Nocciole e genetica, cosa possiamo imparare dal caso Oregon

Negli Usa la produzione di nocciole è limitata a causa della malattia fungina EFB, che uccide le piante. Anche le cultivar selezionate per essere resistenti sono oggi diventate suscettibili. Ma nuove varietà sono in arrivo e il miglioramento genetico potrebbe portare gli Stati Uniti in vetta alla produzione di nocciole a livello globale

Nocciole e genetica, cosa possiamo imparare dal caso Oregon - Plantgest news sulle varietà di piante

La domanda globale di nocciole è in crescita (Foto di archivio)

Fonte immagine: © Neonnspb - Adobe Stock

C'è chi ha definito l'agricoltura una battaglia costante contro la natura. La vicenda delle nocciole statunitensi sembra confermare questa visione. Dopo che vivaisti americani importarono le varietà europee (più grandi e buone) in America alla fine del Diciannovesimo Secolo, il settore ebbe un boom. Ma presto le cultivar si rivelarono suscettibili ad una micidiale malattia, la EFB, Eastern Filbert Blight, causata da un fungo che si sviluppa nel tessuto legnoso compromettendo il flusso di linfa e portando al disseccamento della pianta.

 

La Eastern Filbert Blight (Anisogramma anomala) è una malattia fungina originaria del Nord America orientale che attacca la nocciola europea (Corylus avellana), portando nel tempo alla morte della pianta. Il fungo si diffonde con le spore trasportate dal vento o dalla pioggia e penetra nel legno all'epoca della rottura delle gemme. Dopo circa sedici mesi dall'infezione compaiono i primi sintomi: cancri scuri e allungati che, crescendo, interrompono i flussi linfatici e portano al disseccamento di foglie e rami. È un processo lungo e inesorabile, che ha reso impossibile per decenni lo sviluppo di una vera e propria corilicoltura nella parte orientale degli Stati Uniti.

 

Sintomi dell'EFB su nocciolo

Sintomi dell'EFB su nocciolo

(Fonte foto: Università del Wisconsin)

 

L'Oregon, una valle (non più) felice

L'unica parte del Paese indenne da EFB sembrava essere l'Oregon, dove nel tempo fiorì una importante industria della nocciola. Negli Anni Sessanta, però, il fungo venne accidentalmente introdotto nella Willamette Valley, dove si erano sviluppate gran parte delle piantagioni americane di nocciole. Per salvare l'industria dalla distruzione, i genetisti della Oregon State University identificarono una varietà resistente, nota come Gasaway, che venne incrociata con varietà più produttive. In questo modo sono state sviluppate ventotto cultivar resistenti, che hanno permesso di continuare a produrre nocciole nonostante l'arrivo della EFB. In poco più di un decennio, grazie alla resistenza genetica di Gasaway, si arrivò al raddoppio delle superfici coltivate.

 

Ma oggi la EFB ha nuovamente messo a rischio la produzione di nocciole in Oregon. Un nuovo ceppo mutato del fungo ha colpito alcuni impianti e ha dimostrato di poter superare la resistenza fornita dal gene Gasaway. I frutteti dell'Oregon sono nuovamente vulnerabili. "È un campanello d'allarme", ha dichiarato Shawn Mehlenbacher, genetista alla Oregon State University che lavora da una vita sul miglioramento genetico del nocciolo. "Tutte le cultivar attualmente in commercio contengono quel gene. Se cade quella resistenza, l'intero settore è esposto".

 

Thomas Molnar e la missione delle nocciole orientali

Mentre l'Oregon combatteva il fungo, sulla costa opposta degli Stati Uniti Thomas Molnar, ricercatore alla Rutgers University del New Jersey, ha intrapreso una missione quasi solitaria: creare varietà di nocciolo resistenti all'EFB e adatte al clima del Nord Est. Un'impresa che gli è costata decenni di lavoro, migliaia di piante sacrificate e innumerevoli incroci. La sua strategia si è basata su due linee principali: l'utilizzo della nocciola americana (Corylus americana), naturalmente più resistente ma con frutti piccoli e gusci spessi, e l'introduzione di geni da cultivar europee (Corylus avellana) di alta qualità.

 

Il risultato è un gruppo di nuove varietà (tra cui Raritan, Monmouth, Somerset, Hunterdon e il vigoroso impollinatore Beast) che coniugano buona produttività, forma commerciale del frutto e resistenza anche ai ceppi più aggressivi dell'EFB. Alcune di queste varietà sono già state piantate su 150 acri nella fascia atlantica e hanno dimostrato buona tolleranza anche in condizioni di forte pressione della malattia.

"La sfida più grande è stata ottenere una resistenza stabile senza sacrificare la qualità del frutto", ha spiegato Molnar alla stampa locale. "Ma finalmente possiamo dire di esserci riusciti".

 

Un mercato con grandi potenzialità

Attualmente gli Stati Uniti rappresentano circa il 4-5% della produzione mondiale di nocciole, dietro a Turchia (leader con oltre il 70%) e Italia. Ma con l'espansione delle superfici coltivate nel Mid-Atlantic e lo sviluppo di una genetica più resiliente, le prospettive sono in forte crescita. L'industria statunitense vale circa 120 milioni di dollari l'anno, concentrata quasi interamente in Oregon. Tuttavia, il lavoro di Molnar e colleghi potrebbe presto portare alla nascita di una seconda "valle delle nocciole", più diversificata e resiliente. Potrebbero dunque gli Usa diventare leader mondiali come lo sono nel settore delle mandorle?

 

Oltre agli agricoltori, anche l'industria dolciaria guarda con attenzione alle innovazioni genetiche. La Ferrero ha già finanziato parte delle ricerche della Rutgers, consapevole che in uno scenario globale sempre più instabile la disponibilità di nocciole resistenti può fare la differenza. E anche chef e cioccolatieri locali stanno già utilizzando le nuove cultivar in prodotti gourmet.

 

Miglioramento genetico, mai abbassare la guardia

In Europa la EFB, per il momento, non è presente, ma in un mondo globalizzato potrebbe arrivare in un attimo. Per questo è necessario tenere alta la guardia e lavorare costantemente sul miglioramento genetico. La vicenda dell'Oregon ci insegna che è sempre meglio non affidarsi ad un solo gene di resistenza quando si deve contrastare un fungo, perché le continue mutazioni a cui questi microrganismi sono soggetti possono portare abbastanza velocemente allo sviluppo di ceppi in grado di superare la resistenza.

 

Un po' come è accaduto con l'orzo e il gene MLO per la resistenza all'oidio, che, sebbene sia durato oltre trent'anni, oggi è stato superato in diversi areali. È sempre bene, dunque, effettuare programmi di piramidizzazione, puntando su più geni di resistenza in grado di mettere al sicuro le piante.

 

Non solo. Come sanno bene i genetisti, è opportuno lavorare sia sulla resistenza che sulla suscettibilità. La resistenza offre una sorta di immunità al fungo (come nel caso della Gasaway) e funziona come una sorta di vaccino: il fungo non riconosce l'ospite o non è in grado di svilupparsi. La pianta dunque non si ammala, ma se il fungo muta, la resistenza cade in un attimo.

 

La suscettibilità invece funziona con un principio diverso. Una pianta meno suscettibile, o tollerante, è in grado di riconoscere il fungo e di mettere in atto delle strategie per contrastarne la diffusione. La pianta dunque si ammala, ma con sintomi lievi, che non compromettono la produttività. È una forma di contrasto al fungo molto più duratura, non ceppo-specifica, e difficile da superare.

 

Il ruolo delle Tea nella corilicoltura del futuro

Se oggi il miglioramento genetico tradizionale ha permesso di ottenere varietà resistenti in un arco temporale di circa vent'anni, l'uso delle Tecniche di Evoluzione Assistita (Tea) potrebbe rivoluzionare completamente questo processo. Il genome editing (ad esempio CRISPR/Cas9) consente di intervenire direttamente sul Dna della pianta, introducendo mutazioni precise che conferiscono resistenza alle malattie, senza alterare le caratteristiche qualitative del frutto.

 

Nel caso del nocciolo, l'individuazione e il silenziamento mirato dei geni associati alla resistenza alla EFB potrebbe accelerare enormemente la selezione di nuove cultivar. Mentre la cisgenesi consentirebbe di "importare" nelle varietà europee geni di resistenza che si trovano nelle cultivar americane. Negli Usa queste tecnologie sono ormai sdoganate, e mentre in Europa dibattiamo ancora su come regolamentarle, c'è da sperare che l'EFB non superi mai l'Atlantico.

Autore: Tommaso Cinquemani

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