Castagneto, come recuperarlo? Tecniche e strategie utili

Un castagneto abbandonato può tornare a essere competitivo: primi passi per il recupero. Con la gestione agronomica adeguata si può ottimizzare la produttività, valorizzare il prodotto locale e contrastare l'abbandono rurale

Castagneto, come recuperarlo? Tecniche e strategie utili - Plantgest news sulle varietà di piante

Il castagno si è diffuso in tutta Italia grazie a una mirata domesticazione, che ha favorito la creazione di un ampio numero di varietà di pregio (Foto di archivio)

Fonte immagine: © Dan74 - Adobe Stock

In Italia il castagno (Castanea sativa) ha svolto un ruolo essenziale per l'economia delle popolazioni dei territori montani e collinari. La castagna, coltivata in tutta Italia, ha garantito per generazioni la produzione di cibo.
Questa diffusione è stata favorita da una virtuosa domesticazione, che ha portato alla selezione e alla valorizzazione di un'ampia gamma di varietà da frutto di pregio adattabili e produttive nelle diverse condizioni pedoclimatiche.

 

Si può quindi affermare che esiste uno stretto rapporto fra la selva castanile da frutto e l'uomo. Tuttavia, i cambiamenti socioeconomici e la presenza di gravi problematiche fitosanitarie hanno causato nel tempo l'abbandono ovvero la conversione in cedui. Solo a partire dagli Anni '80 circa c'è stata una lenta ma decisa ripresa delle selve castanili che ha stimolato le operazioni di recupero e gli investimenti in questo settore.

 

Ma come si recupera un castagneto da frutto? AgroNotizie®, in collaborazione con la Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana, ha intervistato Raffaello Giannini, accademico emerito dell'Accademia dei Georgofili, per una vera e propria panoramica dalle tecniche agronomiche alle varietà, fino alle criticità e agli spunti sulla filiera.

 

La Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana si adopera per sviluppare la cooperazione scientifica e tecnica tra il mondo della ricerca, gli imprenditori ed i professionisti del settore ortoflorofrutticolo interessando con le sue azioni ed attività un ampio settore dell'agricoltura che include le colture arboree da frutto e da legno, le piante ortive, le colture floricole, le piante ornamentali, il vivaismo, i tappeti erbosi e la gestione del paesaggio e la tutela degli spazi a verde, con il fine ultimo di favorirne il progresso e la diffusione.

 

Castagno da frutto: estensione, dati e prospettive

Ad oggi i soprassuoli di castagno si possono suddividere in tre grandi tipologie: selve castanili più o meno "coltivate", selve castanili abbandonate in fase di naturalizzazione e boschi cedui per produzione legnosa. Nello specifico, per le selve castanili da frutto non si ha una valutazione puntuale della loro attuale estensione.

 

"Il castagno è presente in tutte le Regioni del nostro Paese. È stato il risultato del lavoro millenario intrapreso e descritto (selve e boschi cedui) dall'uomo fin dall'epoca romana. Questo intervento spazio/tempo ha coinvolto nel suo complesso la piantagione di ben oltre 120 milioni di alberi. Sarebbero stati molti di più se il castagno non fosse così longevo: raggiunge facilmente i 500 anni. - spiega Raffaello Giannini - Da ciò emerge manifesto un rapporto intimo tra la presenza della selva castanile e la vita vissuta dell'uomo in esso compenetrata. Questo fatto di comunione racchiude un significato che si manifesta in uno specifico profilo culturale che ha radici profonde nella quotidianità della vita, nella storia e nelle tradizioni. Ciò non ha riscontro nella coltivazione in altre specie forestali".

 

L'Inventario Nazionale delle Foreste e dei Serbatoi Forestali di Carbonio indica un valore di circa 148mila ettari e le Regioni più castanicole sono Campania, Toscana, Piemonte ed Emilia Romagna. Molte delle discordanze sui dati sono imputate alla diversità del tipo colturale che resta legato all'intensità di coltivazione o alla modalità d'uso, difatti è molto frequente il caso in cui si opera alla sola raccolta del frutto.

 

Si aggiunge a questo il calo della produzione nazionale di castagne, che obbliga il mercato diretto e l'industria di trasformazione a rifornirsi all'estero, rinunciando così al valore aggiunto delle varietà locali.

 

Giannini però precisa: "La produzione del frutto, e anche del legno, suscita sempre interesse e non tutta la popolazione ha abbandonato i territori dedicati a questa coltura. Inoltre, si continuano a diffondere e sostenere i concetti di sostenibilità, conservazione dell'ambiente, storia e tradizione".

 

"Inoltre il Piano Nazionale del Settore Castanicolo elaborato dal Masaf del 2010/2013, indica le linee prioritarie definendo gli obiettivi strategici tesi a migliorare la competitività delle filiere castanicole. Per il loro sostegno si fa riferimento ad azioni chiave in cui, nel caso della produzione del frutto, da una parte vi sono azioni dirette alla tutela dell'integrità delle selve castanili e alla loro ristrutturazione; dall'altra azioni finalizzate alla realizzazione di nuovi impianti. Per i nuovi impianti al primo posto sono collocati quelli realizzati con cultivar di pregio italiane di Castanea sativa. Si ricorda che il Piano ha consentito l'avvio delle ricerche finalizzate al contenimento dei danni determinati dagli attacchi del cinipide".

 

Gestione agronomica: qualche consiglio

Durante il recupero il castagno va gestito in modo da aiutarlo ristabilire un certo equilibrio vegeto produttivo, visto l'abbandono e la presenza nell'ecosistema forestale delle fitopatologie principali.

 

In questo paragrafo si elencano quali operazioni di ripristino bisogna svolgere in una selva castanile. Si sottolinea che tali operazioni non solo uguali per tutte le zone di coltivazione, perché dipendono dalla presenza della vespa cinese e dalle caratteristiche stazionali del luogo (accessibilità e pendenza).

 

Pulizia e innesto

Dopo aver sistemato e migliorato, laddove è possibile, la viabilità interna il castagneto deve essere ripulito da castagni troppo vecchi e/o poco vigorosi. Si elimina anche la vegetazione invadente, sia arborea che arbustiva, per abbassare la competizione fra le piante per i nutrienti, l'acqua e la luce.

 

Per sostituire gli alberi deperiti e/o poco vigorosi, oppure per ampliare la superficie del castagneto, si possono innestare castagni nati da seme o polloni nati da ceppaia (quelli più vigorosi e sani). L'innesto è una pratica fondamentale per propagare varietà di pregio, come i marroni.

 

Per questa specie le tipologie  di innesto consigliate sono a doppio spacco inglese, a spacco pieno, a triangolo, a zufolo perché occorre limitare le ferite nei tessuti in modo che si chiudano con più facilità. In questo modo si abbassa la probabilità di infezioni da parte dei funghi patogeni, ed è indispensabile proteggere i tagli con appositi mastici.

 

Le marze infine devono essere certificate, ovvero prelevate nell'ambito di centri di conservazione del germoplasma, ben sviluppate e disinfettate per evitare la propagazione di malattie. Importante poi è la protezione dell'epibiota per i primi anni dopo l'innesto.

 

Potatura

Si interviene sui castagni applicando i criteri della potatura invernale cercando di abbassare la chioma, eliminando le parti secche e morte e i rami concorrenti.

 

In genere, non si consigliano interventi drastici, come la capitozzatura, per non indebolire troppo l'albero. Tagli intensi si consigliano solo nel caso in cui ci sia un'alta pressione da parte del cinipide, per stimolare la formazione di giovani rami, tenendo comunque un buon equilibrio vegetale della chioma.

 

Una corretta potatura porta numerosi vantaggi: si abbassa la competizione fra gli alberi cresciuti troppo vicini fra loro, migliorando così l'illuminazione delle zone più interne della chioma. Viene stimolato il risveglio delle gemme dormienti, con la formazione di nuove e giovani foglie. Si eliminano le branche morte per cancro o altri fattori, riducendo il rischio di cedimenti che sono pericolosi per l'agricoltore.

 

Inoltre, l'operatore dovrebbe con questa pratica ottimizzare l'accessibilità alla pianta per garantire interventi mirati e gestibili nel lungo periodo.

 

Sostanza organica e concimazioni

In castagneto non è necessario intervenire con le concimazioni, fatta eccezione quando l'albero è estremamente sofferente e deve riacquistare vitalità. In questo caso bisogna optare per concimi organici, come la pollina e prodotti ricchi di micronutrienti, da apportare solo alla singola pianta. I concimi di sintesi invece, sono da evitare perché potrebbero influenzare negativamente i microrganismi terricoli.

 

Ci sono però alcune pratiche che si possono attuare per mantenere la fertilità del suolo:

  • raccogliere e accumulare foglie e ricci caduti da trasformare in compost;
  • lasciare il materiale vegetale caduto sotto l'albero per poi raccoglierlo e accumularlo assieme agli sfalci estivi, da trasformare in compost. 

Queste tecniche favoriscono l'apporto e l'accumulo di sostanza organica nel sottosuolo, riducendo il rischio di carenze nutritive, soprattutto in presenza di ripetuti attacchi di cinipide nel corso degli anni. Questo insetto patogeno, infatti, provoca una riduzione della massa fogliare, limitando il materiale vegetale restituito al suolo e, di conseguenza, la disponibilità complessiva di sostanza organica.

 

Oltre a rilasciare lentamente i nutrienti, la sostanza organica migliora la capacità di ritenzione idrica del suolo, aiutando l'albero a sopportare meglio i periodi di siccità prolungata.

 

La ricchezza genetica e la sua tutela

"L'interesse secolare verso la produzione del frutto ha consentito la selezione e la diffusione, tramite la moltiplicazione vegetativa, di numerose varietà a livello locale. - dice Giannini - Nel tempo l'uomo ha selezionato a livello fenotipico per le caratteristiche della castagna (consumo fresco o trasformazione in farina) e per l'adattamento alle condizioni ambientali".

 

La Comunità Europea ha riconosciuto all'Italia 15 eccellenze castanicole con il marchio Denominazione di Origine Protetta (Dop) e Indicazione Geografica Protetta (Igp)

Nelle Dop ci rientrano il Marrone di San Zeno, il Marrone di Caprese Michelangelo, la Castagna di Vallerano, la Farina di Neccio della Garfagnana e la Farina di castagne della Lunigiana. Mentre per le Igp ci rientrano il Marrone del Mugello, il Marrone di Castel del Rio, il Marrone di Roccadaspide, il Marrone del Monfenera, il Marrone di Combai, Il Marrone della Valle di Susa, il Marrone di Serino, la Castagna del Monte Amiata e la Castagna Cuneo.

 

Vi è quindi un'ampia ricchezza genetica di Castanea che dev'essere il più possibile conservata e tutelata: "La salvaguardia dovrebbe essere rivolta con particolare attenzione alle selve e anche alle singole piante vetuste, dette 'Patriarchi'. Questi ultimi essendo ancora presenti, con secoli di vicissitudini climatiche da raccontare, possono essere considerati marcatori di adattamento e sopravvivenza per comprendere gli effetti dei cambiamenti globali".

 

Sfide e opportunità per rilanciare il settore

Di seguito si elencano le principali criticità di questo settore che tengono conto non solo della produzione primaria ma anche della fattibilità della conservazione e del presidio di vaste aree boschive che caratterizzano il nostro Paese.

 

I popolamenti di castagno sono ubicati in territori di alta collina e bassa montagna di aree interne, localizzati spesso anche al di fuori delle fasce vegetazionali più appropriate all'autoecologia della specie.
La quasi totalità di queste aree è di proprietà privata, con estensione anche ridottissima e caratterizzate da accidentalità marcata e carente viabilità.

 

Poi i boschi di castagno sono stati e sono tuttora colpiti da forti attacchi da parte del cancro corticale, del mal dell'inchiostro e del curculionide balanino, che agiscono in concomitanza agli effetti dei cambiamenti climatici. Tra gli ultimi insetti patogeni segnalati c'è il cinipide galligeno del castagno per cui è in atto una strategia di contenimento, che necessita di essere portata avanti.

 

Inoltre, ci sono limitate esperienze per la creazione di nuovi impianti specializzati destinati alla produzione di castagne di qualità. Difatti, sono più frequenti gli interventi di riconversione dei cedui in castagneti da frutto.

 

Infine, c'è una limitata informazione circa le tempistiche della produzione ed i reali costi degli investimenti, che difficilmente riescono ad essere supportati da prestiti monetari.

 

"Per superare queste criticità bisognerebbe adottare strategie che tengano conto di tutti i fattori coinvolti, e valutare anche le opportunità offerte da una castanicoltura più moderna, ispirata ai principi della frutticoltura moderna e dell'arboricoltura da legno" conclude Giannini.

 

Grazie alla loro specifica localizzazione, una corretta gestione della selva castanicola può rappresentare un'importante barriera contro l'abbandono rurale, favorendo la permanenza di agricoltori esperti sul territorio. Inoltre, ripristinare la produzione del frutto consentirebbe di fare conoscere a livello locale le varietà, rispondendo alle esigenze del mercato e dell'industria di trasformazione.

 

Per concludere, sulla valorizzazione della produzione castanicola l'Accademia dei Georgofili ha avuto negli ultimi anni un ruolo particolarmente attivo. Ha infatti istituito un Tavolo di Lavoro dedicato, promuovendo diverse iniziative tra cui la proposta di un progetto pilota per la realizzazione di un inventario castanicolo nazionale. E ha fornito supporto scientifico alla proposta di Legge "Norme per favorire lo sviluppo e la valorizzazione della castanicoltura sostenibile, il recupero dei castagneti, la prevenzione dell'abbandono colturale e la promozione della filiera produttiva castanicola".

 

In queste iniziative hanno partecipato il Masaf, la conferenza delle Regioni e Province Autonome, l'Anci Toscana, l'Accademia Italiana di Scienze Forestali, il Cnr, il Crea, la Soi, le università italiane, la Fondazione per il Clima e la Sostenibilità, l'Associazione Nazionale Città del Castagno, il Centro di Studio e Documentazione sul Castano e portatori di interesse del settore.

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Autore: Chiara Gallo

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