Micropropagazione: tra innovazione, sfide comuni e risposte operative
Nei laboratori specializzati italiani si affrontano criticità comuni: protocolli obsoleti, contaminazioni, mancanza di manodopera e accesso limitato all’innovazione. Il confronto fra operatori evidenzia perciò la necessità di fare rete e di adottare soluzioni pratiche per la competitività del settore vivaistico

Il settore della micropropagazione in Italia presenta dei nodi che accumunano tutti i laboratori specializzati (Foto di archivio)
Fonte immagine: AgroNotizie®
Ogni laboratorio di micropropagazione ha peculiarità legate a dimensioni, target commerciale e specie propagate. Ma chi opera in questo settore deve affrontare sfide comuni: contaminazioni, protocolli datati, difficoltà nel reperire manodopera qualificata, costi energetici elevati e scarsa valorizzazione del prodotto finale rappresentano tutti ostacoli trasversali.
Il settore, in Italia, è chiamato oggi a compiere un aggiornamento: serve più coesione, più dialogo e una strategia comune per sostenere l'innovazione, l'efficienza e la competitività.
In questo articolo AgroNotizie® propone una sintesi delle principali problematiche emerse durante il workshop "Focus Lab" tenutosi a Roma il 18 giugno 2025 ed organizzato dal Gruppo di Lavoro "Micropropagazione e Tecnologie In Vitro" della Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana. Una giornata di confronto fra laboratori commerciali che ha consentito di fare nascere anche riflessioni per il futuro della micropropagazione.
Sfide operative: protocolli, contaminazioni e radicazione
Nonostante la diversità delle specie propagate - dalle ornamentali fino alle frutticole e ai loro portainnesti - in Italia i laboratori di micropropagazione condividono le stesse sfide, anche piuttosto complesse.
Innanzitutto, rimane il problema dello scarso aggiornamento dei protocolli di produzione. Il laboratorio Vitroplant (Fc) sottolinea che può essere complicato standardizzare un protocollo (per esempio di un substrato) perché in base alle condizioni di crescita non tutte le specie rispondono in maniera uguale.
I Vivai Milone invece fanno presente il mancato aggiornamento delle linee guida per la gestione delle specie recalcitranti: "Fino a dieci anni fa dipendevamo dalla California per l'acquisto del seme di agrumi, ma con l'arrivo del Citrus greening l'esportazione si è bloccata. Senza un laboratorio di micropropagazione non saremmo riusciti a mantenere alti gli standard qualitativi e quantitativi. E se ci fossimo basati sulla letteratura, che dice che gli agrumi sono recalcitranti, l'attività non sarebbe mai partita, oggi invece è il nostro core business".
Problematiche anche le contaminazioni batteriche e fungine e gli inquinanti nella fase in vitro. Sui contaminanti Vivai Molari (Fc) porta la propria esperienza: "Nel nostro caso, la presenza di inquinanti deriva probabilmente da una mancata coincidenza fra le esigenze agronomiche e commerciali. Il materiale vegetale così invecchia, favorendo lo sviluppo di sostanze difficili da controllare e identificare. Sappiamo che esistono delle soluzioni tamponanti che però alla fine non risolvono il problema".
Confronto fra i laboratori commerciali di micropropagazione durante il workshop "Focus Lab"
(Fonte: AgroNotizie®)
Alla fragilità dei protocolli si aggiunge la fase di radicazione ex vitro, un passaggio molto delicato per la produzione di piante micropropagate.
"La maggior parte delle fallanze le abbiamo al momento dell'ambientamento" spiega il laboratorio Meristema (Pi). Anche l'azienda Microplant (Fc) evidenzia lo stesso punto, sottolineando che ogni varietà richiede accortezze diverse ma spesso mancano riferimenti tecnici aggiornati.
Un altro nodo è quello della identificazione genetica, fondamentale per garantire la tracciabilità e la qualità del materiale vegetale. Alcuni laboratori sottolineano che manca un supporto costante da parte dei centri di genetica e costi molto alti.
Ogni realtà, perciò, ha sviluppato delle strategie per poter contenere queste criticità.
Per esempio, Meristema ha introdotto dei supporti cartacei monouso in alternativa al tradizionale agar per contenere le contaminazioni nella fase in vitro.
Vitroplant sta testando nuove formulazioni e fonti nutritive da usare nella fase ex vitro per migliorare la radicazione e diminuire le fallanze. E per migliorare l'acclimatamento propone di utilizzare lampade Led in cui è possibile regolare lo spettro luminoso.
Oppure Diflora (Pd) svolge internamente l'analisi e il tracciamento dei lotti per risalire all'origine delle contaminazioni. Mentre Battistini Vivai (Fc) ha rafforzato i controlli sanitari delle piante madri provenienti dai campi di coltivazione, per ridurre la contaminazione primaria del materiale in entrata nel laboratorio.
Infine, Microplant tiene uno storico di coltivazione per ogni varietà. In modo da adattare al meglio i protocolli e gestire le esigenze di crescita delle diverse specie.
Manodopera e costi: i due punti deboli
Tra le difficoltà più sentite c'è senza dubbio quella di reperire manodopera qualificata. Alcune realtà hanno notato che le criticità iniziano già dai banchi di scuola, in quanto manca una preparazione di base sulla fisiologia vegetale e non vengono approfondite le basi teoriche sulla micropropagazione.
I laboratori si trovano d'accordo nel rafforzare la loro presenza negli istituti tecnici, con figure specializzate che preparino gli studenti.
Incide poi molto il costo della manodopera e dell'energia, a cui si aggiunge la manutenzione delle macchine che spesso ha prezzi elevati o addirittura non è possibile effettuarla.
Per risolvere in parte queste criticità menzionate sopra le imprese stanno mano a mano introducendo la robotica nei loro processi. Difatti, alcuni laboratori hanno già integrato queste tecnologie, come Vitroplant e Battistini Vivai.
Nonostante sia un'ottima opportunità per velocizzare la produzione ci sono alcune considerazioni da fare secondo Mignano Piante (Na): "Fino a che punto dobbiamo automatizzare le nostre aziende per rimanere competitivi sul mercato? Questo investimento oggi è un costo, perciò, fin dove spingerci con l'innovazione, anche numericamente, per mantenere le nostre produzioni?". Domande queste che necessitano di un'analisi più approfondita e che tengano conto delle necessità aziendali.
Un tema trasversale è anche la mancanza di una valorizzazione commerciale del prodotto micropropagato, che fornisce una sicurezza maggiore, genetica e fitosanitaria, rispetto al vivaismo tradizionale. Alcuni laboratori, quindi, propongono di creare una certificazione nazionale o un marchio collettivo, che possa fungere da garanzia di qualità per il cliente finale e allo stesso tempo rafforzare l'immagine del settore.
Il mondo accademico e il divario con i laboratori
La distanza tra ricerca accademica e applicazione in ambito commerciale rappresenta una delle criticità principali evidenziate dai laboratori di micropropagazione.
In molti casi, l'accesso a molecole innovative, fonti vitaminiche alternative o substrati tecnicamente più performanti è limitato da vincoli normativi, difficoltà di approvvigionamento o mancanza di supporto da parte degli enti di ricerca. Vi è perciò l'assenza di un dialogo operativo con chimici e biologi molecolari, fondamentali per aggiornare e ottimizzare i protocolli. Inoltre, l'introduzione di nuove soluzioni tecniche è ostacolata da iter lenti e poco integrati con le tempistiche della produzione vivaistica.
Un ulteriore limite riguarda le analisi genetiche e fitosanitarie, indispensabili per verificare l'identità varietale e la sanità del materiale. In genere, le tempistiche per ottenere i risultati delle analisi sono molto lunghe (3-4 mesi) e i laboratori chiedono che ci sia un maggiore supporto da parte degli enti che offrono questi servizi di controllo.
Tutto questo si traduce in un rallentamento dell'innovazione tecnica per molte delle specie oggi propagate in vitro.
Competenze diffuse, obiettivi comuni: la sfida è fare rete
Il workshop "Focus Lab" ha evidenziato come i laboratori commerciali, pur operando con modelli produttivi, specie e mercati differenti, si trovino ad affrontare criticità operative ricorrenti. Nonostante questo dimostrano una grande capacità di adattamento e operatività per fronteggiare tali problematiche.
Il limite principale rimane lo scarso scambio di informazioni. Le competenze sviluppate infatti restano spesso confinate all'interno delle singole imprese, mentre mancano strumenti condivisi per il trasferimento tecnologico, l'aggiornamento dei protocolli e l'accesso a innovazioni chimiche e genetiche realmente applicabili in contesto produttivo.
Il confronto aperto ha mostrato che esistono già le competenze e le esperienze per fare fronte comune e garantire la sostenibilità sia produttiva che economica del settore. La sfida ora è trasformare queste buone pratiche in un percorso collettivo e operativo, capace di rafforzare il ruolo strategico della micropropagazione nel vivaismo nazionale.
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Autore: Chiara Gallo