Cresce il biologico, ma non la produzione di sementi certificate

Gli agricoltori biologici dovrebbero utilizzare sementi certificate bio, ma una mancata pianificazione delle produzioni e il sistema delle deroghe frenano la domanda. Se ne è parlato a Sana

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I numeri del settore biologico sono in crescita

Fonte immagine: © Cherries - Fotolia

Due milioni di ettari e 80mila aziende agricole coinvolte. Sono questi i numeri del settore biologico italiano presentati durante Sana, la fiera di settore che si è tenuta a Bologna ad inizio settembre. Rispetto al 2017 le superfici dedicate al bio sono cresciute del 3%, pari a 49mila ettari. Le regioni del Sud Italia guidano la classifica con la Sicilia in testa (485.356 ettari), seguita da Puglia (263.653 ettari) e dalla Calabria (200.904 ettari). Mentre per quanto riguarda le tipologie di coltivazioni troviamo in cima i prati a pascolo (540.012 ettari), le colture foraggere (392.218 ettari) ed i cereali (326.083 ettari). A queste categorie seguono, per estensione, le superfici biologiche ad olivo (239.096 ettari) e a vite (106.447 ettari).

Durante i lavori della kermesse bolognese, si è ricordato però come la filiera del biologico sia viziata da un problema di fondo: l'utilizzo di sementi o piantine non biologiche. La normativa europea prevede infatti che gli agricoltori in regime di biologico utilizzino semi o piantine provenienti da coltivazioni bio. Ma così non è.

La stragrande maggioranza degli operatori utilizza infatti sementi convenzionali facendo ricorso all'istituto della deroga. Un sistema introdotto dal legislatore per permettere l'utilizzo di sementi convenzionali, purché non conciate con prodotti non ammessi in biologico, nel caso in cui sul mercato non siano disponibili sementi certificate.

Si tratta tuttavia del classico cane che si morde la coda: la possibilità di ottenere delle deroghe scoraggia infatti gli agricoltori dall'acquisto di sementi biologiche. E l'assenza di richiesta di mercato scoraggia a sua volta le ditte sementiere dall'investire nella produzione di seme bio.

Basti pensare che tra il 2013 e il 2018 la superficie di moltiplicazione di seme destinata al bio è passata dal 3,9% al 4,9% sul totale, un 1% di aumento ben al di sotto delle potenziali richieste di un comparto che ormai coinvolge il 15,5% della Sau nazionale.

Dalla tabella che riportiamo di seguito risulta evidente come erba medica, trifoglio alessandrino e frumento duro siano le tre colture coinvolte principalmente nella moltiplicazione di seme biologico. Mentre una new entry è la soia, che dal 2013 al 2018 ha visto una crescita del 1.780%. Non ci sono invece dati ufficiali per quanto riguarda le sementi di specie ortive, perché non soggette a certificazione obbligatoria. Da una indagine di Assosementi è emerso che nel 2017 la superficie di moltiplicazione di sementi di specie ortive e aromatiche con metodo biologico ammontava a 898 ettari su una superficie totale di 21.320 ettari (appena il 4,21%). L'ortofrutta rappresenta invece la principale voce della spesa familiare in prodotti bio.

Tabella: Moltiplicazione sementi biologiche: confronto tra le principali colture, Italia 2013 e 2018
Tabella 1: Moltiplicazione sementi biologiche: confronto tra le principali colture, Italia 2013 e 2018
(Fonte tabella: elaborazione su dati Crea DC)

Insomma, a fronte di un aumento dei consumi e delle superfici destinate al biologico il settore delle sementi non tiene il passo. Secondo Assosementi il principale indiziato è il sistema delle deroghe. La tabella che riportiamo di seguito indica ad esempio il numero delle richieste di deroga e quelle concesse nel 2018. In tutte le tipologie di coltura la percentuale di deroghe concesse supera il 95%, con punte del 100% per le ornamentali da fiore.
Tabella: numero delle richieste di deroga e quelle concesse nel 2018
Fonte: Crea-DC

La situazione non sembra essere cambiata neppure con l'introduzione della nuova Banca dati sementi. Uno strumento informatico, all'interno del Sian, che ha il duplice scopo di snellire la burocrazia alla base della concessione delle deroghe e di far incontrare domanda e offerta di sementi biologiche. La Banca dati, secondo Assosementi, potrebbe aiutare in futuro a ridurre il ricorso al seme convenzionale nelle produzioni bio, ma al momento presenta forti limiti: è possibile forzare il sistema e ottenere la deroga, anche quando il seme bio è disponibile e presenta ancora rigidità funzionali che penalizzano operatori di mercato.

Una soluzione, emersa anche durante Sana, è quella di un accordo di filiera che veda coinvolte ditte sementiere e agricoltori. A fronte di una pianificazione colturale il settore sementiero potrebbe programmare la produzione e soddisfare la richiesta di semente biologica. Una strada per completare davvero la filiera e ottemperare agli obblighi di legge.

Autore: Tommaso Cinquemani

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