Reportage

Cosa sarà del mais in Italia?

Tanti i problemi e tanti i dubbi. Ma è troppo importante per l'economia moderna per scomparire. La redazione di Plantgest ha intervistato alcuni protagonisti del settore per capirne presente e futuro

Cosa sarà del mais in Italia? - Plantgest news sulle varietà di piante

Negli ultimi 20 la superficie a mais in Italia è calata del 40% e la nostra dipendenza dall'estero è aumentata

Fonte immagine: © Ivan Kurmyshov - Adobe Stock

Da circa dieci anni il trend produttivo del mais in Italia è fortemente negativo. A questo si aggiungono consequenziali difficoltà commerciali ed economiche. Il settore maidicolo è quindi in crisi trascinando nelle sue difficoltà le produzioni tipiche italiane, visto che il mais rappresenta la base dell'alimentazione animale in Italia.

Sono oltre 614mila gli ettari investiti oggi a mais in Italia. È quanto emerge dai dati pubblicati da Ismea a fine novembre 2018. Siamo al punto più basso di una lunga tendenza flessiva che ha portato la superficie a mais di ridursi del 40% negli ultimi 20 anni. Nel 1999, infatti, la coltivazione del mais in Italia interessava oltre 1 milione di ettari e garantiva una produzione di circa 10 milioni di tonnellate, coprendo quasi il 90% del fabbisogno nazionale. Oggi produciamo poco più di 6 milioni di tonnellate con un livello d'importazioni più che quadruplicato rispetto a 20 anni fa. La nostra dipendenza dall'estero è aumentata esponenzialmente, passando dall'11% all'inizio del nuovo millennio al 47% nel 2017. "Le motivazioni del progressivo abbandono di questa coltura - spiega Ismea - vanno ricercate innanzitutto nelle condizioni climatiche sempre meno favorevoli e negli alti costi di produzione che hanno spinto molti agricoltori a prediligere la soia, un'alternativa spesso più remunerativa rispetto al mais. Nello stesso periodo infatti la produzione di soia è aumentata di quasi il 20%, crescita che comunque non ha consentito di soddisfare la crescente domanda interna il cui fabbisogno ha portato a un aumento dei flussi di quasi l'80% in 20 anni". (Per guardare il report completo vai sul sito di Ismea)

 
Pannocchia di mais, coltura industriale molto importante in Italia

La superficie a mais in Italia si è ridotta del 40% negli ultimi 20 anni 
(Fonte foto: ©Hans - Pixabay)


Ieri, 24 gennaio 2019, si è tenuto a Bergamo un incontro per parlare di mais. L'evento è stato organizzato dal Crea-Centro di ricerca cerealicola e colture industriali sede di Bergamo. La redazione di Plantgest.com ha chiesto a Carlotta Balconi, responsabile del Crea di Bergamo e promotrice dell'evento, di analizzare la situazione maidicola italiana. 

Qual è oggi la situazione produttiva e di mercato del mais in Italia?
"Il 2018 ha confermato il trend di contrazione delle superfici coltivate, assestandosi attorno a 610mila ettari (circa 380 mila ettari in meno rispetto al 2011). La produzione di mais ha invece mostrato nel 2018 una lieve ripresa (circa 6,2 milioni tonnellate) grazie ad un aumento delle rese in concomitanza con condizioni metereologiche favorevoli alla coltura. Il tasso di autoapprovvigionamento, prossimo al 100% nei primi anni 2000, è sceso ulteriormente arrivando nel 2018 attorno al 55% (nel 2012 era sotto il 70% e nel 2016 sotto il 60%). Contestualmente al calo di autosufficienza è in crescita l’import netto, che a partire dalla campagna 2012-13 ha mostrato una crescita progressiva con un livello massimo storico nel corso della campagna 2017-18 con circa 5 milioni di tonnellate (valore raddoppiato rispetto agli inizi del decennio quando si avevano circa 2,5 milioni tonnellate)".
 
Quali sono le prospettive per il mais per il 2019 e per il prossimo futuro?
"Il panorama che si prospetta per il settore maidicolo non è semplice. Dobbiamo sicuramente arrestare questo declino, che mette a rischio un comparto strategico per la filiera zootecnica italiana. La coltura del mais deve essere gestita con soluzioni innovative a vari livelli. Facciamo un esempio: usare una irrigazione localizzata unita alla fertirrigazione, per migliorare le performances produttive in modo sostenibile. Le tecnologie irrigue possono favorire la redditività del mais, ma devono però essere accompagnate da una rinnovata gestione complessiva della coltura (innovazioni genetiche, strumenti di programmazione aziendale, investimenti in ricerca ed innovazione tecnologica). Solo così sarà possibile tentare di rilanciare questa coltura".
 
 
Piante di mais, coltura estiva fondamentale per la zootecnia italiana

Per arrestare il declino è necessario mettere in campo soluzioni innovative
(Fonte foto: ©Aitoff - Pixabay)


Il problema delle aflatossine è sempre più attuale nel mais. Che cosa si sta facendo a riguardo e che cosa si potrebbe fare in futuro?
"E’ oramai evidente che la presenza di micotossine nel mais non può più essere affrontata con una logica di emergenza, ma va considerata come uno dei fattori da inserire regolarmente nei protocolli di produzione di questo cereale. Le 'Linee guida per il controllo delle micotossine nella granella di mais' del Mipaaft, in raccordo con le Regioni, riassumono con finalità operative i punti critici e gli interventi da fare. Ad esempio la mitigazione degli stati di stress della pianta attraverso l’applicazione delle buone pratiche agricole (Bpa) favorisce il contenimento delle aflatossine; semine tempestive e raccolte anticipate riducono la suscettibilità del mais agli attacchi di patogeni tossigeni; concimazioni equilibrate, gestione delle malerbe, l’irrigazione, gestione accurata dei residui colturali, la scelta dell’ibrido e dell’investimento giocano un ruolo fondamentale nel contenimento delle aflatossine. La lotta biologica tramite l’utilizzo di ceppi atossigeni di Aspergillus flavus costituisce uno strumento efficace".

 
Qual è la situazione sull’innovazione varietale?
"Il rilancio della coltura del mais passa necessariamente dall’innovazione varietale, utile per raggiungere obiettivi di produttività e redditività in stretta connessione con l’aspetto qualitativo e sanitario. Il panorama varietale italiano è molto ampio e diversificato, includendo un ampio numero di ibridi prodotti dalle società sementiere. Le caratteristiche che differenziano gli ibridi disponibili sul mercato spaziano dalla capacità produttiva, alla precocità, all'adattabilità ambientale, alla destinazione d’uso, alla suscettibilità a patogeni fungini ed alla contaminazione da micotossine. I fattori che concorrono alle caratteristiche sanitarie degli ibridi di mais sono molteplici: genetici (origine linee parentali), fisiologici (classi di maturità, epoca fioritura, stadio maturazione granella) e morfologici (grado copertura delle brattee; tipologia di granella, tessitura cariosside e spessore pericarpo). Anche la ricerca e l'innovazione nel settore pubblico, se adeguatamente sostenuta con progetti di ricerca mirati, potrebbe dare un contributo importante".

 
Mais e aflatossine sono un connubio sempre più frequente

L'innovazione varietale e tecnologica sono importanti per invertire il trend negeativo
(Fonte foto: ©Couler - Pixabay)
 

Anche la concia è importante

La salvaguardia del mais passa anche attraverso la concia del seme certificato, che rappresenta - come per altre colture - il  punto di partenza di ogni produzione tracciata e di qualità. E' quanto afferma Assosementi durante il suo intervento. "La concia delle sementi è un processo fondamentale per offrire agli agricoltori sementi sicure e più produttive, oltre che un valore aggiunto a tutta la filiera. Si tratta di una tecnica all’avanguardia che in maniera mirata e sicura, grazie all’applicazione sul seme di prodotti appositamente valutati e autorizzati, consente di minimizzare l’impatto della chimica sull’ambiente. Senza l’utilizzo di sementi conciate, le perdite di raccolto potrebbero essere significative".
 

Nuove varietà per vincere le sfide

Tante sono le sfide che devono essere affrontate per vincere questa 'guerra'. L'innovazione varietale rappresenta un elemento imprescindibile. Quindi è necessario avere nuovi ibridi che siano più performanti quantitativamente e qualitativamente e che meglio si adattino elle mutate esigenze. "La resa ad ettaro dell'ibrido - spiega Matteo Masin, Technology Development & Agronomy Lead di Dekalb - è ancora un criterio determinate. Ma oltre questo stanno diventando importanti anche altri aspetti, sia sulla singola pianta che sull'insieme delle piante. Mi riferisco alla singola pianta perchè in passato l’avanzamento della genetica veniva valutato ad una densità di semina costante e quindi in un contesto in cui il numero di piante su un metro quadro rimaneva fisso. L’unica modalità per aumentare il potenziale produttivo di quel metro quadro consisteva nell’avere piante che producessero più granella o massa nel caso del trinciato di mais. Recentemente Dekalb ha invece adottato un approccio che integra il potenziale dell’ibrido con la corretta densità di semina. La direzione rimane la stessa: produrre di più, ma Dekalb ha ben compreso che questo obiettivo può essere raggiunto anche trovando linee genetiche ad elevata plasticità, in grado quindi di adattarsi ad investimenti di semina più alti (fino a 10 semi a metro quadro e oltre). La formula teorica è molto semplice: piante ad alto potenziale produttivo vanno seminate alla corretta densità di semina = ottimale numero di spighe per unità di superficie e quindi maggiore resa. Se la teoria è facile, la pratica ha richiesto uno sforzo importante. I risultati che stiamo ottenendo hanno dimostrato la validità di questo approccio.


 
Pannocchia Mais, coltura erbacea estensiva, in campo di mais

La concia delle sementi permette una produzione di qualità 
(Fonte foto: ©Distal2610 - Pixabay)
 
"Ovviamente - continua Masin - (e aggiungerei sfortunatamente) la resa non dipende soltanto dal potenziale produttivo ma anche da come la pianta reagisce all’ambiente di coltivazione, oltre che alla densità di semina. Tolleranza agli stress ambientali ed ai patogeni rappresentano oggi elementi molti sfidanti per chi fa breeding. La reazione della pianta agli stress ambientali non si riflette soltanto sulla resa finale ma anche sulla sanità e qualità della granella (o del trinciato) che si raccolgono. L’aspetto sanitario legato alla contaminazione da micotossine, ha incanalato il breeding verso una genetica più sana e meno sensibile agli attacchi funginei. Anche gli aspetti qualitativi del prodotto raccolto si sono fatti via via più importanti. Ci riferiamo in particolare a granelle che abbiano caratteristiche fisiche e nutrizionali che le rendano adatte a processi di macinazione e lavorazione dedicati alle filiere del consumo umano, dove ad esempio anche la forma della cariosside è importante per ottenere un prodotto adatto agli scaffali dei supermercati".

 

L'innovazione può aiutare ed è per tutti!

E' possibile recuperare competitività anche grazie all'innovazione agrotecnica ed al miglioramento produttivo e qualitativo. L’adozione di tecnologie per l'agricoltura di precisione (ad es. l’impiego di sistemi di georeferenziazione e della semina variabile), le lavorazioni conservative costituiscono strumenti utili per favore la sostenibilità ambientale, sociale ed economica del mais e del suo settore.
"Oggi le aziende agricole italiane hanno difficoltà a fare reddito - spiega Giorgio Cassarini, responsabile marketing di Dekalb -. I costi di produzione sono sempre più alti a fronte anche di rese stabili. La tecnologia può essere quindi fondamentale per stare in piedi. Le soluzioni ci sono e non sono più fantascienza. E allora usiamole come supporto alle nostre decisioni imprenditoriali e produttive. Un primo elemento si chiama Climate FieldViewTM: mappe satellitari a frequenza settimanale che permettono di seguire lo sviluppo della coltura in campo. Un altro elemento importante è legato all'agricoltura di precisione. In quest'ottica rientra la tecnologia della semina a rateo variabile (Vsr). Questa innovativa tecnologia di semina consente di modificare la densità di semina ad ogni specifico metro quadrato di terreno, per adattarla alle varie condizioni del campo e dell'ambiente. Così siamo in grado d'aiutarti a seminare l'ibrido giusto alla giusta densità, ottenendo fino a 10 quintali ad ettaro in più a parità di condizioni iniziali".

Anche il marketing vuole la sua parte. "Nel 2019 per lanciare sul mercato due nuovi ibridi la Dekalb propone un'azione particolare: provare i nuovi ibridi e poi essere risarciti della differenza economica in caso di una resa più bassa di quella che normalmente viene coltivata. L'iniziativa si chiama 'Passa a Dekalb' e riguarda i due nuovi ibridi DKC7084 (nome commerciale dell'ibirido ER7014 e in via di registrazione) e DKC6587 (nome commerciale dell'ibirido ER76517 e in via di registrazione). Perchè in questo caso è l'innovazione che fa la differenza".

Autore: Lorenzo Cricca
© Plantgest - riproduzione riservata

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