Dal biologico al rigenerativo: l'esperienza concreta di chi ha fatto la conversione

Quali sono gli elementi da cui partire per convertire la propria azienda all'agricoltura rigenerativa? Ce lo spiega Paolo Marostegan dell'azienda Al Confin, che in Veneto alleva suini, vacche e polli attraverso il pascolo rotazionale e sta progettando un'agroforesta

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L'allevamento all'azienda Al Confin si fonda su un pascolo razionale dinamico con lo spostamento quotidiano dei bovini e settimanale dei polli e dei suini

Fonte immagine: Azienda agricola Al Confin

Sempre più aziende agricole guardano con interesse all'agricoltura rigenerativa. Ma come si affronta, nella pratica, un percorso di conversione?

 

Oltre all'adozione in campo di varie pratiche, di cui parliamo in questo articolo, che hanno l'obiettivo principale di salvaguardare e migliorare la salute del suolo, un percorso di conversione all'agricoltura rigenerativa deve essere in primis supportato da un cambio di paradigma. Significa ripensare il ruolo dell'azienda agricola all'interno di un ecosistema, rimettere al centro la fertilità del suolo, integrare coltivazioni e allevamenti in un'ottica di multifunzionalità e costruire relazioni ecologiche, economiche e sociali più equilibrate.

 

A raccontarci come si realizza tutto questo, passo dopo passo, è Paolo Marostegan dell'azienda agricola Al Confin, una realtà di circa 8 ettari in provincia di Vicenza. L'azienda ha iniziato il suo percorso nel biologico oltre vent'anni fa; oggi si muove in una direzione più agroecologica attraverso il pascolo razionale, l'agroforestazione, la multifunzionalità e la vendita diretta.

 

In questo articolo approfondiamo, attraverso l'esperienza di Paolo, gli elementi fondamentali da cui partire per convertire la propria azienda agricola in rigenerativa che non riguardano solo le tecniche, ma anche la mentalità, l'organizzazione aziendale e il rapporto con il territorio.

 

Il cambio di mentalità

La conversione di Paolo è partita quando ha cominciato a mettere in discussione i paradigmi dell'agronomia tradizionale. "L'azienda era dei miei genitori e loro allevavano vacche da latte. Nel 2001 io ho cominciato la conversione al biologico. La mia è stata una scelta etica, anche ispirata da quello che faceva mio padre che era 'un moderato' nell'uso della chimica. Io volevo lavorare in un ambiente incontaminato, il più possibile senza rischi per la salute, soprattutto quella dei lavoratori".

 

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(Fonte: Azienda agricola Al Confin)

 

Già in quegli anni però Paolo stava mettendo le basi per un'agricoltura che andava oltre il biologico: "L'avevo definita una fattoria a ciclo chiuso, scollegata dal mercato convenzionale. La mia era un'idea un po' estrema all'epoca e l'ho portata avanti anche attraverso la costruzione di due fabbricati in paglia (un rustico dove c'è un magazzino e una sala didattica e la casa di abitazione che ospita due famiglie, la mia attuale e quella dei miei genitori). Così abbiamo cominciato a mettere in pratica la sostenibilità in tutte le sue sfaccettature. Abbiamo un furgone a metano per fare le consegne, un impianto fotovoltaico, produciamo in casa il cippato e il compost che ci serve, eccetera. Quindi, questa è l'impostazione attuale che deriva unicamente da una scelta personale, intima, etica. All'epoca non avevo una gran visione del mercato e, nonostante oggi le cose siano un po' diverse, i miei principi sono rimasti tali e oggi ci troviamo già al passo coi tempi".

 

Formazione e consulenza

Per Paolo, il passaggio all'agricoltura rigenerativa è iniziato circa 6-7 anni fa: "La conversione vera e propria è cominciata dal momento in cui ho conosciuto persone che applicavano queste teorie che all'epoca non avevano nemmeno un nome preciso, ma si basavano su una visione più filosofica del biologico e su esperienze fatte all'estero".

 

La veterinaria Francesca Pisseri e il perito agrario e consulente tecnico di agricoltura rigenerativa e sistemi agroecologici integrati, Matteo Mazzola, all'inizio erano semplici presenze durante eventi e progetti, oggi sono consulenti stabili dell'azienda Al Confin. "Ci seguono per i progetti Psr, per convenzioni con enti, ma soprattutto ci aiutano in un percorso che è ancora in corso", racconta Paolo.

 

Il percorso è cominciato dal comparto zootecnico ma oggi si estende a tutta l'azienda, compresa l'organizzazione interna: "Vogliamo convertire anche la nostra struttura organizzativa. Passare da un sistema piramidale a un'organizzazione più comunitaria. Non dico circolare, ma sicuramente più piatta. Quindi adesso stiamo coinvolgendo i dipendenti con l'obiettivo di cambiare la struttura aziendale nei prossimi 3-8 anni in modo che sia più a portata di essere umano e meno basata sul legame imprenditore dipendente".

 

La progettazione e le pratiche rigenerative

In un'azienda rigenerativa nulla è lasciato al caso: pascolo, orticole, alberi, fertilità, tutto è connesso. "Il primo passo è stato quello di razionalizzare l'uso e la concezione dell'animale nel sistema agroecologico - racconta Paolo - abbiamo cominciato a considerare l'animale come produttore di fertilità e trasformatore di energia in biomassa".

 

L'allevamento all'azienda Al Confin si fonda su un pascolo razionale dinamico con lo spostamento quotidiano dei bovini e settimanale dei polli e dei suini. "Ogni giorno i bovini pascolano in una parcella diversa trovando sempre erba verde e tornano sulla prima solo dopo 28-30 giorni. Qui l'erba è ricresciuta, è di nuovo appetibile e nutriente. I polli e i suini, invece, ruotano ogni settimana e ogni 4 settimane tornano sulla parcella numero 1, in cui trovano di nuovo un prato più vigoroso e possono alimentarsi anche degli insetti".

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Con il pascolo l'azienda ha ridotto l'uso di mangimi a base cerealicola: "Si tratta di una alimentazione comunque impattante dal punto di vista ecologico e ambientale - spiega Paolo Marostegan - Con il pascolo, invece, otteniamo anche il vantaggio di distribuire in contemporanea di concimare il terreno e aumentare la fertilità, ottimale per la successione con colture orticole o seminativi. In questo modo si chiude il ciclo del carbonio, si accumula fertilità e si converte CO2 atmosferica in carbonio organico".

 

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Il pascolo razionale dei suini

(Fonte: Azienda agricola Al Confin)

 

Quali altre pratiche di agricoltura rigenerativa avete messo in pratica?

"La gestione della fertilità non finisce qui. La lettiera degli animali viene anche compostata con un'apposita macchina e poi viene distribuita nell'orto. Ora stiamo passando da una lettiera di paglia a una lettiera a base di cippato, un po' più permanente e capace di dare maggiore fertilità al suolo, specie per quelle orticole più esigenti come la fragola".

 

Parallelamente, l'azienda sta agroforestando l'intera superficie, attraverso impianti progettati sia con fondi europei sia con il supporto di un progetto di tesi di laurea di uno studente dell'Università di Padova. "Abbiamo creato filari distanti anche 30 metri tra loro, in modo da poterci coltivare tra un filare e l'altro. Questi alberi sono progettati per essere pascolabili: i polli mangeranno bacche e insetti, i maiali sfrutteranno fronde e frutti caduti, le vacche pascoleranno le fronde foraggere di alberi come olmo e gelso".

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Al Confin è anche un'azienda multifunzionale, capace non solo di produrre cibo ma anche di offrire servizi aggiuntivi utili alla comunità, con il vantaggio ulteriore di generare fonti di reddito diversificate. "Noi ospitiamo i bambini tutti i giorni, abbiamo un progetto di educazione in natura e durante l'estate dei centri estivi in cui ospitiamo anche 40-42 bambini a settimana. Da 7-8 anni ci siamo attivati anche come fattoria sociale con servizio disabilità".

 

Paolo ci spiega meglio la struttura aziendale: "L'azienda oggi è di 8 ettari, di cui 6 in proprietà. Siamo circa 12 collaboratori: c'è chi si occupa della campagna, della bottega, delle consegne a domicilio, dei bambini e della produzione dei pasti per i bambini. Oltre allo staff c'è sempre qualche stagista, tesista o wwoofer".

 

Tra ostacoli e resistenze

Convertire un'azienda agricola all'agricoltura rigenerativa significa anche scontrarsi con sistemi normativi e culturali pensati per un'agricoltura industriale. Paolo lo sa bene: "Il pascolo degli animali nell'agroforesta è innovativo, ma è anche completamente illegale. Tutte queste cose sono valide, finanziate dalla Comunità Europea, ma non sono dichiarabili. Gli animali, infatti, devono stare al coperto o al chiuso, per questo noi abbiamo fatto delle casette mobili e così tutti i nostri animali hanno un ricovero su ruote".


Ci sono infatti tutte le norme di biosicurezza da rispettare, pensate però per allevamenti intensivi. "Dobbiamo applicare le stesse regole come se allevassimo in un capannone industriale. Non ha senso sterilizzarci gli stivali per passare da un pollaio all'altro perché per noi può essere normale calpestare una pozzanghera o una macchia di fango. Sono cose che valgono per gli ambienti industriali dove è tutto pavimentato, sterilizzabile e lavabile. Ma in un contesto come questo non hanno senso".

Per adeguarsi, spesso, servono soluzioni paradossali: "Abbiamo messo dei bagni da cantiere in mezzo ai campi, per rispettare i requisiti che i veterinari dell'Asl ci chiedevano".


Un altro ostacolo incontrato lungo il processo di conversione è la difficoltà nel reperire conoscenze e competenze tecniche. "Un conto è sbagliare tante volte e alla fine stufarsi. Un altro è sbagliare un paio di volte e trovare chi ti dice 'la prossima volta fai così'. Per questo servono tecnici formati, capaci di saper consigliare e che sappiano spiegare come rendere fattibili certe pratiche. Tecnici che siano formati in più ambiti perché l'agroecologia per definizione è una scienza interconnessa a mille altre scienze".


I risultati della conversione all'agricoltura rigenerativa

Che cambiamenti hanno notato all'azienda Al Confin da quando mettono in pratica l'agricoltura rigenerativa?

I primi risultati riguardano la qualità organoletica dei prodotti, che è sempre migliore nel corso degli anni.

 

Ma ci sono anche altri tipi di risultati, forse meno evidenti agli occhi di qualcuno meno esperto: "Sicuramente si vedono animali belli, in forza, come i polli che hanno piumaggi e zampe con colori intensi. I maiali esprimono le loro caratteristiche etologiche, perciò assumono comportamenti molto diversi da quelli che potrebbero avere in un capannone. Qui i maiali riescono a tenere ferma la fronda degli alberi con le zampe anteriori finché col muso non la pascolano. Nessun animale di allevamento o che viene liberato ad un certo punto in un campo riesce a riprendere queste abilità. Le vacche, invece, hanno un mantello e un pelo più brillante".

 

L'effetto rigenerativo si estende all'intero ambiente di lavoro: "Dal punto di vista etico e personale - spiega Paolo - l'ambiente è più facile e bello da vivere e si lavora per instaurare rapporti comunitari più sereni, costruttivi ed empatici".

 

Il rapporto con i clienti

Come accennato in precedenza, il cambio di paradigma deve coinvolgere anche l'economia aziendale. All'azienda Al Confin fanno solo vendita diretta, attraverso una bottega o le consegne a domicilio.

Il rapporto con i consumatori è diretto e consapevole: "I clienti percepiscono la qualità. La sentono immediatamente in bocca nella verdura, nel salame, nel pollo, eccetera. Sono consapevole però che i ritmi attuali non sono facili da gestire per una famiglia, e diventa difficile organizzarsi e rifornirsi direttamente da più aziende agricole. Ma chi lo fa evidentemente percepisce il valore aggiunto".


Uno dei nodi più critici è quello dei prezzi. Paolo lo dice chiaramente: "Negli ultimi anni, soprattutto nel comparto orticolo, c'è stata una grande speculazione. Noi attualmente, e da vent'anni, vendiamo l'insalata a prezzi decisi da altri, basati cioè sui prezzi di mercato: oggi vale 1 euro, domani 1,50 euro, dopodomani 2 euro o 20 centesimi. Sono tutti prezzi scollegati dal vero costo di produzione.

Per far fronte a questo problema, abbiamo scelto di calcolare i prezzi in base ai costi reali di produzione, in modo da stabilire un prezzo equo e stabile e svincolarci da queste dinamiche commerciali. Dopo di che il problema sarà comunicare questa decisione, nella giusta maniera, ai clienti".


Paolo cita anche l'idea alternativa di passare ad una Csa, Comunità che Sostiene l'Agricoltura, attraverso la definizione di un prezzo annuale e la preparazione di una cassetta di frutta e verdura a settimana per i clienti iscritti.


Consigli per chi vuole iniziare la conversione all'agricoltura rigenerativa

"Consiglio di visitare realtà, studiare, mettersi in gioco, pensare nuove dinamiche e cambiare paradigmi. Niente di tutto ciò è semplice, si tratta di una trasformazione profonda che deve procedere un passo alla volta; l'importante è cominciare dall'intraprendere il cammino con perseveranza e coerenza. Dopo di che ognuno dovrà ricavarsi la sua soluzione sulla base della propria personalità, del proprio mercato e del proprio contesto", afferma Paolo Marostegan.

 

In particolare, l'agricoltore sottolinea l'importanza di fare rete: "Tutti noi agricoltori dovremmo superare questo tabù storico culturale che ci portiamo dietro per cui il mondo agricolo è sempre l'ultima ruota del carro. Dobbiamo cominciare a coltivare di più le relazioni tra persone e imparare a scambiarci informazioni, esperienze, errori e manchevolezze, ma anche attrezzi, ore di lavoro, eccetera. È vero che il settore agricolo è sempre stato, storicamente, un settore povero e non credo che nessun agricoltore diventerà mai milionario, però si può lavorare molto sul migliorare la qualità della vita".

Autore: Vittoriana Lasorella

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