Olivo e carenza di acqua, ecco gli effetti sulla produzione
Quella dell'olivo è una pianta che si è evoluta in un clima mediterraneo, caldo e secco. Possiede dunque molti meccanismi che le permettono di sopportare bene la carenza di acqua. Ma quando lo stress idrico diventa eccessivo, a risentirne è la produzione di olio
L'olivo (Olea europaea L.) è una specie che si è adattata a vivere in un clima tipicamente mediterraneo, caratterizzato da estati calde e asciutte, nonché da bassa piovosità anche nei mesi più freddi, pertanto è sempre stata considerata tollerante allo stress idrico.
Infatti nel corso dell'evoluzione questa specie si è trovata a rispondere a condizioni di stress continuativi, sviluppando meccanismi di risposta alla siccità che sono diventati costitutivi, ovvero tutta una serie di modificazioni morfologiche, fisiologiche e metabolomiche che sono diventate intrinseche della specie e quindi costantemente attive.
Alcuni di questi adattamenti permanenti quali la morfologia della pianta, in particolare delle foglie, lo sviluppo dell'apparato radicale, le caratteristiche dei vasi xilematici e in generale il sistema di trasporto dell'acqua, sono propri dell'olivo e testimoniano come l'evoluzione di questa specie sia avvenuta in ambienti semiaridi (Vitagliano e Sebastiani, 2002).
La foglia, ad esempio, mostra un elevato grado di sclerofillia mostrando una cuticola più spessa nella pagina superiore, la presenza di stomi sulla pagina inferiore posti in piccole depressioni e non direttamente esposti sulla superficie ma ricoperti da un feltro di tricomi. Questi, oltre a riflettere la luce, filtrano la radiazione ultravioletta e mantengono un sottile strato di aria umida a ridosso della superficie fogliare, tipico di una pianta xeromorfa, che teme di contro l'eccesso di umidità (Barone e Di Marco, 2003).
I meccanismi adattativi sono invece attivati rapidamente dalla pianta quando si trova in condizioni di stress. Entro la specie si denotano infatti differenze sia nella efficienza di utilizzo della risorsa idrica sia nei meccanismi molecolari e biochimici che sottendono la tolleranza allo stress idrico. Questi meccanismi sono di grande interesse ai fini del miglioramento genetico, ma attualmente le conoscenze sul comportamento varietale in relazione alla siccità sono ancora da approfondire.
Carenza idrica e risposte fisiologiche
In generale si può affermare che l'olivo può limitare gli effetti negativi della carenza idrica mediante una serie di risposte fisiologiche, che hanno come risultato finale la conservazione di uno stato idrico dei tessuti idoneo al funzionamento dei processi metabolici.
Se infatti la disponibilità idrica nel suolo è molto bassa e la domanda evapotraspirativa molto alta, l'olivo tende a produrre dei soluti (per esempio prolina e mannitolo) in grado di aumentare il potenziale osmotico entro le singole cellule e ripristinare il gradiente osmotico necessario per l'ingresso di acqua dalle radici.
L'apparato radicale è piuttosto superficiale ma capace di sviluppare radici esploratrici in grado di espandersi ben oltre la proiezione della chioma, immagazzinando una notevole quantità di acqua. In condizioni di carenza idrica, il rapporto radice-chioma dell'albero aumenta, cioè la pianta investe in proporzione più nell'apparato radicale che nella parte aerea in modo da ridurre la superficie traspirante in relazione a quella assorbente (Xiloyannis C. et al 2004).
Gli stomi dell'olivo rimangono parzialmente aperti anche quando l'albero è soggetto a severo deficit idrico, questo consente il mantenimento di una certa attività fotosintetica e di termoregolazione della chioma.
L'olivo presenta una ridotta dimensione dei vasi xilematici rispetto ad altre specie mediterranee e questo implica una riduzione della conducibilità idraulica dello xilema, con minore rischio di formazione di emboli e fenomeni di cavitazione, responsabili della interruzione del continuum suolo-pianta-atmosfera. Un altro meccanismo riguarda la riduzione della permeabilità all'acqua delle membrane cellulari per ridurre le perdite di acqua (Secchi et al., 2007).
Non solo stress idrico, anche termico
Negli ambienti mediterranei lo stress idrico è frequentemente accompagnato da alte temperature ed elevati livelli d'irradianza, condizioni che determinano fenomeni di fotoinibizione, fotossidazione e fotorespirazione (Osmond, 1997) e che favoriscono la produzione di Specie Reattive dell'Ossigeno (Ros). L'olivo aumenta la sintesi di molti sistemi enzimatici, coinvolti direttamente o indirettamente nella difesa dalle forme attive dell'ossigeno (Ros) create dall'eccesso di radiazione fotosintetica non utilizzata (Sofo et al., 2004b).
Nel loro complesso, questi meccanismi permettono alla foglia di continuare a traspirare anche in condizioni di stress idrico intenso, dissipando così calore e limitando il più possibile i rischi d'innalzamento della temperatura fogliare. La pianta, riuscendo a fotosintetizzare anche in condizioni di stress molto intenso, mantiene attiva la crescita dell'apparato radicale e può esplorare, alla ricerca dell'acqua, nuovi volumi del suolo.
Gli effetti dello stress idrico sull'olivo
La sintomatologia dello stress idrico in pieno campo si manifesta piuttosto tardivamente, quando lo stress è oramai in fase avanzata, con senescenza precoce delle foglie e filloptosi. L'effetto di uno stress idrico prolungato si riflette inevitabilmente sull'attività vegetativa e produttiva della pianta in quanto l'attività fotosintetica è compromessa.
Gli stadi fenologici maggiormente sensibili allo stress idrico sono la fioritura, l'allegagione, le fasi iniziali di sviluppo del frutto e la fase di accumulo dell'olio.
Alcuni studi hanno messo in evidenza come il deficit idrico durante lo sviluppo dell'infiorescenza abbia ridotto il numero di infiorescenze, il numero di fiori, il numero e la percentuale di fiori perfetti e lo sviluppo degli ovuli. Mentre l'effetto della carenza idrica durante la fioritura ha determinato un drastico effetto sulla fecondazione perché molti fiori sono rimasti chiusi.
Durante la fase di sviluppo della drupa si ha una prima fase di moltiplicazione cellulare. Al termine di questa fase, che coincide generalmente con l'indurimento del nocciolo, inizia la fase di espansione cellulare, molto sensibile allo stress idrico. Le dimensioni del frutto e lo stato produttivo subiscono forti variazioni in relazione alla disponibilità idrica.
Tuttavia, alcuni studi hanno messo in evidenza come l'applicazione del deficit idrico controllato nel mese di luglio può comportare un miglioramento qualitativo dell'olio. Inoltre, le risposte quantitative e qualitative sono cultivar specifiche.
Resistenza allo stress idrico e genetica
Come riportato sopra, non abbiamo molte informazioni in relazione alla tolleranza allo stress idrico ed efficienza dell'uso dell'acqua per le varietà italiane. Alcuni studi recenti indicano come la varietà Frantoio rispetto ad altre varietà straniere risulti essere moderatamente tollerante. Analogamente, uno studio che ha comparato tre varietà italiane (Maurino, Leccino e Degli) in condizioni controllate ha evidenziato come la varietà Maurino mostri maggiore tolleranza rispetto a Leccino e Degli.
Il patrimonio olivicolo italiano, che è ricchissimo di varietà, è stato estensivamente studiato e caratterizzato in relazione alle caratteristiche produttive e qualitative dell'olio, ma molto meno studiato per la risposta a stress abiotici come la carenza idrica. Pertanto, ad oggi, una delle priorità del miglioramento genetico è quello di selezionare dei parentali (attività di pre breeding) che mostrino un'elevata efficienza dell'uso dell'acqua, che presuppone un livello di tolleranza allo stress idrico elevato, anche se non sempre questi due aspetti coincidono.
Infatti, l'orientamento del Centro di Ricerca Olivicoltura, Frutticoltura, Agrumicoltura del Crea (Crea Ofa) è quello di selezionare in condizioni di campo le varietà che mostrano una maggiore tolleranza allo stress idrico ma che siano in grado di mantenere un'elevata performance produttiva, di resa in olio e di qualità elevata. Tutto questo è possibile grazie al banco di germoplasma olivicolo mondiale che il Crea Ofa detiene presso Mirto Crosia (Calabria) in collaborazione con l'Azienda Regionale per lo Sviluppo dell'Agricoltura Calabrese (Arsac). La collezione include più di quattrocento varietà italiane mantenute in condizioni ambientali uniformi, che consentono quindi di valutare il contributo genetico delle singole varietà nella risposta alla carenza idrica.
Gli effetti dei cambiamenti climatici sull'olivicoltura
I cambiamenti climatici stanno già impattando fortemente la nostra olivicoltura nazionale. Negli ultimi anni si sta assistendo a perdite continue di produzione. Ci sono grandissimi problemi di disponibilità idrica in diversi areali ove l'olivicoltura è tradizionalmente diffusa. Infatti si sta assistendo a una lenta ma graduale diffusione dell'olivo verso latitudini ed altitudini maggiori.
A cura di Enzo Perri e Samanta Zelasco del Centro di Ricerca Olivicoltura, Frutticoltura, Agrumicoltura del Crea di Rende (Cs)