Carota: il punto fra breeding, agronomia e mercato
Uno sguardo tecnico sulla carota: tra miglioramento genetico e tecniche agronomiche, in un contesto segnato dal cambiamento climatico, per garantire rese e qualità. Se ne è parlato con Cora Seeds a Macfrut 2025

La carota come tutte le orticole deve affrontare una serie di problematiche legate al cambiamento climatico e alla pressione dei patogeni (Foto di archivio)
Fonte immagine: © Natallia - Adobe Stock
La sua radice arancione rende la carota (Daucus carota ssp. sativa) l'ortaggio più riconoscibile fra gli scaffali del supermercato. Apprezzata sia dal consumatore per le sue qualità nutrizionali, sia dal produttore per la sua forte competitività all'interno del settore orticolo.
Come tutte le orticole però anche la coltivazione della carota deve affrontare sfide sempre più complesse legate al cambiamento climatico, alla pressione dei patogeni e delle infestanti e alla riduzione degli agrofarmaci disponibili.
Fare il punto sulla ricerca genetica e le tecniche agronomiche può essere un aiuto per capire come affrontare tali problematiche (più attuali che mai), in un'ottica di adattamento della coltura stessa, mantenimento della redditività aziendale e risposta alle esigenze della Grande Distribuzione Organizzata e dei mercati esteri.
Di questi argomenti si è parlato durante il "Carrot Day", un convegno tecnico scientifico organizzato da Cora Seeds, azienda sementiera di Cesena (Fc), e svoltosi durante Macfrut giovedì 8 maggio 2025.
Ibridi di carota: fra la genetica e il campo
Un ibrido altamente performante non si ottiene dal giorno alla notte. L'attività di breeding è un processo lungo poiché il ciclo di selezione richiede normalmente due anni.
Secondo Jan De Visser, breeder carota di Cora Seeds, sono cinque i passaggi fondamentali per la buona riuscita di un programma di breeding:
- raccolta della variabilità genetica;
- sviluppo e selezione delle linee parentali;
- combinazione dei parentali selezionati e creazione di ibridi sperimentali;
- valutazione degli ibridi sperimentali;
- produzione e commercializzazione del seme ibrido.
Vediamo di seguito in che cosa consistono.
I cinque step del breeding
Per la raccolta della variabilità genetica Cora Seeds è partita nel 2010 con la tipologia Imperator, una carota di forma allungata tipica del mercato americano. Successivamente ha esteso la collezione di germoplasma con le tipologie Nantes (ibrido F1 con il 50% di genetica derivante da Imperator), Chantenay (linea femminile) e Kuroda (linea femminile).
"Nel 2018 abbiamo acquisito alcune linee parentali Chantenay e Kuroda da un'azienda coreana. Questo materiale non è ancora completamente stabile, ma stiamo facendo buoni progressi. Queste linee sono destinate al segmento di carote tipo 'corona', che hanno caratteristiche specifiche per il mercato" spiega De Visser.
Le carote di tipo 'corona' infatti sono solitamente molto lunghe, dai 30 ai 40 centimetri, e sottili. Vengono usate per ottenere un prodotto semi trasformato, ma comunque del tutto fresco.
Dal germoplasma disponibile si passa poi alla costituzione di linee pure maschili e femminili, cioè individui o popolazioni che presentano una certa caratteristica genetica omogenea e che, incrociati tra di loro, producono discendenti con la stessa caratteristica.
Su questo passaggio De Visser introduce un lavoro interessante: lo sviluppo di linee femminili con maschio sterilità citoplasmatica (Cms). Questo è un ingegnoso sistema che impedisce nelle piante maschili la produzione di polline, per via di un difetto genetico localizzato nel Dna dei mitocondri presenti nel citoplasma della cellula, e non nel nucleo, causando così l'infertilità.
In agricoltura la maschio sterilità citoplasmatica è utilizzata per la produzione di semi ibridi, in cui le piante femminili maschio sterili vengono incrociate con piante maschili fertili per ottenere una progenie ibrida con caratteristiche migliorate.
Tale procedimento è comunque molto complesso, soprattutto nelle condizioni reali di campo e Cora Seeds deve ancora svilupparlo.
Successivamente, i parentali selezionati dal breeder si incrociano così da ottenere ibridi sperimentali F1. Gli ibridi F1 a loro volta vengono selezionati per i caratteri desiderati e testati in condizioni di pieno campo per valutarne le performance agronomiche.
La cosa migliore è effettuare le selezioni nelle aree produttive principali. Per esempio, negli Stati Uniti gli ibridi F1 di tipo Imperator vengono selezionati in California.
"Noi esaminiamo gli ibridi F1 di Nantes, Chantenay e Kuroda a Ferrara e conduciamo test di campo per valutare caratteri come la resistenza alle malattie. Per farlo usiamo i marcatori molecolari oppure li combiniamo con altri metodi".
L'ultimo passaggio è la produzione del seme degli ibridi F1. In questo caso si deve prestare attenzione all'impollinazione, questo perché la carota ha un'impollinazione entomofila e il breeder deve mantenere separate le diverse linee genetiche per evitare incroci indesiderati.
Il seme poi viene rilasciato e commercializzato sul mercato.
Obiettivi e prospettive future
In un programma di miglioramento genetico giovane come quello di Cora Seeds gli obiettivi chiave sono sviluppare più linee non tradizionali per ampliare la variabilità genetica disponibile (fra cui le linee Cms), trovare nuove resistenze alle malattie e utilizzare marcatori molecolari precisi.
Al giorno d'oggi lo sviluppo di linee pure Cms è più facile grazie alla disponibilità di nuove tecnologie molecolari, come quelle basate sull'Rna.
Per le resistenze alle malattie invece Visser sottolinea: "Al momento sembra che ci vorrà ancora un po' di tempo prima di disporre di marcatori molecolari efficaci per l'oidio e l'Alternaria dauci. Tuttavia, la disponibilità di banche dati genomiche pubbliche e di risorse per il breeding è di grande aiuto in questo processo".
In poche parole, vi è la necessità di velocizzare il passaggio dallo stadio di germoglio alla fase adulta, in modo che le carote possano esprimere tutto il loro potenziale in campo.
Le sfide agronomiche per la carota di oggi
La coltivazione in pieno campo è sempre più complessa perché l'agricoltore deve affrontare gli eventi climatici estremi, la pressione dei fitopatogeni, la riduzione delle molecole attive e la stanchezza dei suoli.
Cambiamento climatico e crisi idrica
"Se venti anni fa alcuni areali avevano delle finestre produttive più ampie, negli ultimi anni queste finestre si sono ristrette per alcune zone. Mentre invece altri areali hanno avuto l'opportunità di allargare la propria produzione" spiega Rodolfo Occhipinti, responsabile area Sud di Sata.
Ma non solo, anche la semina e la raccolta vengono influenzate dal clima che cambia, modificando la disponibilità sul mercato e con fluttuazioni dei prezzi.
Non meno importante è la gestione della siccità che rappresenta una delle minacce principali per la carota. Questo perché è un'orticola particolarmente sensibile allo stress idrico, soprattutto nelle fasi iniziali e durante l'ingrossamento della radice.
La carota infatti richiede un fabbisogno irriguo totale medio di 350-500 millimetri di acqua. Fondamentale però è la frequenza di irrigazione, che varia in base alla tipologia di suolo: dai 5 ai 7 giorni nei terreni leggeri, dai 7 ai 10 giorni nei terreni pesanti. E necessita di una profondità irrigua di 20-30 centimetri per il corretto sviluppo dell'apparato radicale principale.
Difesa fitosanitaria e sostanze attive
"Alcune sostanze attive fondamentali verranno ritirate. A livello tecnico quindi si dovranno fare delle considerazioni importanti, perché si apriranno nuovi scenari" continua Occhipinti.
Le malattie crittogamiche principali della carota sono l'alternaria (Alternaria dauci) e l'oidio. "In questo contesto la genetica, creando varietà tolleranti, alla malattia può aiutare le aziende".
I patogeni terricoli più dannosi sono i nematodi. Contro questi sono disponibili tre nematocidi, ma la situazione si può aggravare se non si applica la rotazione colturale. È consigliato quindi attuare una strategia sia di prevenzione che di difesa. Anche gli elateridi possono diventare una minaccia se non vengono prese le giuste misure in campo.
Anche le infestanti preoccupano i produttori, come il cipero (Cyperus L.) una malerba estremamente invasiva, presente oramai in tutta Italia (al momento è meno presente in Sicilia), oppure l'orobanche.
Per le sostanze attive Occhipinti segnala che a fine 2025 verrà ritirata la molecola metribuzin. Quindi si dovranno prevedere delle tecniche di prevenzione, come per esempio le falsa semina.
Sostanze attive disponibili per la carota
(Fonte: Sata)
Per alcuni insetti poi la crisi climatica rende favorevoli degli areali che prima non lo erano. Occhipinti segnala il caso dei collemboli in Sicilia: "Negli ultimi anni ci sono stati attacchi seri di questi insetti, probabilmente per la riduzione degli interventi in fase di pre semina. In particolare, si registrano molti problemi nelle zone con alta umidità e ristagni idrici nel momento della semina e della germinazione delle piantine".
Visto che questi insetti attaccano le giovani piantine l'agricoltore è costretto a riseminare, ritardando così il periodo di raccolta. Inoltre, si presenta il problema della disponibilità di seme: "La filiera della carota non è come quella del pomodoro. Ci sono poche varietà disponibili e poche ditte sementiere che investono su questa orticola. L'agricoltore così può correre il rischio di non trovare la semente disponibile per riseminare".
Stanchezza del terreno e qualità della radice
Quasi tutti gli areali di coltivazione della carota sono caratterizzati da scarse rotazioni colturali portando a conseguenze negative sul raccolto, aumentando i costi per l'azienda agricola.
Nei terreni stanchi si assiste in genere ad accumulo di malattie (Alternaria, Sclerotinia e Rhizoctonia), parassiti (nematodi e insetti terricoli) ed erbe infestanti che tendono a trovare un ambiente più favorevole per moltiplicarsi e a persistere nel tempo.
Questa situazione causa anche la "sindrome da reimpianto". Il suolo ha una ridotta fertilità e una struttura non ideale, le piante perciò sono meno vigorose. Le radici sono sofferenti e presentano biforcazioni, pezzature minori e contenuto zuccherino ridotto.
In definitiva ne risente molto la qualità finale del prodotto, con un aumento dello scarto commerciale.
Produzione e mercato
In Italia ci sono 11mila ettari coltivati a carota, di cui mille condotti in biologico. Concentrati principalmente in Sicilia, Lazio, Abruzzo e Emilia Romagna.
La produzione è di oltre 500 milioni di chilogrammi, con un consumo medio di 6 chilogrammi pro capite. E la produzione italiana è sempre più orientata verso l'estero, in particolare verso Germania, Polonia e Francia.
A livello europeo l'Italia si posiziona al quinto posto come Paese produttore di carota preceduta da Germania, Polonia, Francia e Paesi Bassi.
Mario Schiano Lo Moriello, analista di Ismea, sottolinea comunque che per la filiera le sfide principali sono la valorizzazione delle produzioni Igp e Dop, la risposta a standard qualitativi sempre più elevati da parte della Gdo, l'adeguamento alle normative fitosanitarie europee e il rafforzamento della competitività nel panorama internazionale.
Info cruscotto 2024 della carota
(Fonte: Ismea)
Autore: Chiara Gallo