Pera nashi: come coltivarla in Italia
Una panoramica sulle caratteristiche, le esigenze e le varietà disponibili per coltivare questa pera asiatica famosa per la sua dolcezza
Rusticità e dolcezza: queste sono le qualità principali che descrivono il pero nashi (Pyrus pyrifolia), conosciuto anche come pera-mela, pero asiatico o pero giapponese.
Oggi in Italia è annoverato fra i frutti antichi e dimenticati della cultura agraria ma in passato, quando fu introdotto fra la fine degli anni '80 e gli inizi degli anni '90, suscitò un forte interesse nei frutticoltori. Le scarse conoscenze di coltivazione però non resero gli impianti remunerativi perché producevano pere con una pezzatura non adeguata, e così fu progressivamente abbandonato.
In realtà, se gestito correttamente è un albero che non richiede grandi input agronomici e mantiene una produttività elevata. La pera poi, come spiegheremo più avanti, ha dei caratteri qualitativi che potrebbero essere interessanti per i consumatori che ancora non la conoscono. Insomma, coltivare il nashi potrebbe diversificare il reddito aziendale e fornire al mercato un prodotto distintivo e innovativo.
Per capire meglio quali sono i giusti passi per avviare un impianto di successo e valorizzare questo antico frutto AgroNotizie® quindi ha intervistato Fabrizio Oderda, co titolare dell'Azienda Trybeca di Centallo (Cn) specializzata nella coltivazione di questa frutticola.
Varietà disponibili
Esistono diverse varietà di nashi e attualmente quelle consigliate per la coltivazione in Europa includono Tama, Kosui, Shinseiki, Hosui, Nijisseiki, Shimseiki e Shinko.
A seconda della varietà la forma e il colore del frutto cambiano. Tutte però hanno in comune le lenticelle molto marcate sulla buccia, la polpa croccante e succosa e l'elevato grado Brix.
Una grande differenza poi con la pera europea è che il nashi va lasciato maturare sull'albero. Oderda spiega: "È un frutto che a differenza delle nostre pere va raccolto maturo sull'albero. È una pera che ha un comportamento un po' come la pesca, cioè gli ultimi giorni cresce e fa pezzatura". Un pomo quindi pronto al consumo!
L'Azienda piemontese coltiva tre varietà: la Try di origine giapponese, la Deli e la Plumpy di origine coreana. Queste si distinguono per il calendario di raccolta e per la qualità delle pere. "Si inizia con la varietà giapponese che è quella che forse viene consumata quando fa molto caldo, tipo settembre-ottobre, perché è molto acquosa. Mentre le coreane sono più per il mercato diciamo invernale perché sono leggermente più asciutte".
La buccia ambrata e le vistose lenticelle sono i caratteri più distintivi del nashi (Foto di archivio)
(Fonte: © Patrik Stedrak - Adobe Stock)
E la pezzatura? In media il diametro riscontrato è di 85-95 millimetri, ma se viene fatto un corretto diradamento il calibro può essere anche maggiore con frutti che pesano 600-700 grammi. Le varietà coreane sono quelle più produttive sotto questo punto di vista secondo Oderda.
Poi le varietà più tardive, cioè quelle coreane, poi si conservano mature in cella frigorifera dai 7 fino ai 10 mesi senza rovinarsi. Consentendo quindi una vendita del prodotto dilatata durante l'anno.
Clima ideale
Gli areali migliori sono quelli caratterizzati da climi miti e da estati poco torride; infatti, questo è un pero che mal sopporta il caldo estremo. Il Piemonte, per esempio, è una regione particolarmente vocata proprio per il suo clima.
In caso di estati con temperature alte e prolungate come quelle degli ultimi anni è consigliato applicare un'equilibrata potatura estiva in modo da mitigare lo stress idrico nella pianta.
Tollera invece bene gli inverni molto freddi ma è particolarmente suscettibile alle brinate tardive, soprattutto se queste si presentano durante la fioritura. La suscettibilità o meno dipende dal tipo di varietà, Oderda infatti sottolinea che le varietà di origine coreana sono più delicate rispetto alle giapponesi.
Suolo e portainnesti consigliati
Il terreno ideale per la coltivazione è quello di medio impasto, perciò leggero e ben drenato con un pH acido (5,5-6,0). Una buona scelta del portainnesto poi determina la vigoria dell'apparato radicale e della pianta stessa.
Il nashi a differenza del pero europeo non è compatibile con il cotogno, perciò, i portainnesti franchi disponibili sono Pyrifolia, Pyrus betulifolia e Pyrus betulifolia calleriana. "Sono tre portainnesti molto vigorosi e quindi piante molto robuste. Questo è tipico del pero perché il franco spinge molto come portainnesto" spiega Oderda.
Inoltre, la scelta dell'apparato radicale influenza la longevità dell'impianto: "I nostri impianti più vecchi sono dell'88 e sono ancora lì, hanno quindi una vita abbastanza lunga. Un errore che era stato fatto negli anni '80 era di non aver messo la varietà sui portainnesti adatti".
Tecniche colturali
Per la forma di allevamento questa va scelta in base all'areale di coltivazione e alle esigenze aziendali. Generalmente il nashi si presta a diverse forme obbligate in parete.
Non è autofertile quindi bisogna valutare di inserire nell'impianto altri Pyrus impollinatori per la buona riuscita della produzione.
Essendo una pianta molto vigorosa è consigliato fare un diradamento consistente per ottenere un corretto equilibrio vegeto-produttivo, questo perché in alcune varietà non avviene la cascola naturale dei frutti. Il diradamento in genere è di tipo manuale e non chimico perché su questa pianta tende a non funzionare.
Poi il piano irriguo va deciso in fase di pre impianto e consultandosi con un agronomo esperto per evitare stress idrici in eccesso o in difetto nelle fasi più delicate del ciclo colturale. Si predilige come sistema irriguo quello a goccia, lo stesso usato anche per il pero europeo, che Oderda usa da più di dieci anni negli impianti.
Invece per la concimazione bisogna prestare particolare attenzione: ci deve essere un buon equilibrio fra i macronutrienti quali magnesio, potassio e calcio. Squilibri nella concimazione, infatti, possono rendere la pianta più suscettibile alle malattie e scatenare altre carenze nelle annate successive.
Oderda dice che nei primi anni di coltivazione del nashi hanno fatto diverse prove prima di trovare la giusta ricetta nutritiva: "Adesso è facile dirlo ma 15-20 anni fa è stata un po' più dura del normale perché non sapevi e sbagliavi. Un anno abbiamo messo per esempio troppo potassio e la pianta è andata in crisi di magnesio, quindi deve avere un buon equilibrio".
Ma qual è la resa media per ettaro in un impianto gestito correttamente? "Più o meno 400-420 quintali a ettaro".
Fitopatologie e protezione
Anche per il pero asiatico l'insetto fitofago principale è la cimice asiatica (Halyomorpha halys). Per contrastarla il frutticoltore può utilizzare reti anti insetto che non risolvono del tutto il problema ma almeno mitigano i danni alla produzione.
Altri insetti dannosi sono la Cydia molesta e la Cydia pomonella (o carpocapsa) che si possono contenere tramite la confusione sessuale. In genere, comunque, eccetto la cimice asiatica è una frutticola che non subisce grossi attacchi: "La psilla, ad esempio, l'abbiamo vista i primi tre anni. Diciamo che è molto resistente a certi tipi di avversità".
Per quanto riguarda i funghi patogeni principali alcune varietà sono molto resistenti alla ticchiolatura. "Tutte e tre le varietà sono resistenti però in particolare quelle coreane, che sono la Deli e la Plumpy, sono immuni dalla ticchiolatura. È successo che un anno ho preso un po' di ticchiolatura sulla varietà giapponese ma su quelle coreane non si è mai vista". Inoltre, non sono mai stati riscontrati attacchi di Alternaria.
Fra le avversità quella più preoccupante per i pericoltori è sicuramente il colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora). Al momento Fabrizio Oderda non ha riscontrato negli impianti infezioni pericolose ed estese e consiglia di acquistare sempre materiale certificato ed esente da fitopatologie.
AgroNotizie® è un marchio registrato da Image Line® Srl Unipersonale
Autore: Chiara Gallo