racconta Matteo Mancini.
Per i seminativi e le colture annuali si utilizza un aratro o uno scavafossi per tracciare la linea di riferimento che guiderà le lavorazioni dalla semina alla raccolta. Nei prati, nei pascoli e nei frutteti si impiega un subsoiler con un'ancora sottile per non disturbare la superficie del terreno. Inoltre, in questi casi, spiega Mancini: "Noi chiediamo all'azienda, a fine estate o in autunno, di passare con un arieggiatore con un'ancora molto sottile che lavora in profondità capace di decompattare la zona in cui ci sono le carreggiate. Questo è fondamentale per creare il binario per l'acqua che poi sarà distribuita lungo i versanti".
Impianti progettati con il keyline layout
(Fonte: Deafal)
Ad ogni modo, gli esempi non mancano: in provincia di Ancona, presso l'azienda Coste del Sole, Deafal ha progettato un seminativo in keyline. Nella zona al confine tra Umbria e Lazio, ha realizzato un oliveto per l'azienda Poggio dell'Artilla. Il metodo è stato applicato anche alla viticoltura, con impianti keyline per vigneti presso le aziende Poggio Trevvalle, in Maremma, e L'Avventura, tra Roma e Frosinone.
Ma il keyline è adatto anche ai sistemi zootecnici e alle colture specializzate. Nell'azienda Talarù, Deafal ha progettato un'area dedicata al pascolamento razionale dei bovini, mentre presso La Petrosa ha applicato il metodo per realizzare un pistacchieto.
Tutti questi impianti hanno un obiettivo comune: ridurre il ruscellamento superficiale e massimizzare l'infiltrazione delle precipitazioni, distribuendo l'acqua in modo omogeneo lungo tutto il versante.
Benefici agronomici e ambientali del keyline layout
Un impianto progettato in keyline offre numerosi vantaggi, alcuni dei quali abbiamo già citato, ma che vale la pena ribadire. Grazie a questa sistemazione idraulica si riducono significativamente il ruscellamento, l'erosione superficiale e la perdita di suolo e nutrienti. Allo stesso tempo, aumenta la capacità del terreno di assorbire e trattenere l'acqua piovana, favorendo una distribuzione più uniforme dell'umidità lungo tutto il versante e contribuendo a ottenere rese più omogenee.
Un esempio concreto arriva da uno studio condotto da Deafal in collaborazione con il Cnr su due bacini idrografici nel Mugello, in provincia di Firenze. Le aree analizzate si estendevano tra i 70 e gli 80 ettari, mentre il progetto keyline è stato applicato su diverse parcelle di terreno arabile irrigato con una pendenza media del 6%.
Nella prima fase del progetto è stata condotta l'analisi topografica basata su dati Lidar. Successivamente è stato elaborato un modello digitale del terreno per ottenere una mappa con curve di livello ed è stato disegnato il layout della keyline. Infine, l'effetto delle keyline è stato analizzato utilizzando due modelli idrologici.
Quali sono stati i risultati? L'applicazione del keyline layout ha avuto un impatto evidente sulla distribuzione del deflusso e sull'umidità del suolo. I dati hanno mostrato che la presenza delle keyline ha ridotto il ruscellamento fino al 12% nelle aree coinvolte. Inoltre, l'analisi comparativa ha evidenziato un effetto positivo sia in termini di riduzione dell'erosione, sia per quanto riguarda una migliore infiltrazione delle acque di scorrimento.
Matteo Mancini spiega: "È stato visto che l'acqua rallenta la velocità di deflusso e quindi si infiltra maggiormente, diminuendo l'erosione e aumentando la capacità del suolo di trattenere l'acqua. Questo, a mio avviso, è un risultato importante, perché dobbiamo cambiare il paradigma, soprattutto in alcune zone di seminativi dell'Italia centrale. Qui, a causa della tessitura argillosa dei terreni, storicamente ci siamo sempre preoccupati di allontanare l'acqua il più velocemente possibile. Per esempio, le scoline vengono spesso tracciate lungo pendenze molto forti, ma l'acqua va fatta defluire lentamente, in modo da trasportare meno suolo possibile. L'erosione è un fenomeno naturale che non si può gestire al 100%, ma di sicuro lo possiamo ridurre anche in modo significativo".
Limiti e criticità
Qual è l'aspetto meno accattivante della progettazione in keyline? Innanzitutto richiede una fase di progettazione lunga e meticolosa. "Si tratta di un lavoro estremamente accurato, realizzato con strumenti di precisione e che richiede molte ore di elaborazione" - afferma Mancini - "Inoltre, è necessario dedicare diverse ore di lavoro in campo per tracciare le linee".
Oltre all'impegno richiesto in fase progettuale, esistono anche dei limiti tecnici. Il keyline layout non può essere applicato su terreni con pendenze superiori al 15%. "In generale possiamo applicare il metodo keyline a qualsiasi coltura e ordinamento produttivo, ma i limiti riguardano principalmente la pendenza. In zone estremamente acclivi, diciamo oltre il 15%, non la facciamo perché poi viene messa in discussione la sicurezza degli operatori".
Un'altra difficoltà riguarda la preparazione degli agricoltori e dei terzisti. "Tutti i soggetti che prendono parte ai lavori aziendali, come dipendenti e terzisti, devono essere pienamente coinvolti in questo tipo di progettazione, perché poi saranno loro a lavorarci. Abbiamo visto che questo aspetto a volte è stata una limitante".
"Un'altra possibile limitazione - continua Matteo Mancini - che comunque può essere superata, è che negli impianti arborei che prevedono la presenza di pali, tutori, fili, eccetera è richiesta una progettazione appropriata. Infatti, se si progettano delle curve in zone non lineari, il numero di pali potrebbe aumentare o i tiranti dovranno essere posizionati in maniera diversa per seguire la curvatura".
È una progettazione che si può fare anche per un impianto già avviato? La risposta è sì ma con maggior complessità. Mancini ci fa un esempio: "A noi è capitato di lavorare in un oliveto dove c'erano zone meno irrorate. In questi casi, si possono progettare canali che trasportano l'acqua da dove ce n'è di più a dove ce n'è di meno però ovviamente ci si deve districare tra gli ulivi. Se l'impianto è molto fitto, diventa complicato, ma a partire da sesti di impianto 6x6 metri, si può trovare una soluzione".
Ma come viene recepito questo metodo dagli agricoltori? "Durante i corsi che organizziamo, gli agricoltori sono molto interessati", racconta Matteo. "Poi, però, vengono fuori le criticità e le difficoltà oggettive, ma anche la limitata attitudine e propensione degli agricoltori a mettersi in gioco. Purtroppo non è semplice ed è per questo che a volte il keyline e altri come l'agroforestazione sono relegati a quella parte della popolazione agricola fatta da giovani intraprendenti e da aziende pioniere; ma siamo ben consapevoli che il grosso del mondo produttivo ancora fa fatica ad assimilare certi concetti, però questo non significa che non stia cambiando".
Altre strategie per la gestione sostenibile e integrata dell'acqua
Il keyline non può essere considerato una soluzione definitiva. Matteo Mancini ci tiene a sottolinearlo: "È uno strumento di lavoro e, come tale, in molti casi può funzionare, in altri no. Quello che conta è capire che la keyline funziona solo se integrata con altre tecniche e strumenti".
Ed è qui che entrano in gioco le pratiche dell'agricoltura rigenerativa:
- aumentare la sostanza organica nel suolo, migliorando la capacità di ritenzione idrica del terreno;
- mantenere il suolo coperto il più possibile, con colture di copertura o residui colturali, per ridurre l'evaporazione e prevenire l'erosione;
- limitare le lavorazioni meccaniche, per preservare la struttura del suolo e favorire l'infiltrazione dell'acqua;
- integrare sistemi agroforestali e pascolo a rotazione, per migliorare la gestione idrica e la fertilità del suolo.
Leggi anche: Agricoltura rigenerativa: principi ed esempi pratici
Inoltre, esistono tanti tipi di sistemazioni idrauliche efficaci. La maggior parte di queste sono ancora relegate ai paesi aridi e semi aridi e Matteo Mancini ci racconta la sua esperienza fatta in Brasile: "Quando lavoravo nel semi arido brasiliano ne ho viste parecchie di sistemazioni idrauliche, come la lavorazione sulle curve di livello o le fosse livellari per accumulare l'acqua e farla filtrare lentamente nel terreno. In alcuni casi, si arriva persino alla realizzazione di piccole dighe progettate a favore di pendenza: l'acqua si accumula, si ferma e piano piano viene assorbita dal terreno. Si coltiva dietro questi invasi dove nel frattempo si è ricaricata la falda freatica.
Credo che qui da noi possa essere importante ragionare sull'accumulo di acque meteoriche. Lavorare, per esempio, sulla realizzazione di cisterne interrate per piccole aziende in cui si raccoglie l'acqua. Un'altra strategia è la creazione di piccoli invasi, diffusi sul territorio, che per alcune aziende possono funzionare per l'irrigazione di emergenza senza stravolgere l'orografia del territorio come farebbero bacini di grandi dimensioni. E integrare il keyline, cioè utilizzare questo metodo per trasportare l'acqua verso i bacini, potrebbe essere una possibile strategia".
Autore: Vittoriana Lasorella