Short mais, potenzialità esaltate da un'agrotecnica adeguata
L'Università di Torino mette alla prova i nuovi ibridi di mais a taglia bassa. Guarda il video

L'idea alla base delle prove svolte è stata quella di sfruttare il fatto che, con l'aumento della densità colturale permessa dal mais a taglia bassa, il mais intercetta meglio la radiazione solare (Foto di archivio)
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I nuovi ibridi di mais a taglia bassa, smart corn di Bayer, denominati precisamente Preceon - Smart Corn System, sono stati messi alla prova per due anni in campo dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (Disafa) dell'Università di Torino. I risultati della prova, portata avanti nel 2022 e nel 2023 in due località, una con terreno sciolto e una con terreno a medio impasto, sono stati presentati nel dettaglio durante l'ultima edizione della Giornata del Mais, a Bergamo, organizzata dal Crea, Centro di Ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali lo scorso 24 gennaio.
Nelle parole di Massimo Blandino, professore di Agronomia e Coltivazioni Erbacee (Disafa), "non si tratta solo di genetica, il ragionamento deve essere complessivo e comprendere la gestione agronomica in modo che la nuova genetica possa giovarsi di un'agrotecnica che esalti le potenzialità dei nuovi genotipi".
Secondo la descrizione di Bayer, gli ibridi a taglia bassa hanno un'altezza fra il 65 e il 75% rispetto agli ibridi tradizionali, a seconda dell'ambiente, presentano un allungamento ridotto degli internodi che però non incide sul numero di foglie, hanno metabolismo più rallentato e minore contenuto di lignina, possono essere seminati più fitti e anche a densità elevate hanno maggiore stabilità, lo stocco infatti non è debole, rispetto agli ibridi conosciuti finora.
L'idea alla base delle prove fatte dall'Università di Torino e descritte dal professore Blandino durante la Giornata del Mais 2025 è quella di sfruttare il fatto che, con l'aumento della densità colturale permessa dal mais a taglia bassa, il mais intercetta meglio la radiazione solare anche grazie a una maggiore canopy fogliare.
I ricercatori hanno messo a confronto, nei due terreni, tre sistemi colturali: un mais a taglia alta con distanza interfila 75 centimetri e sulla fila di 16,7 centimetri, una densità di otto piante a m2; un mais a taglia bassa con tredici piante a m2, interfile standard e distanza fra pianta e pianta sulla fila di 10,2 centimetri; un mais a taglia bassa, sempre tredici piante a m2 e interfila stretta, ovvero di 50 centimetri con distanza fra pianta e pianta di 15,3 centimetri. Il sistema ha visto poi quattro diverse dosi di azoto applicate con urea in copertura.
Smart corn, i risultati delle prove
Secondo quanto osservato durante le prove, c'è una riduzione dell'altezza media della pianta di 60 centimetri e dell'altezza media della spiga di 35 centimetri. "Ciò non comporta una diversa fogliarità - ha specificato il professore - abbiamo misurato che con il sistema a taglia ridotta si ha un aumento del Leaf Area Index (Lai) rispetto al convenzionale. La copertura vegetale parte già dalle prime fasi. Già a stadio sette-otto foglie noi abbiamo un 10% in più di copertura al suolo della canopy, e ciò fa parte del discorso di un uso migliore delle risorse. La radiazione a fine maggio/inizio giugno sta crescendo e con questa copertura del suolo utilizziamo meglio la radiazione. Il miglior uso della radiazione continua in fase di riempimento. Vediamo come complessivamente, con la densità più fitta, si ha maggior copertura del suolo e maggiore attività fotosintetica", ha aggiunto Massimo Blandino.
Guardando poi a risultati in termini produttivi dello smart corn a taglia bassa, "i dati raggruppati dei due anni, nei due areali con terreno sciolto e con terreno a medio impasto, hanno evidenziato un +25% di produzione. Come si è creato però questo vantaggio rispetto agli ibridi convenzionali? Il vantaggio è dovuto a un maggior numero di piante e un maggior numero di spighe a metro quadro. Abbiamo infatti otto spighe a metro quadro contro un po' meno di tredici nel mais a taglia ridotta. Il punto debole è il peso mille semi, di qui l'importanza di nutrire in maniera ottimizzata per garantire il riempimento. I sistemi con mais a taglia ridotta infatti - ha continuato il professore - hanno evidenziato un contenuto di clorofilla più basso rispetto ai convenzionali a parità di dosi d'azoto. Abbiamo notato però, soprattutto nel 2024, che lo smart corn mostra una crescita lineare, ovvero reagisce molto alla disponibilità di azoto".
Durante la Giornata del Mais 2025 di Bergamo sono stati presentati anche i risultati di una prova condotta, sempre per valutare Preceon - Smart Corn System, nel 2022 al Cerzoo, il Centro di Ricerche per la Zootecnia e l'Ambiente dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. La prova ha confrontato l'utilizzo di trinciato per l'alimentazione di bovine in lattazione, ad alta produzione. Da un lato il trinciato di mais convenzionale, dall'altro trinciato di mais Smart Corn System, stessa classe Fao. La prova nutrizionale è durata tre mesi per valutare le performance produttive delle vacche. È stato possibile monitorare il comportamento alimentare delle vacche, quindi numero di pasti, frequenza, tempo di ingestione per pasto, sostanza secca ingerita.
A presentare i risultati della prova scientifica c'era il professore Antonio Gallo dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Ciò che i ricercatori hanno potuto verificare è che il mais a taglia bassa ha prodotto piante migliori a livello di fibra, quindi c'è stato un aumento della digeribilità complessiva dell'insilato. Gli animali hanno prodotto 2,4 chilogrammi in più di latte al giorno (42,66 chilogrammi con l'insilato convenzionale e 45,06 chilogrammi con l'insilato da smart corn). La feed efficiency, ovvero il rapporto fra quantità d'insilato ingerito e parte assimilata dall'animale, è migliorata (+12,07%). Con l'insilato da smart corn gli animali hanno mangiato 3,20 chilogrammi per pasto contro i 3,78 chilogrammi dell'insilato convenzionale, i pasti al giorno sono stati un numero maggiore (8,31) con l'insilato da smart corn contro i 7,40 pasti con l'insilato convenzionale. Sostanzialmente quindi le vacche hanno prodotto più latte, consumando meno insilato al giorno.
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Autore: Barbara Righini