Riso, non tutte le varietà hanno lo stesso indice glicemico

Presentati i risultati della ricerca svolta dall'Ente Nazionale Risi che evidenziano come alcune varietà possiedano un basso indice glicemico, permettendone l'inserimento nella dieta anche per chi soffre di diabete

Riso, non tutte le varietà hanno lo stesso indice glicemico - Plantgest news sulle varietà di piante

Il progetto scientifico ha dimostrato che il riso può rientrare nelle diete alimentari di persone che soffrono di iperglicemia grazie al suo basso indice glicemico (Foto di archivio)

Fonte immagine: Madhi Azagan - Wikipedia

I risultati della piu estesa e completa indagine su alcune varietà di riso italiano scardinano alcune credenze e, potenzialmente, anche alcune radicate abitudini alimentari, oltre a "rivoluzionare" la dieta di chi soffre di diabete.

 

II progetto di ricerca è stato realizzato grazie agli studi finanziati dall'Ente Nazionale Risi, in collaborazione con l'Universita di Pavia e il Politecnico di Torino, i cui risultati sono stati presentati durante una conferenza stampa dal titolo "Il riso che non ti aspetti" tenutasi a Milano martedì 9 maggio 2023.


Per la prima volta, infatti, e stato dimostrato che alcune varietà hanno un valore di indice glicemico che varia da 49 a 92, una media pari a 66,8 che colloca il riso italiano in linea con gli altri cereali. Per fare alcuni esempi: sulla base dei valori di riferimento dell'Organizzazione Mondiale della Salute un basso indice glicemico deve essere inferiore a 55, un medio indice glicemico fra 56 e 69 ed alto indice glicemico superiore a 70.

 

Due varietà di risi italiani già in coltivazione, Selenio e Argo, hanno un valore di indice glicemico rispettivamente di 49.2 e 50.5 rispetto al pane bianco che possiede un indice glicemico 70 e lo zucchero con indice glicemico 100, parametro usato come riferimento. Si tratta di una scoperta inattesa che permette di correggere il programma nutrizionale anche di chi soffre di obesità, di sindrome metabolica, di pre diabete e in generale di chi vuole seguire una dieta sana.

 

"II riso è un prodotto sano, indicato per tutti e per la prima volta abbiamo a disposizione un lavoro scientifico che lo dimostra. - spiega Paolo Carrà, presidente dell'Ente Nazionale Risi - II riso lavorato da sempre viene ritenuto un alimento ad alto indice glicemico, e quindi da consumare raramente e con cautela da parte dei diabetici. Questa ricerca sfata tale mito negativo e inoltre mette in evidenza come anche alcune varietà di riso possano rientrare a pieno titolo in una dieta alimentare, con un carico glicemico idoneo per coloro che presentano una patologia iperglicemica".


L'indice glicemico è un sistema di valutazione che viene utilizzato solo per i cibi che contengono carboidrati, come il riso. Quelli con un alto indice contengono glucidi, che hanno la capacità di rendere  piu velocemente l'alimento metabolizzabile con un aumento della glicemia.

 

"Lo scopo di questo nostro studio e stato quello di valutare l'indice glicemico e l'amilosio di 25 varietà di riso Japonica" racconta Mariangela Rondanelli, professoressa associata in Scienze Tecniche Dietetiche dell'Universita di Pavia.

 

"Abbiamo quindi coinvolto dieci volontari sani e non fumatori, che tra giugno 2021 e marzo 2022 sono stati sottoposti a regolari misurazioni per valutare la risposta glicemica, sia con alimenti di riferimento sia con le qualità di riso. I risultati hanno dimostrato per la prima volta che all'aumentare del contenuto di amilosio, l'indice glicemico diminuisce. Da qui, la classificazione delle 25 cultivar di riso Japonica in base alla risposta glicemica bassa, media ed elevata, con conclusioni che aprono la strada a nuovi approcci nutrizionali. Le due varietà, Selenio e Argo, che sono rientrate nel range piu basso, sono adatte a soggetti sia con diabete conclamato, sia con uno stato di glicemia a digiuno alterato, condizione che predispone alla malattia diabetica. La variante Carnaroli classico, ampiamente diffusa, presenta un indice glicemico medio" conclude Rondanelli.

 

I vantaggi quindi parlano da sé: Selenio e Argo rappresentano una strategia in più per un trattamento dietetico precoce, al fine di arrestare o perlomeno rallentare la malattia quando non è ancora conclamata. E anche per la prevenzione delle ipoglicemie in chi ha già il diabete, situazione che aumenta il rischio di complicanze.


Trattandosi del primo studio così ampio ed essendo la prima volta che una ricerca scientifica valuta l'indice glicemico di una vasta varietà di risi italiani, lo studio ha ottenuto la pubblicazione sulla rivista scientifica Starch del gruppo Wiley.

 

"Parlare oggi di questa ricerca ci consente anche di parlare di sostenibilità del riso italiano. - continua Carrà - Le moderne tecniche agronomiche permettono di coltivare il riso sempre più nel rispetto dell'ambiente. Un paesaggio che proprio in questi giorni si sta trasformando in quello che noi chiamiamo il mare a quadretti. Ricordiamo che il sistema di irrigazione delle risaie non porta a uno spreco di acqua ma al contrario la stessa, passando da una camera di risaia all'altra, viene riutilizzata 2,5 volte circa prima di giungere ai fiumi. Le risaie sono come una grossa spugna che rilascia lentamente a valle l'acqua. lnfine, aspetto non da poco, il Carnaroli classico e il Selenio sono varietà oggi ampiamente coltivate".

 

Ma questa non e l'unica novità.
Un altro studio, altrettanto innovativo, ha permesso per la prima volta di mettere a punto un vero e proprio identikit del chicco di riso con l'obiettivo di studiare e misurare i caratteri morfologici dei granuli di amido presenti nella struttura interna dei chicchi di diverse varietà italiane ed estere. Il fine è quello di valutare la relazione fra le proprieta organolettiche, nelle preparazioni alimentari, e stabilire un'eventuale correlazione tra la conformazione della struttura interna e l'indice glicemico.

 

"II nostro contributo ha permesso di capire che la struttura interna del granello di ogni varietà di riso è specifica e legata a fattori genetici ereditabili. - chiarisce Francesco Savorani, professore associato del Politecnico di Torino - Le analisi al microscopio hanno evidenziato che la disposizione dei granuli di amido, nonché le loro caratteristiche morfologiche, cioè forma, dimensione e compattezza possono creare o meno degli spazi vuoti nel chicco e che il rapporto tra questi ed il volume occupato e differente tra una varietà e l'altra. Ed è proprio questo rapporto, chiamato porosità percentuale, a determinare la propensione del riso durante la cottura ad assorbire l'acqua e i condimenti, e a rendere la preparazione finale un alimento nutriente, completo e gustoso".

 

Non solo, i ricercatori hanno evidenziato che la "porosità percentuale" è differente tra varietà italiane e varietà straniere: queste ultime, così come quelle di nuova costituzione, hanno prevalentemente una struttura compatta, mentre le varietà nostrane sono in genere più porose.

 

"Gli straordinari risultati che abbiamo ottenuto non sono il punto di arrivo, bensì il punto di partenza della ricerca genetica dell'Ente Nazionale Risi. Questi due studi fanno parte di un progetto più ambizioso che l'Ente sta sviluppando da alcuni anni nell'ambito della ricerca genetica e ci hanno permesso di fare un salto in avanti nel complesso lavoro di selezione genetica, il cui obiettivo è la creazione di varietà di riso adatte ad una risicoltura sostenibile e capaci di soddisfare le esigenze di coltivatori e industria. In questo modo possiamo offrire ai consumatori un alimento sostenibile, gustoso e molto sano". - conclude Filip Haxhari, breeder dell'Ente Nazionale Risi"II nostro riso è un prodotto d'eccellenza, unico e identitario, grazie alla straordinaria qualità del granello. Ora, l'obiettivo è di ottenere il granello perfetto".

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