Nocciolo e siccità: tre consigli agronomici per la gestione idrica

Coperture vegetali e potatura favoriscono l'efficienza idrica in corileto, mentre la scelta del portinnesto può migliorare l'adattabilità della frutticola a un clima sempre più estremo. Una gestione agronomica mirata per ottimizzare il naturale rapporto suolo-pianta

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Il nocciolo è una frutticola suscettibile alla carenza idrica e ha una bassa regolazione stomatica (Foto di archivio)

Fonte immagine: AgroNotizie®

La coltivazione del nocciolo (Corylus avellana) in Italia sta diventando sempre più interessante per le aziende agricole e il settore, di conseguenza, si sta specializzando per produrre nocciole di qualità negli areali vocati. Però anche questa coltura deve fare i conti con il contesto climatico sempre più instabile caratterizzato da estati più lunghe e temperature elevate.

 

In particolare, lo stress idrico anche se leggero compromette la qualità dei frutti - aumentando l'incidenza del vuoto e riducendo la resa in sgusciato - perché è una specie sensibile alla carenza di acqua e con scarsa capacità di regolazione stomatica.

 

Negli areali particolarmente siccitosi il corilicoltore può intervenire non solo con sistemi irrigui efficienti, ma anche gestendo in modo mirato il sistema suolo-pianta, adottando pratiche agronomiche che migliorano la capacità di trattenere e utilizzare l'acqua. In questo articolo quindi si fa una panoramica sulla gestione del terreno e sulle cure colturali consigliate per gestire al meglio questo sistema e rendere il noccioleto più resiliente.

 

Coperture vegetali per trattenere l'acqua

Questa arborea semi selvatica si adatta a condizioni pedoclimatiche diverse, ma esprime il massimo potenziale in suoli realmente vocati. Le analisi pedologiche pre impianto sono quindi un passaggio fondamentale per valutare struttura, profondità e capacità di ritenzione idrica.

 

Oltre alle operazioni classiche di preparazione del terreno, messa a dimora della cultivar e degli impollinatori e installazione dell'irrigazione, è importante anche la gestione della parte superficiale del suolo con diverse pratiche agronomiche quali la pacciamatura, il sovescio e/o l'inerbimento.

 

L'inerbimento è la pratica più conosciuta in noccioleto e consiste nel tenere un manto erboso tra i filari e all'interno della singola fila di piante. Il suolo così non rimane mai esposto agli agenti atmosferici con una serie di vantaggi, fra cui una migliore penetrazione dell'acqua piovana che consente un accumulo idrico in profondità.

 

Uno svantaggio però è che le essenze usate richiedono un certo fabbisogno idrico, difficile da soddisfare se l'impianto si trova in zone particolarmente siccitose. In questo caso è consigliato optare per piante tolleranti e con apparato radicale profondo, come le festuche e il loietto. Queste, oltre a non andare in competizione con la coltura principale, consentono una copertura omogenea e sono facili da gestire meccanicamente.

 

Corileto inerbito

Con l'inerbimento il suolo non rimane esposto agli agenti atmosferici

(Fonte: © Robbic - Adobe Stock)

 

Se non si vuole optare per un inerbimento completo si può usare la pacciamatura, coprendo solo la base della pianta con materiali organici o biodegradabili che limitano la perdita di umidità e stabilizzano la temperatura del suolo. Per esempio, la paglia migliora la capacità di trattenere l'acqua durante le stagioni poco piovose. Inoltre, riduce l'erosione e il ruscellamento superficiale in collina.

 

Oppure si può applicare il sovescio, però con delle accortezze. È consigliato seminare le essenze in autunno, in modo da intercettare le piogge autunno invernali, e sfalciarle alla ripresa vegetativa del nocciolo (massimo entro metà aprile). Bisognerebbe poi interrare gli sfalci prima del periodo estivo, in modo da incrementare la risorsa idrica che tornerà utile al momento del bisogno.
Come per l'inerbimento è bene evitare la competizione fra la coltura principale e le piante da sovescio; quindi, il corilicoltore può valutare un miscuglio con specie tolleranti alla carenza idrica.

 

In generale, queste tre pratiche agronomiche aumentano la sostenibilità ambientale ed ecologica del noccioleto, risultando particolarmente adatte per chi vuole coltivare in regime biologico.

 

Potatura della chioma: un nocciolo equilibrato è più efficiente

Per limitare la traspirazione fogliare, ovvero la perdita d'acqua per evaporazione, è importante potare il nocciolo in modo da mantenere una chioma leggera, ben arieggiata e illuminata.

 

La quantità di foglie influenza, infatti, la traspirazione: una chioma troppo fitta aumenta la superficie evaporante e, di conseguenza, il fabbisogno idrico complessivo. Una potatura regolare consente di mantenere un buon equilibrio vegeto produttivo, eliminando il legno vecchio e i polloni in eccesso, e favorendo la crescita di nuovi rami più efficienti. In questo modo la pianta utilizza meglio l'acqua disponibile, migliora l'attività fotosintetica e affronta meglio i periodi di stress idrico estivo.

 

Anche le radici hanno il loro perché

È importante ricordare che anche la genetica radicale svolge un ruolo centrale nella gestione dello stress idrico. L'effetto del portainnesto si collega in particolare alla capacità di assorbimento dell'acqua e alla regolazione della traspirazione.

 

Nonostante l'analisi dei segnali mediati dalle radici in situazioni di carenza idrica sia molto complessa, un recente studio ha sottolineato l'influenza positiva del portainnesto non pollonifero Dundee sulla cultivar San Giovanni nel rispondere alla carenza idrica. Le piante infatti hanno aumentato la loro efficienza intrinseca sull'uso dell'acqua e la loro capacità di recupero dopo il periodo di siccità.

 

L'uso di un portainnesto non pollonifero potrebbe quindi risultare una strategia promettente per adattare la produzione ad un clima sempre più imprevedibile. Un ambito di ricerca che però richiede ancora del tempo per essere esplorato fino in fondo.

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Autore: Chiara Gallo

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