Come progettare un impianto agroforestale

10mila piante messe a dimora appartenenti a 35 specie differenti: il progetto Ages di XFarm - Agricoltura Prossima mostra come creare un'agroforesta multifunzionale capace di rigenerare il suolo, diversificare il reddito e creare valore ecologico e sociale

Come progettare un impianto agroforestale - Plantgest news sulle varietà di piante

L'obiettivo dell'agroforestazione è costruire un sistema resiliente, efficiente e autorigenerante, capace di adattarsi e rispondere alle crisi produttive, climatiche e di mercato

Fonte immagine: XFarm - Agricoltura Prossima

Una volta era la normalità: coltivare insieme alberi e colture erbacee, integrare animali e diversificare le produzioni. Oggi, al contrario, il paesaggio agricolo è più semplificato e la meccanizzazione e la tendenza alla monocoltura hanno ridotto drasticamente i sistemi agricoli di questo tipo.


Stiamo parlando dell'agroforestazione, una strategia che ha le caratteristiche per poter far fronte alle sfide della sostenibilità e della resilienza. Capace di restituire fertilità, sequestrare carbonio, promuovere la biodiversità e offrire nuove opportunità per il territorio.


Il termine agroforestry è nato nel 1982 e rappresenta, appunto, la coltivazione di specie arboree e/o arbustive perenni, consociate a seminativi e/o pascoli, nella stessa unità di superficie.


Ma da dove si comincia a progettare un sistema agroforestale produttivo? Lo abbiamo chiesto a Jacopo Volpicelli, tra i coordinatori del progetto Ages - Agroforesta Ecologica e Sociale, portato avanti da XFarm Agricoltura Prossima e dalla Ong Deafal. XFarm è il progetto della cooperativa sociale Qualcosa di Diverso e gestisce 50 ettari di terreni confiscati alla criminalità organizzata in provincia di Brindisi, in Puglia; da anni lavora per restituire valore a queste terre attraverso pratiche di agricoltura rigenerativa.


Che cos'è una agroforesta e quali sono i vantaggi

Consociare non significa solo coltivare insieme alberi e colture erbacee: l'agroforestazione è un sistema complesso e dinamico dove la gestione integrata di alberi, colture ed eventualmente anche animali crea un vero e proprio ecosistema multifunzionale. In base al numero di alberi, all'intensità di allevamento e alla quantità di specie introdotte, si possono configurare diverse tipologie di agroforeste:

  • sistemi silvoarabili, con alberi (da legno o frutto) e colture erbacee;
  • sistemi silvopastorali, con alberi e pascolo animale;
  • sistemi lineari, costituiti da siepi, frangivento o fasce tampone ai bordi dei campi, per tutelare la biodiversità;
  • fasce ripariali, costituite da specie arboree e arbustive che proteggono eventuali argini di corsi d'acqua dall'erosione e dall'inquinamento;
  • coltivazioni in foresta di funghi, frutti di bosco e prodotti non legnosi.

Il primo vantaggio dell'agroforestry è la rottura della monocoltura. Questo consente di diversificare le entrate aziendali e allo stesso tempo garantire una serie di benefici ambientali:

  • riduzione dell'erosione e della stanchezza del terreno;
  • aumento della biodiversità e della fauna selvatica;
  • miglioramento della qualità dell'acqua;
  • protezione delle colture da eventi estremi;
  • incremento della fertilità del suolo grazie alla presenza di più radici e specie diverse;
  • stoccaggio di carbonio;
  • valorizzazione del paesaggio rurale;
  • mitigazione degli effetti del cambiamento climatico.

Dal punto di vista produttivo, consociare specie differenti consente di massimizzare la redditività del campo, offrendo all'agricoltore fonti di reddito diversificate: dal legname alla biomassa, dalla frutta alle erbe aromatiche, dagli ortaggi alle produzioni animali.


L'obiettivo è costruire un sistema resiliente, efficiente e autorigenerante, capace di adattarsi e rispondere alle crisi produttive, climatiche e di mercato.

 

L'evoluzione di questa pratica è l'agricoltura sintropica che è più complessa in quanto non studia solo le consociazioni ma progetta l'agroforesta sulla base della successione ecologica delle specie.

Leggi anche: Come funziona l'agroforestazione nell'agricoltura sintropica

Da dove si comincia per fare un impianto agroforestale?

Il primo passo è la progettazione: bisogna fissarsi degli obiettivi, capire il proprio contesto osservando la natura e studiando il territorio, e di conseguenza scegliere le specie più adatte anche a seconda delle reali possibilità dell'azienda.

 

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Jacopo Volpicelli

(Fonte: XFarm - Agricoltura Prossima)

 

L'obiettivo dell'agroforesta

"Innanzitutto si parte dall'idea: cosa voglio creare? - ci spiega Jacopo Volpicelli - Dopo mi chiedo dove lo sto inserendo (non solo a livello ambientale ma anche economico e sociale) e che cosa serve. Io di solito penso al contrario, cioè escludo ciò che non è possibile e che non posso fare, altrimenti le possibilità sarebbero infinite".

 

Gli obiettivi di una agroforesta possono essere molteplici:

  • produzione di cibo (sia commerciale che di sussistenza);
  • produzione di legname;
  • rigenerazione ambientale;
  • valorizzazione di filiere erboristiche, artigianali e agrituristiche;
  • ripristino di habitat;
  • multifunzionalità sociale.
Analisi e studio delle risorse e delle possibilità

Dopo di che si passa all'analisi della propria azienda e delle sue capacità. Si fanno le analisi del suolo (sostanza organica, rapporto carbonio/azoto, ecc.); il rilievo delle condizioni climatiche (venti, esposizione, umidità, ecc.); la mappatura delle specie spontanee e delle risorse fisiche a disposizione come acqua o macchine.


Un altro tema centrale è la sostenibilità economica. Bisogna fare l'analisi di mercato e studiare la capacità di trasformare e valorizzare i prodotti ottenuti, conoscere le opportunità di vendita locale o la domanda di nuove filiere corte.


Inoltre, in questa fase è importante ricordarsi il ruolo delle colture annuali, orticole o aromatiche perché possono coprire i costi nei primi anni, prima dell'entrata in produzione delle colture arboree.


La scelta delle piante

La scelta effettiva delle specie da impiantare si fonda principalmente sull'adattabilità al contesto; sulle esigenze di luce, acqua e fertilità; sulle funzioni ecologiche (ombreggiamento, arricchimento del suolo, supporto alla biodiversità) e sulle prospettive di utilizzo e commercializzazione.


Nel modello di XFarm, per esempio, molte delle specie introdotte sono state selezionate osservando i margini dei campi e la vegetazione spontanea locale: "Una volta che ho la mia idea come la realizzo? Osservo cosa fa la natura attorno alla mia azienda e quali piante spontanee trovo. Guardo i bordi delle strade, guardo dove non c'è l'intervento umano, osservo i terreni abbandonati o gli orti familiari che ci sono nelle vicinanze. Per scegliere le piante da mettere a dimora a XFarm ho osservato i campi di olivi abbandonati e seccati per via della Xylella. Cosa succede in quei campi? L'olivo non è produttivo ma comunque crescono i x, la pianta è circondata da rovi o edera e dentro spuntano fichi, ginestre, fichi d'india, ecc… La terra prova ad attivare una successione ecologica. Quindi io mi sono ispirato a questi campi portando quelle stesse piante nel mio sistema, agevolando così il processo naturale".


A questo punto lo step successivo è il design che deve rispondere sia alle possibilità di gestione pratica che alle esigenze produttive. Occorre, quindi, pianificare la densità e la disposizione delle specie; prevedere lo spazio per la meccanizzazione o la gestione manuale; studiare le interazioni tra piante a crescita rapida, piante di supporto, specie da biomassa, arbusti e alberi da frutto per evitare che le specie vadano in competizione per la luce del sole, l'acqua, oppure i nutrienti.


Le specie dovrebbero idealmente avere molteplici usi come alimento, mangime, apicoltura o produzione di biomassa, ed è proprio questo uno dei principali vantaggi pratici dell'agroforesta: la versatilità dell'impianto e la sua multifunzionalità.

 

Ce lo spiega meglio Jacopo, che dice: "La biodiversità e la diversità in generale danno l'opportunità, nel momento in cui si presenta l'occasione, di avere già in campo degli strumenti da poter utilizzare. Ad esempio, se non pianto delle erbe aromatiche non potrò mai produrre e vendere tisane o oli essenziali; al contrario, se pianto delle erbe aromatiche e mi trovo nella condizione economica per cui ha senso produrre delle tisane, io ho già le piante in campo. Allo stesso tempo però, se non mi servono, faranno comunque parte dell'ecosistema e avranno un'altra funzione al di fuori di quella produttiva".

 

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(Fonte: XFarm - Agricoltura Prossima)

 

La gestione agronomica

Ogni agroforesta cresce e si trasforma nel tempo e di conseguenza va gestita.

 

I primi anni sono dedicati soprattutto al controllo della vegetazione spontanea attraverso la pacciamatura o la copertura del suolo, e alla coltivazione delle piante annuali e delle orticole utilizzate per garantire i primi redditi. Le piante da frutto infatti possono metterci anni per entrare in produzione e quindi garantire un reddito, in più ci vorranno anche diversi anni per ripagare l'investimento iniziale. "Bisogna trovare un modo per valorizzare gli strati successionali precedenti. Ci vuole tanta manodopera per fare questo ma in più si ha il vantaggio di avere il suolo coperto e di gestire le erbacce", afferma Jacopo.

 

Il più delle volte, gli ortaggi vengono coltivati per 1 o 2 anni fino a quando gli alberi non crescono abbastanza da ombreggiare eccessivamente le aiuole. A questo punto, possono essere introdotte altre colture erbacee più tolleranti a questa quantità di ombra, oppure gli alberi possono essere diradati o potati, apportando più luce nel sistema. Le potature possono essere tritate, se è disponibile un biotrituratore, e collocate sopra la pacciamatura.

 

"Il secondo e il terzo anno - spiega Jacopo - si potano i primi alberi e le aromatiche. Bisogna fare la potatura di allevamento, ma essendo l'agroforesta un ecosistema molto complesso, bisogna basarsi molto sulle caratteristiche specifiche di ogni pianta. Va osservato come si sviluppano le piante e cercare di capire se vogliono crescere di più o se hanno bisogno di più luce.


Per fare questo serve una manodopera qualificata. Questo tipo di lavoro, ovviamente, si può anche insegnare ma serve cambiare la mentalità con cui si guardano le cose. Non posso, per esempio, tagliare tutti gli olivi perché è il momento di potarli. Devo ragionare su una complessità più elevata, a livello di ecosistema".


In sostanza, superati i primi anni la struttura dell'agroforesta inizia a stabilizzarsi: sarà il sistema stesso a "comunicare" quali specie vanno mantenute, quali devono essere contenute o diradate per favorire le altre.

 

Difficoltà e sfide

L'aumento della complessità, se da un lato offre nuovi servizi ecosistemici e opportunità produttive, dall'altro determina alcune difficoltà gestionali.

 

Innanzitutto, lavorare in sistemi così dinamici richiede più manodopera, e soprattutto manodopera più qualificata, capace di riconoscere i comportamenti e i bisogni di ogni specie. Poi c'è il limite della meccanizzazione: le attrezzature agricole oggi disponibili sono progettate per sistemi monocolturali e per superfici ampie, raramente si adattano a impianti con filari arborei e colture consociate.

 

Dal punto di vista economico, l'investimento iniziale è più costoso del solito perché bisogna mettere a dimora molte piante a cui si aggiunge inoltre il problema del tempo di ritorno, abbastanza lungo visto che si tratta generalmente di piante arboree che ci mettono anni ad entrare in produzione.

 

Qual è poi l'opinione di chi pratica agricoltura convenzionale? "Con gli agricoltori con cui ho collaborato è stato difficile per tanti anni, finché non ho trovato la chiave per riuscire a comunicare. Loro pensano che con l'agroforestazione si voglia rifare quello che facevano i loro nonni in passato; infatti, molte pratiche dell'agroforestazione loro le conoscono già ma pensano sia un modo vecchio di fare agricoltura e fanno fatica a capire che ci si vuole impegnare per renderlo più efficiente", ci racconta Jacopo.

 

L'agroforesta di XFarm - Agricoltura Prossima

Aumento della fertilità del suolo, riduzione delle contaminazioni da sostanze chimiche di sintesi, valorizzazione degli scarti e autoproduzione, gestione efficiente delle risorse idriche e recupero della biodiversità vegetale e animale. Questo è ciò che promuove XFarm, non solo attraverso la produzione agricola ma anche attraverso la cura degli ecosistemi e il coinvolgimento attivo della comunità locale.

 

Il progetto Ages consiste nell'agroforesta di XFarm, realizzata all'interno di oliveti secolari e intensivi. Il sistema agroforestale è stato implementato in due eventi aperti di piantumazione collettiva, uno avvenuto nel 2023 e uno nel 2024. Sono state messe a dimora più di 10mila piante, appartenenti a 35 specie differenti.

 

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(Fonte: XFarm - Agricoltura Prossima)

 

La prima agroforesta è stata sviluppata in maniera collettiva e partecipata, coinvolgendo i contadini, all'interno di 1 ettaro di olivi secolari. "Abbiamo trovato dei finanziamenti per la compensazione ambientale e la riduzione della CO2. In questo modo siamo riusciti a comprare tutti gli alberi da frutto e forestali, circa 500".

 

Jacopo Volpicelli ci spiega: "Abbiamo scelto come alberi produttivi il fico e il gelso e abbiamo deciso di produrre fichi e gelsi di essiccazione. A questi alberi, sullo stesso filare, abbiamo alternato alberi di supporto e carciofi. Tra un albero produttivo e l'altro ci sono circa 6 metri e al centro c'è l'albero di supporto. Gli altri filari sono composti da carrubi e peri, carrubi e melograni e carrubi e giuggioli".

 

Cosa si intende per albero di supporto? Jacopo afferma che: "Tendenzialmente si tratta di alberi da biomassa e da sfalcio, ma possono anche essere arbusti o cespugli che si inseriscono nel sistema per attirare un certo predatore, una certa specie o una certa microbiologia. Per esempio, il lentisco lo considero un arbusto di supporto perché fa parte della macchia mediterranea e contribuisce a creare un certo tipo di habitat, ideale per le interazioni con la microbiologia del suolo e l'apparato radicale delle piante. In più è una pianta molto versatile".

 

Cos'altro ha fatto parte della pianificazione iniziale? "Abbiamo osservato i venti e di conseguenza pianificato all'inizio dei filari dei sistemi frangivento con corbezzoli e querce".

 

Per il secondo sistema agroforestale invece, i ragazzi di XFarm hanno lavorato su un impianto di oliveto intensivo. L'idea è stata quella di rimuovere degli olivi per aumentare la biodiversità del campo. Per la domanda di espianto è stato molto complesso e solo dopo 2 anni hanno ottenuto il permesso per diradare il campo. Così, hanno allargato il sesto di impianto da 3,5x5 a 7x10, tagliando alla base 1 albero ogni 2 ed eliminando così 1 filare ogni 2, per un totale di olivi rimossi di circa 1600 in 2 ettari e mezzo.

 

Gli alberi rimossi sono stati tritati, cippati e trasformati in preziosa biomassa per la pacciamatura e la protezione del suolo, rimettendo in moto i processi di rigenerazione. Ce lo spiega Jacopo: "In questo modo abbiamo comunque valorizzato gli olivi. Noi avevamo pochissima sostanza organica e un suolo con bassa capacità di ritenzione idrica. Apportando questo materiale siamo riusciti a mantenere più acqua nel terreno. Gli olivi rimasti, che volevamo tenere come produttivi, li abbiamo potati molto e fatti ripartire dalle branche.

 

In questi filari poi abbiamo deciso di aggiungere delle drupacee: susine, albicocche, pesche e percochi, creando però filari monovarietali per gestire più facilmente la maturazione. Questi alberi sono stati alternati ovviamente a piante di supporto e alla cima di rapa. Questo design non è stato fatto in maniera partecipata come il precedente, ma è stato sviluppato da me e da Antonio Di Giorgio, agronomo di Deafal".

 

Attorno ai ceppi di olivi rimossi, i due tecnici hanno creato dei sistemi da biomassa con all'incirca 24 piante tra erbacee, striscianti, alberi emergenti a lenta crescita e alberi emergenti a crescita rapida, sia autoctoni che alloctoni (come l'eucalipto e l'albizia). Si tratta di veri e propri boschetti circolari da 3 metri di diametro. L'idea è quella di rivalorizzare il ceppo di olivo e i polloni, cioè i rami che si sviluppano ai piedi dell'albero, che si formano seguendo un approccio sintropico, replicando ciò che succede naturalmente in natura, per restituire fertilità e resilienza a un suolo fortemente degradato.

 

C'è qualcosa che è andato storto nella pianificazione? "Nella prima agroforesta ho fatto degli errori che ho cercato di non replicare nell'altra. - racconta Jacopo Volpicelli - Per la preparazione del terreno l'ideale sarebbe usare un ripuntatore, per noi infattibile perché il terreno è pieno di pietre. Perciò ho chiesto in prestito un aratro a vomere singolo e abbiamo tolto più pietre possibili. In primavera abbiamo così aperto il solco con il monovomere, chiamato tanta gente a piantare in maniera collettiva, aggiunto del compost e chiuso il solco.

 

Purtroppo però in questi processi collettivi non ci si può affidare totalmente alla gente perché non tutti sanno piantare. È successo che dopo aver aperto il terreno con il vomere, la gente metteva la pianta con le radici su uno strato d'argilla compattato dal vomere e chiudeva. Le piante hanno fatto molta fatica e tante sono morte, circa il 17-18%".


Come è stato corretto questo errore? "Nel secondo impianto agroforestale l'obiettivo è stato quello di ottenere un terreno più facile da lavorare. Per questo con il monovomere abbiamo fatto ben 3 passaggi: siamo passati a destra e a sinistra del solco aprendolo e poi l'abbiamo riempito con la terra spostata sia a destra che a sinistra, creando una specie di letto rialzato. Abbiamo così piantato in questa porzione di terra soffice. Inoltre, invece di piantare subito, in estate abbiamo arricchito il suolo con compost e zeolite e lavorato con la motozappa il filare.


Dopo ho fresato tutto il filare e l'ho coperto con il cippato tutta l'estate, fino all'autunno successivo. Lasciare il terreno coperto per 6 mesi è stata una mossa molto furba perché quando piove il cippato assorbe l'acqua, che quando diventa secco si sposta sotto il cippato. Quando in autunno siamo andati a piantare e abbiamo aperto il cippato abbiamo visto un terreno molto più ricco, pieno di funghi e microrganismi. Piantare così è stato molto più semplice".


Il primo impianto agroforestale entrerà in produzione quest'anno e nel frattempo XFarm produce già olio dai restanti oliveti secolari e intensivi e vino da un vigneto a tendone, varietà Lambrusco.


Ogni scelta, dal tipo di pacciamatura alla selezione delle specie, è stata valutata tra esigenze produttive, tutela ambientale e ritorno economico. Nonostante l'accesso a fondi e bandi pubblici per sostenere i costi della transizione, gli investimenti sono stati comunque alti: 10mila euro per la messa a dimora e 15mila euro per la rimozione dei vecchi alberi.

 

A questo link tutti i passaggi del progetto Ages per la creazione delle agroforeste.

Autore: Vittoriana Lasorella

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