Luppolo: la guida per l'agricoltore dalla A alla Z

Dalla progettazione del luppoleto alla scelta varietale, fino alla gestione agronomica e fitosanitari. Una panoramica tecnica sulla coltivazione di una coltura di nicchia, sempre più strategica e redditizia anche in Italia.

Luppolo: la guida per l'agricoltore dalla A alla Z - Plantgest news sulle varietà di piante

Ogni varietà di luppolo ha un'aroma e un amaro caratteristici che vengono usati per la creazione di diverse tipologie di birre

Fonte immagine: Dipartimento di Scienze Alimentari e del Farmaco dell'Università di Parma

Quando si parla di birra, l'immaginario corre subito a un boccale fresco, dissetante, con quelle tipiche note amare che la rendono inconfondibile. E dietro a ogni sorso c'è un ingrediente chiave: il luppolo (Humulus lupulus L.).

 

Oltre ai mastri birrai oggi il luppolo interessa sempre più anche il mondo agricolo. In Italia, seppure rimanga una coltura di nicchia, la coltivazione è in aumento: agli inizi del 2000 la superficie era poco più di 3 ettari, fino ad arrivare attualmente a circa 100 ettari dedicati, distribuiti in aziende altamente specializzate.

 

Il luppolo è una specie interessante per la sua ampia adattabilità pedoclimatica e per la disponibilità di oltre 300 varietà, molte delle quali idonee alla coltivazione in Italia. Tuttavia, per avviare un luppoleto produttivo e remunerativo, è fondamentale adottare un approccio tecnico ben strutturato, che consideri con attenzione la fase di progettazione dell'impianto, la scelta varietale, la gestione colturale e la destinazione commerciale del prodotto, fortemente condizionata dalle esigenze qualitative dei birrifici artigianali.

 

Per capire come avviare un luppoleto redditizio e professionale, AgroNotizie®, in collaborazione con la Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana, ha intervistato Tommaso Ganino, professore associato al Dipartimento di Scienze Alimentari e del Farmaco dell'Università di Parma.

 

La Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana si adopera per sviluppare la cooperazione scientifica e tecnica tra il mondo della ricerca, gli imprenditori ed i professionisti del settore ortoflorofrutticolo interessando con le sue azioni ed attività un ampio settore dell'agricoltura che include le colture arboree da frutto e da legno, le piante ortive, le colture floricole, le piante ornamentali, il vivaismo, i tappeti erbosi e la gestione del paesaggio e la tutela degli spazi a verde, con il fine ultimo di favorirne il progresso e la diffusione.

 

Suolo, altitudine e temperatura: adattabilità e varietà

Per iniziare il suolo ideale per il luppolo deve essere di medio impasto, con un pH sub-acido (6,00-6,5). Questo però nella teoria, perché nella pratica la pianta si adatta ad ogni tipologia di terreno. Come spiega Ganino: "Nel nostro campo collezione il suolo ha un pH fra 7 e 8 ma con una quantità abbastanza importante di argilla. In questo caso è molto importante la tecnica agronomica per la lavorazione del terreno".

 

Infatti, per la coltivazione è fondamentale avere un terreno soffice per assecondare la crescita del rizoma, cioè un fusto sotterraneo, che è la parte importante della pianta. Un terreno quindi molto compatto potrebbe dare dei problemi per lo sviluppo e la futura produzione.

 

È consigliato poi scegliere un terreno con poco scheletro, perché il rizoma necessita di essere potato: "In primavera si pota il rizoma utilizzando una macchina a dischi (cutting machine). Ma se il terreno è troppo sassoso si rischiano danni all'attrezzatura".

 

Come altitudine in generale la pianta può crescere dagli 0 ai 1.200-1.300 metri sul livello del mare; quindi, è molto adattabile anche su questo aspetto. Il discorso però è diverso quando si parla di cultivar selezionate per la coltivazione. In questo caso si possono applicare alcuni consigli per la scelta della varietà e/o della cultivar più adatta.

 

"In generale, negli ambienti più caldi come, per esempio, in pianura o in media collina, le più adatte sono le varietà americane. Mentre negli ambienti più freschi di montagna, quindi di alta collina dai 1.000 ai 1.500 metri, si possono coltivare delle varietà europee, per esempio luppoli tedeschi o inglesi".

 

Il luppolo si adatta molto bene ai diversi ambienti pedoclimatici. In termini di cultivar selezionate ci sono alcuni criteri da seguire per la buona riuscita della produzione

Il luppolo si adatta molto bene ai diversi ambienti pedoclimatici. In termini di cultivar selezionate ci sono alcuni criteri da seguire per la buona riuscita della produzione

(Fonte: Dipartimento di Scienze Alimentari e del Farmaco dell'Università di Parma)

 

Ci sono però delle eccezioni, come per esempio la cultivar Fuggle di origine inglese che si adatta bene alle zone di bassa collina o pianura, perciò ambienti non freschi. Se coltivata in questi ambienti la birra avrà un terroir, ovvero una componente aromatica, differente dalla stessa cultivar coltivata però in alta collina.

 

Infine, per la temperatura Ganino specifica: "Possiamo dire che questa pianta si adegua a tutti i climi, a patto che la temperatura estiva non superi i 35 gradi per molti giorni consecutivi".

 

Questo perché temperature troppo alte bloccano l'accrescimento della pianta, fino a quando le condizioni non tornano più fresche. "Questa è una peculiarità abbastanza interessante, perché così spostiamo la raccolta a seconda del periodo estivo, spostandola via via più avanti, in base alla temperatura. E purtroppo con il cambiamento climatico lo spostamento di raccolta avviene in maniera sempre più frequente".

 

Temperature troppo basse, invece, rischiano di far morire i germogli, influenzando negativamente la produzione

 

Resa, aromi e varietà consigliate

Come scritto all'inizio dell'articolo esistono oltre 300 varietà di luppolo, ma in Italia per la coltivazione specializzata sono solo 4-5 le cultivar più diffuse e la cui resa varia da 800 ai 3.000 chili ad ettaro di coni secchi.

 

Partiamo dalle tre cultivar americane più conosciute: Cascade, Chinook e Columbus.

 

Cascade

È la cultivar più coltivata in Italia, famosa soprattutto per il suo aroma citrico floreale. Ha segnato l'avvento delle birre artigianali, come ad esempio lo stile birraio delle American Pale Ale.

 

"È molto interessante come varietà perché l'equilibrio fra il terroir floreale e citrico si può invertire a seconda di dove viene coltivata" racconta Ganino.

 

Inoltre, è molto flessibile alle diverse condizioni pedoclimatiche e può arrivare a produrre 1.000-2.000 chili ad ettaro di luppolo secco.

 

Chinook

Questa è meno famosa della Cascade, ma comunque coltivata in alcune regioni di Italia. È conosciuta per il suo caratteristico aroma di ananas e frutta tropicale, che consente di aromatizzare la birra, ma anche per aggiungere un tocco in più di amaro.

 

Columbus

Questa cultivar è molto richiesta per la sua amarezza. Tuttavia, alcuni birrifici la utilizzano per il terroir agrumato, talvolta pungente, che ricorda i composti solforati.

 

Altre varietà

Sono disponibili anche cultivar più antiche: Faggle e Yeoman, che sono entrambe di origine inglese.

 

"Fuggle ha segnato in Inghilterra la storia della luppolicoltura, ed è tutt'ora ancora usata. Ha delle componenti floreali importanti, ma anche una parte più terrosa che la rende meno ‘elegante' rispetto ad altri luppoli" - spiega Ganino - "E poi recentemente abbiamo testato in Lombardia la Yeoman, che ha un terroir floreale e citrico meno forte rispetto alle varietà americane".

 

Queste due, rispetto a Cascade, hanno una resa ad ettaro inferiore e non soddisfano come aroma le richieste del mercato perché richiede sapori molto forti. Quindi i luppolicoltori non sono propensi a coltivarle; tuttavia, secondo Ganino, con la giusta valorizzazione possono avere un futuro anche in Italia.

 

Guida all'impianto e alla gestione

Il luppolo è una pianta perenne e un luppoleto può restare produttivo dai 20 anni ai 25 anni: per questo motivo, la progettazione dell'impianto risulta cruciale per garantire una gestione efficiente della coltura.

 

"Il periodo migliore per creare un nuovo impianto è l'autunno. Ma fortunatamente per l'agricoltore la finestra di realizzazione è molto ampia: può andare dall'autunno fino alla fine della primavera, quindi fine aprile".

 

L'interramento del rizoma o della piantina già formata deve essere intorno ai 10 centimetri, su un suolo ben lavorato e soffice per evitare il ristagno idrico.

 

La struttura dell'impianto è la parte più importante perché sono necessari pali, con un'altezza che va dai 5 agli 8 metri, e fili che devono supportare l'intenso sviluppo della pianta.

 

"Nel periodo di accrescimento più intenso, quindi fra metà aprile e fine maggio, la parte aerea cresce di circa 20 centimetri al giorno. Il rizoma invece ha una crescita stagionale: da aprile a fine ottobre riesce ad accrescersi di almeno un metro e mezzo massimo due metri".

 

Luppoleto in produzione

Luppoleto in produzione

(Fonte: Dipartimento di Scienze Alimentari e del Farmaco dell'Università di Parma)

 

Con una crescita così veloce bisogna prestare attenzione ad alcuni aspetti. Per esempio, i nuovi germogli sono molto teneri, e questo li porta ad essere più fragili al forte vento. È sconsigliata perciò la realizzazione in zone molto ventose, come spiega Ganino: "La struttura forma proprio delle grandi vele vegetali e la pianta tende a distruggere proprio l'impianto".

 

I giovani germogli sono anche particolarmente vulnerabili agli attacchi dei patogeni: considerata l'altezza della pianta, la difesa fitosanitaria richiede quindi l'applicazione di alcuni criteri dell'arboricoltura moderna con tutti i vantaggi e gli svantaggi connessi.

 

E quanto ammonta l'investimento iniziale? 

"Solo per la struttura del luppoleto siamo attorno ai 15mila-20mila euro circa. Teniamo però conto che in Italia non c'è la tradizione di usare pali così tanto alti, i luppolicoltori professionisti che seguiamo infatti usano impianti di origine tedesca".

 

Fitopatologie: prevenzione e difesa

Le fitopatologie che colpiscono il luppolo sono simili a quelle della vite (Vitis vinifera) e vediamo di seguito le principali.

 

Le malattie fungine principali sono la Pseudoperonospora humuli che colpisce i rami, i rametti e le foglie, causando malformazioni e nei casi più gravi la morte della pianta. E l'oidio che colpisce in primavera le foglie giovani e in agosto i coni, quindi se non trattata in tempo causa ingenti danni alla produzione.

 

Gli insetti fitopatogeni da contrastare invece sono il ragnetto rosso, l'afide, la cicalina e la piralide.

 

"I principi attivi registrati per il luppolo sono pochi. Tra questi c'è il Bacillus thuringensis per la lotta contro la piralide, gli oli essenziali di arancia per contenere gli afidi e alcune crittogame, e poi zolfo e rame. Dal punto di vista della difesa è un settore che ha ancora delle difficoltà".

 

Per evitare grosse perdite l'agricoltore deve lavorare di prevenzione, utilizzando trappole per il monitoraggio degli insetti e usando prodotti biostimolanti per aumentare le difese naturali della pianta. Anche la scelta di una cultivar più tollerante nei confronti di una determinata fitopatia può essere d'aiuto.
Per esempio Cascade ha una buona tolleranza contro il fungo Pseudoperonospora humuli e sopporta bene anche l'attacco di alcune specie di afidi e di cicaline. Tale scelta però deve essere ponderata in base alle richieste dei birrifici e del mercato.

 

Dal campo al birrificio (e non solo)

È fondamentale per l'agricoltore capire il momento ideale di maturazione per raccogliere un luppolo finale di alta qualità.

 

In cultivar come Cascade anche se la raccolta ritarda di qualche giorno la pianta non produce off flavour, ovvero odori sgradevoli che ricordano l'aglio o la cipolla. In cultivar invece come Columbus questi off flavour vengono prodotti in pochi giorni, passando quindi da un buon bouquet aromatico a odori solforati non piacevoli che ne rovinano la qualità.

 

"L'agricoltore impara piano piano a riconoscere gli odori, la consistenza del cono e il colore della luppolina, cioè una polvere gialla all'interno del cono che conferisce l'amaro e l'aroma alla birra".

 

Il periodo di raccolta poi varia a seconda della cultivar e della regione di coltivazione, in generale si posizione dalla seconda decade di agosto fino all'ultima decade di settembre.

 

"Ci sono dei luppoli che rispettano tantissimo il periodo di raccolta, come Willamette che si scosta di soli 10 giorni; mentre Cascade si può scostare dalle 2 alle 4 settimane a seconda dell'annata".

 

La meccanizzazione è centrale, in quanto un campo può contenere 3.300 piante; e si utilizza in genere una macchina con un braccio che raccoglie la pianta con i coni dal basso verso l'alto, e li adagia nel carro di raccolta.

 

"Il luppolo produce più liane e le macchine raccolgono due gruppi di liane alla volta. Se un operatore dovesse raccogliere a mano una sola pianta ci metterebbe dalle 2 alle 3 ore".

 

Dopo la raccolta i coni vengono separati dalla pianta: "La macchina per la pulizia può lavorare dalle 100 alle 300 liane all'ora, quindi 300 piante all'ora" continua Ganino.

 

Il luppolo produce i coni su più liane e queste vanno raccolte dal basso verso l'alto

Il luppolo produce i coni su più liane e queste vanno raccolte dal basso verso l'alto

(Fonte: Dipartimento di Scienze Alimentari e del Farmaco dell'Università di Parma)

 

Dopo la pulitura si passa all'essiccazione, generalmente la tipologia più usata è l'essiccatoio a torre che abbassa l'umidità dei coni dall'80% al 14% impiegando in media dalle 6 alle 8 ore.

 

Oltre alla filiera principale legata alla trasformazione in birra, è interessante anche l'utilizzo degli scarti del luppolo. Ad esempio, si stanno studiando i potenziali impieghi della fibra, che presenta caratteristiche intermedie tra la canapa e il cotone. Un altro ambito di ricerca riguarda la trasformazione degli scarti in materiali per packaging, sia alimentari che no, con l'obiettivo di aumentare la sostenibilità degli imballaggi. Infine, è possibile riportare gli scarti direttamente in campo, utilizzandoli come sostanza organica per arricchire il suolo.

 

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Autore: Chiara Gallo

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