La patata di cui non si butta via niente, neanche le foglie
L'azienda biotecnologica israeliana Rumafeed ha realizzato una varietà con bassissimi contenuti di alcaloidi che permette di usare i fusti e le foglie come foraggio, quasi raddoppiando la produttività e la redditività ad ettaro della coltura
Se di una patata si potesse mangiare oltre che i tuberi anche tutte le parti verdi, come le foglie e i fusti, la produzione e di conseguenza la redditività della coltura aumenterebbero notevolmente, così come aumenterebbe la quantità di alimenti producibili ad ettaro.
Ed è su questa idea che ha lavorato il gruppo di ricerca dell'azienda biotecnologica israeliana Rumafeed, che oggi è riuscita ad ottenere una pianta di patata interamente commestibile.
Le patate, come la maggior parte delle piante della famiglia delle Solanaceae, contengono generalmente un' elevata quantità di glicoalcaloidi come la solanina e la caconina, sostanze tossiche concentrate soprattutto nelle parti verdi che non le rendono commestibili né per le persone né per gli animali.
Così i ricercatori israeliani, coordinati dal professor Haim Rabinowitch dell'Università ebraica di Gerusalemme - uno dei massimi esperti internazionali di miglioramento genetico delle Solanacee che fu anche tra i padri dei pomodorini a grappolo di Pachino - hanno ottenuto delle piante di patata con un contenuto quasi nullo di solanina e caconina.
Un risultato raggiunto tramite la tecnologia Crispr-Cas9 che ha di fatto permesso di silenziare i geni che sono responsabili della produzione dei glicoalcaloidi.
Così è stato possibile provare ad utilizzare le parti verdi della pianta come foraggio e le prove hanno portato a risultati indubbiamente interessanti.
Le foglie e gli steli delle patate infatti hanno mostrato una digeribilità maggiore di quella del grano o dell'erba medica, un contenuto in proteine paragonabile a quello dell'erba medica, ottime caratteristiche per poter essere insilate, modalità e tempi di lavoro per la raccolta analoghi a quelli dell'erba medica e nessun effetto nocivo sugli animali.
In questo modo lo stesso campo di patate permette di ottenere due produzioni: foraggio e patate, ottimizzando gli input e i tempi di lavoro, incrementando la produzione di alimenti ad ettaro e aumentando sensibilmente anche la redditività della coltura.
Il lavoro necessario per la distruzione delle parti aree delle piante, da fare meccanicamente o - nei paesi dove è consentito - tramite erbicidi, viene infatti sostituito dal lavoro di raccolta del foraggio, un lavoro certo più lungo, ma che porta ad una produzione aggiuntiva e non rimane un costo vivo.
Riguardo alla produzione è stata stimata un aumento del 30% della biomassa prodotta ad ettaro, sotto forma di foraggio, che dal punto di vista economico può corrispondere ad un 75% in più di resa economica della coltura.
Secondo le stime riportate dall'azienda, se la coltivazione dei tuberi dà una resa netta di 800 dollari ad ettaro, la raccolta anche delle parti verdi come foraggio può arrivare a far ottenere altri 600 dollari ad ettaro.
Si tratta quindi di una innovazione che può offrire vantaggi economici e ambientali interessanti, soprattutto dove la quantità di superficie coltivabile disponibile è limitata.
Un'innovazione che sta già diventando una realtà concreta. Infatti la produzione dei tuberi da seme è già partita nei campi del Kibbutz Holit, nel Deserto del Negev, uno dei kibbutz devastati durante il massacro del 7 ottobre 2023 e che ora riparte anche dalla sua vocazione per la sperimentazione agricola.
Autore: Matteo Giusti