Reportage

Olivo, fotografia di una crisi

Produzione di olive quasi dimezzata per il 2018: le principali cause il cambio climatico e la Xylella. Ma la crisi del sistema arriva da più lontano. Siamo al punto più basso ed è necessario rialzare la testa in fretta

Olivo, fotografia di una crisi - Plantgest news sulle varietà di piante

Il simbolo del made in Italy e del buon cibo italiano è a rischio, così come un fatturato di oltre 2,5 miliardi di euro

Fonte immagine: © Upzotova - Pixabay

E' un'annata nera per l'olivocoltura italiana. Si stima che la produzione di olio sarà di circa 215mila tonnellate, la metà di quella dell'anno scorso visto che nel 2017 il volume di olio prodotto è stato di 429mila tonnellate. Un dato peggiore delle previsioni precedenti che indicavano un calo del 38% (Fonte Coldiretti). Per Unaprol si parla di perdite per 120 milioni di euro. Tutto questo è legato principalmente alle avversità atmosferiche che si sono succedute quest'anno (ad esempio piogge torrenziali, grandine con chicchi più grandi della norma, tempeste di ghiaccio durante il periodo della fioritura), simbolo di un importante cambiamento climatico in corso. Senza dimenticare che il peso della Xylella fastidiosa inizia a farsi sentire sul volume prodotto dal nostro Paese.
 
Uno dei simboli del made in Italy e del buon cibo italiano è a rischio. E' con esso tutto un settore che conta su oltre 10mila dipendenti diretti e un’indotto ed un fatturato di oltre 2,5 miliardi di euro. La posta in gioco è alta ed il baratro sembra sempre più vicino. La redazione di Plantgest ha chiesto a Riccardo Gucci, presidente dell'Accademia nazionale dell'olivo e dell'olio, di farci capire meglio qual è la situazione del comparto e di darci indicazioni per il futuro. "La campagna in corso - spiega Gucci - registra previsioni negative per il raccolto di olive da olio nel sud Italia. Il trend non cambia per l'Italia settentrionale e centrale, anche se la situazione è leggermente migliore. E' evidente che la situazione generale non sarà soddisfacente dal punto di vista quantitativo".

 
Oliva da olio pronta ad essere raccolta e spremuta

L'intero comparto strategico dell'olio vale circa 2,5 miliardi di euro 
(Fonte foto: © Ulleo - Pixabat)
 

All'orizzonte un nuovo piano olivicolo 

Il 9 ottobre 2018 il sottosegretario alle Politiche agricole Alessandra Pesce, durante la presentazione della nuova nata Italia olivicola (organizzazione che riunisce oltre il 50% della produzione olivicola italiana) - ha annunciato un nuovo Piano olivicolo nazionale. "Mi impegno personalmente - spiega Pesce - a convocare il 'Tavolo olivicolo' sulla cui base verrà elaborato il nuovo Piano olivicolo nazionale, entro il mese di novembre. E in quel tavolo presenteremo lo stato di avanzamento delle attività che sono state svolte e prenderemo tutti gli elementi per la finalizzazione delle ultime risorse che sono disponibili e quindi la pianificazione per il 2019". Abbiamo chiesto a Gucci un commento su quanto affermato dal sottosegretario. "Per la filiera olivicola questo nuovo piano olivicolo nazionale potrebbe rappresentare tutto e niente. Rispondo così perchè è già capitato che il Piano olivicolo nazionale si sia fermato all'annuncio o poco più, per cui bisogna vedere cosa vorrà dire in concreto e quali saranno le risorse che realmente verranno messe a disposizione".

La storia del Piano olivicolo nazionale nasce circa 30 anni. Già allora c'era la coscienza che l'olivicoltura nazionale aveva bisogno d'aiuto e soprattutto d'innovarsi. Sono passati diversi anni e tante promesse sono state fatte senza però che la situazione sia cambiata. "C'è assoluta necessità di rinnovare l'olivicoltura italiana - continua Gucci -. Per farlo si possono percorrere diverse strade, sia tecniche che politiche. In primis il rinnovamento passa dalla gestione dell'impianto: ad esempio utilizzare un numero di piante ad ettaro superiore a quello degli oliveti tradizionali. A seconda delle situazioni le densità ottimali sono da 300 a 500 piante oppure anche l'altissima densità con oltre 1000 alberi ad ettaro. Ma l'intensificazione colturale non si limita al numero di alberi ad ettaro: prevede anche l'impiego della meccanizzazione, forme di gestione del suolo sostenibili per la fertilità, l'irrigazione ed una difesa a basso impatto ambientale".

 
Impianto ad alta densità utile per meccanizzare le operazioni colturali

Un esempio di impianto ad alta densità in Spagna
(Fonte foto: © Vito Vitelli - vitovitelli.blogspot.com)
 

Soffrono le regioni più tradizionali

Sul crollo produttivo, rispetto al 2017, pesano le difficoltà di tre importanti Regioni olivicole italiane: Puglia -56%, Basilicata -85% e Calabria -70%. In calo anche Campania (-40%), Sicilia (-47%), Sardegna (-63%), Lazio (-29%), Umbria (-18%), Marche (-39%), Molise (-25%), Abruzzo (-12%), Liguria (-50%) ed Emilia-Romagna (-10%). Trend positivo invece per Toscana (+15%), Veneto (+35%) e Lombardia (+30).

In base ai dati previsionali pubblicati dal Coi-Consiglio oleicolo internazionale ad ottobre anche la situazione mondiale non è poi così rosea: -7,6% per un volume complessivo di 3.064.000 tonnellate di olio d'oliva. Se guardiamo ai soli Paesi membri del Coi il calo arriva all'8% per un valore di 2.882.000 tonnellate. Interessante però è il dato dei produttori dell'Ue: +1,1% per una produzione di circa 2.202.000 tonnellate. La Spagna è il Paese che è cresciuto di più (+24%) mentre in calo, oltre l'Italia naturalmente, la Grecia (-30%) e il Portogallo (-4%). Anche i nostri principali competitor mediterranei extra europei non vivono una situazione migliore della nostra, a parte il Marocco (+3,6%): Turchia -30,4%, Tunisia -57,1% e Algeria -7,3%.  

In contrazione anche la produzione delle olive da mensa. In Italia si stima una contrazione tra il 10% e il 15%, anche se al momento è difficle dare una dato esatto. A livello mondiale (Fonte dati Coi) il calo sarà di circa il 7% rispetto al 2017 con una produzione stimata di 2.735.500 tonnellate. 

 
Olive da mensa tipologia nere, pronte per essere raccolte

La Xylella da Gallipoli si sta spostando progressivamente nel nord della Puglia
 (Fonte foto: © Hans - Pixabay)
 

Fotografia della Xylella in Italia

Sono passati cinque anni da quell’autunno del 2013, in cui fu chiaro che gli olivi a Gallipoli (nel Salento), stavano morendo a causa del batterio Xylella fastidiosa. Da allora l'espansione continua inesorabile. E non sembra fermarsi. Una soluzione per eliminare la malattia non è ancora stata trovata, anche se nel frattempo sono state messe a punto tecniche per il monitoraggio e la sorveglianza della diffusione della malattia e del suo insetto vettore. "La situazione nelle province di Lecce e Brindisi è gravissima - prosegue Gucci - e lentamente l'epidemia sta avanzando verso nord. Al momento non c'è una cura. I segnali più promettenti verso la difesa vengono dall'individuazione di due varietà di olivo (FS 17 e Leccino) che tollerano il batterio e che possono essere sperimentate nei nuovi impianti". Attualmente il Cnr sta studiando quasi 460 varietà provenienti da tutte le aree olivicole del bacino mediterraneo, con 89 già in prova in pieno campo. Un altro fronte su cui si sta lavorando è la lotta biologica e genetica: dall'uso di molecole ad azione insetticida contro il vettore, a colture repellenti, alle piante 'trappola' o 'esca' fino ad insetti antagonisti autoctoni o da importare.

 

Uno sguardo al futuro

E' necessario salvaguardare l'olivicoltura made in Italy, non solo come elemento di propaganda ma anche in veste di elemento strategico. Senza dimenticare che questa azione si integra perfettamente nelle iniziative di un 'Buon Governo': modalità, reale o utopica, di governare perseguendo il bene pubblico. Così come rappresentava Lorenzetti (tra il 1338 e il 1339) nel suo ciclo di affreschi intitolato 'L'Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo', conservato nel Palazzo Pubblico di Siena. Affreschi che dovevano ispirare l'operato dei governatori cittadini che si riunivano in queste sale. "Siamo arrivati al punto più basso - conclude Gucci -. Ma allo stesso tempo vedo molti segnali positivi e di speranza nella convinzione e sensibilità degli operatori che è necessaria un'inversione di tendenza. Senza l'irreversibile declino produttivo italiano è alla porta. Nessuno può prevedere cosa succederà realmente nel prossimo futuro ma le premesse per un rilancio dell'olivicoltura italiana ci sono".

Autore: Lorenzo Cricca
© Plantgest - riproduzione riservata

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