Cappero, consigli agronomici per coltivarlo
Questa coltura, seppur di nicchia, può essere remunerativa nelle giuste condizioni. Panoramica agronomica su specie, varietà, tecniche colturali, raccolta e qualche consiglio per gli hobbisti
Il genere Capparis comprende molte specie che crescono spontaneamente negli areali mediterranei (Foto di archivio)
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Pungente, salato e amarognolo: potremmo descrivere così il cappero, frutto (e non solo) di un piccolo arbusto a portamento prostrato ricadente che fa parte della famiglia delle Capparaceae.
Cresce spontaneamente negli areali mediterranei, ma viene anche coltivato, specialmente nel Centro e Sud Italia con una superficie dedicata di circa mille ettari (fonte: Slow Food Foundation for Biodiversity) e sebbene sia una coltura di nicchia è un vero e proprio simbolo gastronomico del made in Italy.
Il valore commerciale combinato con la rusticità intrinseca potrebbe rendere questo arbusto un'interessante alternativa di reddito per gli areali coltivati più marginali. Per poterlo coltivare al meglio però l'agricoltore deve conoscerlo a fondo. In questo articolo quindi si approfondiranno tutti gli aspetti principali che vanno dalla botanica alle specie più diffuse, dalla coltivazione fino alla raccolta e anche qualche curiosità per gli hobbisti.
Cappero o cucunci?
Il cappero è una pianta a un portamento cespitoso, con un fusto ramificato e rami striscianti o ricadenti. Le foglie sono rotondeggianti, finemente pelose, di consistenza carnosa e in genere hanno alla base due stipole trasformate in spine.
I fiori presentano quattro petali di colore bianco-rosati con al centro un ciuffo di stami rosa o rosso-violacei. Ed è dai boccioli fiorali chiusi che deriva il classico cappero, piccolo e tondo, conservato sotto sale o aceto.

Fiore del cappero
(Fonte: © bennytrapp - Adobe Stock)
Il frutto invece è una capsula verde oblunga, con una polpa rosacea che contiene tanti semi neri o gialli di piccole dimensioni. La capsula resta attaccata alla pianta tramite un peduncolo lungo 2-3 centimetri. I frutticini vengono chiamati anche cucunci, cucuncio o cappero grande e vengono conservati con il peduncolo attaccato sotto sale o aceto.
In poche parole, la differenza sostanziale fra il cappero e il cucunci è che il primo deriva dai boccioli fiorali, mentre il secondo è il frutto vero e proprio.
Specie e varietà
Il genere Capparis comprende moltissime specie, che a loro volta includono sottospecie e varietà in base all'areale di crescita. Per comodità di seguito si nominano le specie, con annessi sottogruppi, più conosciute in Italia, suddividendole in base alla presenza o meno di stipole modificate.
Capperi con spine
Capparis spinosa è la specie maggiormente commercializzata nel bacino mediterraneo e di cui fa parte il pregiato cappero di Pantelleria Igp. Cresce spontaneamente in zone vulcaniche e su suoli costieri ed è anche la più eliofila e xerofila; tali caratteristiche la rendono idonea per essere coltivata su terreni difficili, in zone di pieno sole e con lunghi periodi di siccità. Dalle fonti botaniche la specie include una sottospecie: Capparis sicula che si distingue per alcuni tratti morfologici.
Capparis spinova var. ovata ha foglie particolarmente pelose (conosciuto anche come "cappero peloso") e i boccioli fiorali hanno una piccata forma ovale. Cresce in zone costiere e habitat aridi, ed è classificata come pianta autoctona di Sicilia e Nord Africa.
Capperi senza spine
Capparis spinosa var. inermis è una varietà della specie C. spinosa ma senza le stipole modificate. Viene coltivata per scopi ornamentali e industriali, ed è indicata per zone soleggiate tollerando molto bene la siccità e le alte temperature.
Capparis spinosa subsp. rupestris anche questa è priva di spine come la varietà precedente. È un arbusto adatto a suoli calcarei e rocciosi, purché siano ben drenati e senza ristagni di umidità.
Coltivazione, qualche consiglio
Sebbene sia una pianta rustica per ottenere un cappereto produttivo è bene che l'agricoltore segua alcuni accorgimenti agronomici mirati, possibilmente seguito da un agronomo esperto.
Seme o talea?
Il cappero si propaga per talea o per seme. Per evitare fallanze durante la messa a dimora è bene rifornirsi da vivai specializzati, in modo da acquistare materiale esente da malattie.
La propagazione per seme è poco diffusa perché le tempistiche sono particolarmente lunghe. La percentuale di germinazione è bassa, può variare dal 20% al 40%, le tempistiche di germinazione possono andare dai 20 giorni fino ai 2 mesi, ed è inoltre necessario rompere la dormienza con dei trattamenti specifici.
I semi si mettono in contenitori alveolati per la germinazione, in un substrato molto drenante (torba e sabbia o torba e pomice), e alle 3-4 foglie vere le piantine si trapiantano primavera.
La propagazione per talea invece è la pratica più diffusa: consente di accelerare la produzione e di avere piante geneticamente tutte uguali alla pianta madre di partenza (cloni). Le talee si trapiantano in gennaio-febbraio a 30-35 centimetri di profondità e poi potate drasticamente per stimolare il ricaccio di gemme. La densità di impianto consigliata è fra le 3mila e le 6mila piante ad ettaro, ma nelle zone più aride si può ridurre a 2mila-3mila piante ad ettaro.
Ambiente pedoclimatico
La coltura si sviluppa meglio se coltivata su terreni leggeri, alcalini o sub-alcalini (pH 7-8,5), sabbiosi o sabbiosi-limosi. Cresce bene anche su suoli sassosi, poveri di sostanza organica e moderatamente salini. L'importante è evitare suoli con pH acido ed eccessivamente fertili e pesanti, perché è molto suscettibile ai ristagni idrici che possono causare anche la morte per asfissia radicale.
L'esposizione ideale per un cappereto è in pieno sole. Tollera bene i venti salmastri, caldi e secchi che aiutano inoltre a scongiurare eventuali marciumi. Assolutamente da non posizionare in zone ombreggiate e con un'alta percentuale di umidità, per esempio il fondovalle o areali soggetti a nebbie frequenti.
Se posizionato correttamente a livello pedoclimatico il cappereto può superare senza grandi difficoltà gli inverni più freddi.
Concimazione
Per quanto riguarda la nutrizione il cappero non necessità di particolari attenzioni. In genere si consiglia l'apporto di sostanza organica con letame e/o sovescio, non solo per migliorare la fertilità ma anche la struttura del terreno. Oppure, esistono in commercio diversi formulati organo-minerali specifici per fornire un corretto apporto di azoto, fosforo e potassio.
Infestanti e insetti patogeni
Per diminuire la competizione fra la coltura principale e le infestanti è consigliato tenere il terreno di coltivazione il più possibile pulito con sarchiature periodiche.
Mentre i patogeni più comuni di questa specie sono la cecidomia, la mosca del cappero e la tortrice del cappero. Per tenerli sotto controllo in commercio sono disponibili insetticidi specifici e trappole con attrattivi per la cattura massale, ma è importante usare anche trappole per il monitoraggio per capire qual è il momento migliore per intervenire.
Irrigazione
Visto che il cappero soffre gli eccessi idrici l'irrigazione è bene che sia limitata e oculata, per esempio usando la microirrigazione a bassa pressione per localizzare al meglio l'acqua e ottimizzarne l'utilizzo.
Si può usare anche la pacciamatura come copertura del suolo per trattenere l'umidità, limitando l'evaporazione dell'acqua.
Potatura
La potatura viene eseguita durante il riposo vegetativo (gennaio-febbraio) prima della ripresa vegetativa.
Si eliminano i rami secchi non più produttivi, lasciando solamente i rami dell'anno lunghi circa 10-15 centimetri. La capitozzatura del giovane ramo favorisce lo sviluppo di germogli più vigorosi con una migliore produzione di fiori e frutti.
Una potatura costante ringiovanisce e rinvigorisce le piante, mantenendole produttive e sane.

Il cappero cresce spontaneamente su suoli sassosi e poveri in zone costiere
(Fonte: © Roberto - Adobe Stock)
La raccolta
La raccolta dei boccioli fiorali e dei cucunci avviene da metà giugno a fine agosto, nelle ore più fresche della giornata, ed è completamente manuale.
La raccolta manuale da un lato è determinante per non rovinare il prodotto, ma dall'altro lato è un forte limite per la filiera a causa della mancanza di manodopera. La stessa Cooperativa Capperi di Pantelleria quest'anno ha sottolineato la difficoltà delle aziende nel reperire raccoglitori specializzati, una situazione che ha ridotto le quantità e la disponibilità di prodotto conferito e disponibile sul mercato.
Attenzione però, i capperi non vanno consumati subito dopo la raccolta perché contengono sostanze molto amare. Devono prima essere lavorati con una serie di passaggi: maturazione in sale grosso, rimescolamento, scolatura, seconda maturazione in sale grosso, secondo rimescolamento e infine confezionamento.
Il cappero si può coltivare in vaso?
Sì, questa specie può essere coltivata tranquillamente dagli hobbisti a scopo ornamentale.
Per la coltivazione in vaso si consiglia di scegliere un contenitore di grandezza adeguata a favorire la crescita della pianta e un substrato drenante che abbia una percentuale di sabbia. È consigliato anche controllare regolarmente il substrato per assicurarsi che non sia troppo secco, in modo da mantenere la pianta idratata vista la limitazione radicale data dal vaso stesso.
Le altre cure colturali sono circa le stesse descritte nei paragrafi precedenti.
Autore: Chiara Gallo