Noccioleto grandinato, tre strategie di recupero a confronto

A causa dei cambiamenti climatici le grandinate si stanno facendo sempre più frequenti ed intense, con pesanti ripercussioni sulla produttività dei corileti. Insieme alla Fondazione Agrion facciamo il punto su quali sono le diverse strategie per recuperare un noccioleto colpito dalla grandine

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Sono ben visibili i danni provocati dalla grandine alla pianta di nocciolo

Fonte immagine: Fondazione Agrion

I cambiamenti climatici stanno rendendo gli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti e intensi. Tra questi, le grandinate rappresentano una delle principali minacce per le colture arboree, come ad esempio il nocciolo. La grandine può infatti causare danni significativi, compromettendo la produzione dell'anno e mettendo a rischio la vitalità dell'intero impianto.

 

Le grandinate più intense possono provocare la completa defogliazione delle piante e la rottura di rami e branche, sia nelle parti più alte che in quelle più basse. Inoltre, i chicchi più grandi possono rompere la corteccia, lasciando il legno vivo esposto a infezioni fungine e ad altri agenti patogeni.

 

"Dopo la grandinata del 6 luglio 2023 a Cortemilia (Cuneo), abbiamo osservato danni senza precedenti nel nostro areale", ci spiega Lorenzo Brigante, tecnico della Fondazione Agrion ed esperto di corilicoltura. "Le piante erano completamente defogliate e con gravi lacerazioni, anche nei rami di diametro maggiore. Abbiamo dunque selezionato un corileto particolarmente colpito per mettere a confronto diverse strategie di intervento".

 

Le dimensioni dei chicchi di grandine erano particolarmente elevate, 5-7 centimetri

Le dimensioni dei chicchi di grandine erano particolarmente elevate, 5-7 centimetri

(Fonte foto: Lorenzo Brigante della Fondazione Agrion)

 

Le strategie di recupero: tre opzioni a confronto

Di fronte a un noccioleto gravemente danneggiato, l'agricoltore può adottare diverse strategie per il recupero dell'impianto. La Fondazione Agrion ha avviato una sperimentazione su un corileto colpito da grandine a Cortemilia per valutare l'efficacia di tre diverse soluzioni:

  • Nessun intervento (testimone).
  • Capitozzatura a circa 60 centimetri dal suolo.
  • Taglio netto a livello del suolo (ceppaia).

 

Vediamo ora quali sono i pro e i contro dei tre differenti approcci.

 

Nessun intervento: recupero naturale ma con rischi di rotture

La prima strategia prevede di lasciare che la pianta si riprenda autonomamente, senza potature drastiche. Nei mesi successivi la grandinata, le piante hanno ricostituito una buona copertura fogliare e hanno iniziato a cicatrizzare le ferite. Tuttavia, come evidenzia Brigante, "il legno compromesso dalla grandine è rimasto molto fragile. In caso di neve o vento forte, il rischio di rotture è elevatissimo".

 

Nonostante infatti le ferite sui rami si siano cicatrizzate, la struttura della pianta è stata compromessa dalla grandine. Basta una leggera pressione perché il legno ceda. Il rischio quindi è che in caso di fenomeni intensi l'agricoltore perda gran parte della produzione.

 

Basta una leggera pressione per rompere i rami danneggiati dalla grandine

Basta una leggera pressione per rompere i rami danneggiati dalla grandine

(Fonte foto: Lorenzo Brigante della Fondazione Agrion)

 

Capitozzatura: una soluzione con criticità inaspettate

La seconda strategia consiste nel tagliare i rami a circa 60 centimetri dal suolo, mantenendo la base delle branche. Questa opzione, in teoria, permette alla pianta di ripartire velocemente. Tuttavia, i risultati della sperimentazione hanno mostrato alcune problematiche inattese. "Pensavamo che la ripresa vegetativa fosse vigorosa, ma in realtà è stata piuttosto stentata", afferma Lorenzo Brigante. "Inoltre, abbiamo osservato un'elevata incidenza di attacchi fungini, probabilmente dovuti alle ferite combinate della grandine e della potatura".

 

L'ipotesi dei tecnici è che la pianta abbia subìto uno stress eccessivo a causa della combinazione di danni preesistenti e della potatura, con conseguente proliferazione di agenti patogeni come Armillaria mellea. Nonostante l'applicazione di mastici cicatrizzanti e trattamenti rameici, la protezione si è rivelata insufficiente.

 

Taglio a ceppaia: il miglior compromesso tra recupero e produttività

Il terzo approccio, il taglio a livello del suolo, ha dato i migliori risultati in termini di ripresa vegetativa e sanità delle piante. "Abbiamo registrato una crescita vigorosa dei nuovi polloni, con piante che in poco più di un anno hanno superato i 2 metri di altezza", sottolinea Brigante. A differenza delle piante capitozzate, quelle tagliate a ceppaia non hanno subìto attacchi fungini rilevanti.

 

Dal punto di vista produttivo, il taglio a ceppaia comporta la perdita del raccolto per alcuni anni, ma consente di ricostituire un impianto sano e vigoroso. Considerando che le radici sono già ben sviluppate, la pianta è in grado di tornare in produzione entro tre-quattro anni, un tempo sensibilmente inferiore rispetto ai cinque-sei anni richiesti da un nuovo impianto.

 

Nocciolo: differenze sulla gestione

Nocciolo: differenze sulla gestione

(Fonte foto: Lorenzo Brigante della Fondazione Agrion)

 

Considerazioni economiche e operative

Ogni strategia ha costi e aspetti negativi e positivi per l'azienda agricola. Il mancato intervento comporta rischi strutturali elevati, mentre la capitozzatura può generare problemi sanitari. Il taglio a ceppaia comporta molto lavoro e un fermo produttivo elevato, ma garantisce un impianto rinnovato.

 

Per agevolare l'operazione di taglio nel terzo scenario, si possono utilizzare attrezzature meccanizzate come pinze idrauliche montate su escavatori. "Noi abbiamo operato manualmente, impiegando circa 20-25 minuti per pianta, ma con mezzi meccanici i tempi si riducono di oltre il 50%", suggerisce Lorenzo Brigante.

 

Quale scelta fare?

Bisogna dire che ogni agricoltore deve scegliere l'approccio che meglio si adatta alla propria azienda e che non esiste una soluzione che vada bene in tutti gli scenari. Fatta questa premessa, dalla sperimentazione di Agrion emerge che il taglio a ceppaia è l'opzione più efficace per garantire un recupero duraturo e una riduzione dei rischi fitosanitari. Sebbene rappresenti un intervento drastico e dispendioso in termini di tempo, questa soluzione permette di ottenere un impianto sano e produttivo nel medio termine.

 

Un'ulteriore possibilità è quella di procedere per lotti, rinnovando gradualmente il noccioleto nel corso di più anni, per distribuire il costo e mantenere comunque una quota di produzione. In ogni caso, la tempestività dell'intervento e la gestione delle ferite post grandine sono fondamentali per limitare le perdite economiche e garantire il futuro del corileto.

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Autore: Tommaso Cinquemani

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