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Anguria, il frutto dell'estate cambia pelle

Il cocomero oggi non è più una commodity, ma un prodotto dall'alto valore. Dove sta andando il settore? Cosa serve per coltivare l'anguria?

Anguria, il frutto dell'estate cambia pelle - Plantgest news sulle varietà di piante

Cocomero senza semi di medie dimensioni e mini cocomero le tipologie per il futuro

Fonte immagine: ©Pexels - Pixabay

L'anguria o cocomero (Citrullus lanatus) in Italia è simbolo dell'estate. Un'orticola perfetta per dissetarsi nella calura estiva, grazie all’altissima percentuale di acqua ed al sapore zuccherino della polpa. Fino a qualche tempo fa il mercato delle angurie era formato quasi esclusivamente da frutti di grandi dimensioni (15-18 kg) e con semi. Negli ultimi anni però le cose sono cambiate e l'offerta si è differenziata portando al supermercato o dal fruttivendolo angurie mini o midi (2-8 kg), dolci, croccanti, a polpa rossa e possibilmente senza semi.

"La causa di questo cambiamento - spiega Andrea Benelli, amministratore delegato dell'Az. agr. Don Camillo di Brescello (Re) - è da ricercarsi principalmente nella mutazione di gusti ed esigenze del consumatore: i nuclei familiari composti da una sola persona (o da poche persone) sono in crescita, così come le persone che pranzano fuori casa a causa degli orari di lavoro e delle distanze per raggiungere il luogo di lavoro (situazione Covid 19 a parte). I prodotti monodose, quindi, sono sempre più appetibili ai consumatori".
 

La situazione in Italia

In base ai dati Faostat del 2018 l'Italia è il 19esimo Paese al mondo come produttore di angurie con 582mila tonnellate (nel 2014 erano 453mila). Al primo posto c'è la Cina con 62.803.768 tonnellate, seguita da Iran con 4.113.711 tonnellate e dalla Turchia con 4.031.175 tonnellate. Complessivamente nel mondo nel 2018 sono state prodotte 103.931.337 tonnellate su una superficie di 3.241.239 ettari. Se guardiamo al territorio nazionale, in base ai dati Istat del 2019, la coltivazione a piano campo rappresenta ancora l'80% della superficie coltivata, che è pari ad oltre 11mila ettari.

 
Cocomero o anguria di piccole e medie dimensioni e senza semi
Il consumatore vuole sempre più angurie o cocomeri piccoli e senza semi
(Fonte foto: © Az agr. Don Camillo)


"La nostra azienda - continua Benelli - ipotizza di produrre quest'anno oltre 15mila quintali di anguria, un +10% rispetto al 2019. Al momento nel sud Italia siamo in anticipo per la raccolta di circa 1 settimana e pensiamo quindi d'iniziare a fine aprile. La nostra produzione è quasi totalmente composta da mini angurie e midi angurie (il peso varia dai 2 agli 8 kg), dalla polpa rossa, dal gusto dolce e senza semi. Una scelta molto chiara e in contrapposizione rispetto alla tradizione italiana. L'85% del nostro prodotto è riservato al mercato italiano e concentrato nei mesi estivi". Un prodotto che è passato negli ultimi anni da commodity pura (il prodotto è offerto al mercato senza differenze qualitative) ad un prodotto trendy dall'alto valore aggiunto dove la differenziazione e la qualità hanno un peso importante.

Il cocomero richiede un clima temperato-caldo e può subire gravi danni già ad una temperatura di 6-8 °C. Per questa ragione va protetto dove queste condizioni non sono garantite. La semina in pieno campo viene effettuata prima della seconda metà del mese di marzo nelle regioni meridionali e prima della metà di aprile in quelle centro-settentrionali. Il terreno da preferire è quello di medio impasto, profondo, fresco, permeabile, fertile e con un pH compreso tra 6 e 7,2 (neutro o tendenzialmente acido). (Fonte foto Disciplinari Emilia-Romagna 2019 e 2020)

 
cocomero e anguria senza semi, il nuovo trend del consumatore estivo
Il cocomero o anguria senza semi oltre ad essere più facilmente consumato ha maggiore conservabilità
(Fonte foto: © Istock Photo)

Il cocomero o anguria è coltura da rinnovo. E´' ammesso il ritorno dell’anguria sullo stesso appezzamento dopo che siano intercorsi almeno 2 anni. Ed inoltre è preferibile non mettere a dimora altre Cucurbitacee prima dei due anni. La sua densità d'impianto dipende dalla fertilità del terreno e dalla vigoria della varietà: in ambienti con buona fertilità e buon vigore delle piante si possono avere circa 1.700 piante ad ettaro: 2 metri di distanza tra le piante lungo la fila e 3 metri tra le file. "Da un paio di anni - prosegue Benelli - stiamo sperimentando diverse possibilità nei vari ambienti di coltivazione, in modo tale da poter trovare per ogni areale e per le principali varietà coltivate il giusto valore ed equilibrio. Il tutto senza ridurre la qualità. Rispetto al passato il sesto d'impianto è più stretto".

E' pianta che ha bisogno di acqua: in terreni sciolti e climi aridi si rendono necessari uno o più interventi irrigui per ogni suo ciclo produttivo. Attenzione comunque agli eccessi idrici, soprattutto in prossimità della maturazione dei frutti. Per quanto riguarda la concimazione è difficile indicare una linea giuda univoca, in quanto dipende dalle disponibilità iniziali del terreno. Possiamo comunque dire che una buona concimazione organica prima dell'aratura e della lavorazione preparatoria del terreno è sicuramente condizione adeguata.

"Nel futuro - conclude Benelli - la qualità sarà sempre più importante, perché solo così è possibile creare quel valore che può essere premiato dal mercato e dal prezzo. Noi abbiamo puntato tutto su questo aspetto e crediamo che la scelta sia vincente: i frutti di grande pezzatura e con semi saranno tra poco tempo un prodotto di nicchia, capovolgendo la situazione attuale. Probabilmente dovremo riguardare un pò il concetto di stagionalità visto il cambiamento climatico in corso e di presenza sui vari e differenti mercati".

Autore: Lorenzo Cricca
© Plantgest - riproduzione riservata

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