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Mandorlo, l'Italia riscopre la sua coltivazione

L'incremento dei consumi di mandorle, e frutta secca in generale, spinge molti agricoltori a coltivare mandorli. Ad oggi la produzione made in Italy copre il 2% del fabbisogno italiano. Ma cosa serve per coltivarlo? Quali sono le prospettive del settore?

Mandorlo, l'Italia riscopre la sua coltivazione - Plantgest news sulle varietà di piante

La Sicilia è la prima regione produttrice in Italia, seguita dalla Puglia. Crescono in Italia altri areali produttivi, anche nel nord Italia

Fonte immagine: © Vito Vitelli

La coltivazione del mandorlo in Italia sta vivendo un periodo di rinnovato interesse, dopo anni di forte contrazione. Dal 2013 al 2020, in base ai dati Istat, la produzione è passata dalle 75.300 tonnellate (con 54.400 ettari) alle 84.600 tonnellate (con 55.500 ettari) mentre dal 1970 al 2012 la produzione era passata dalle 230mila tonnellate alle 90mila tonnellate (con ettari da 296mila a 68.500 ettari). Questo trend positivo degli ultimi anni è stato possibile grazie all'incremento dei consumi di frutta secca, in particolare mandorle e noci: nel primo semestre del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, la vendita di mandorle sgusciate è cresciuta del 15,6% a volume e del 12,7% a valore (Fonte Iri, Retail Iper + Super + LSP). Il progressivo declino produttivo avvenuto nella seconda parte del secolo scorso ha permesso ai nostri competitor di prendere il sopravvento: oggi la sola California rappresenta l'80% del mercato mondiale. Da segnalare comunque che la quantità prodotta oggi sul territorio italiano riesce a soddisfare solo il 2% della domanda interna, aprendo così scenari interessanti e promettenti agli agricoltori che cercano alternative valide alle coltivazioni più tradizionali.

"La Sicilia oggi è la prima regione italiana nella coltivazione del mandorlo - spiega Corrado Bellia, direttore del Consorzio della mandorla di Avola -. Nel 2019 sono stati coltivati circa 32mila ettari (contro i 19mila della Puglia, seconda regione) per una produzione di circa 55-60mila tonnellate, che riguarda in particolare il territorio tra le province di Siracusa e Ragusa. Per capire l'evoluzione della mandorlicoltura siciliana basta ricordare che nel decennio successivo alla seconda guerra mondiale la superficie coltivata a mandorlo era di circa 250mila ettari. I mandorli di Avola fioriscono tra la fine di dicembre ed i primi di gennaio, circa 2 mesi prima delle altre mandorle siciliane o pugliesi. La raccolta viene effettuata, prevalentemente manuale ed agevolata da una abbacchiaturacon canne e pertiche e con teli di plastica stesi sotto gli alberi, tra la fine di luglio ed i primi di settembre.
Questa contrazione produttiva si è verificata per una riduzione dei consumi di mandorle, per l'arrivo del prodotto californiano venduto a prezzi molto più bassi e per l'aumento della coltivazioni agrumicole e frutticole ritenute più reddittizie. Le nostre mandorle vengono coltivate in modo tradizionale e con grande attenzione alla qualità ed alla salubrità. Ad esempio la nostra gestione delle piante evita le condizioni per lo sviluppo di alcune specie di Aspergillus (fungo della famiglia Trichocomaceae)
che poi all'interno della mandorla sono responsabili della presenza di aflatossine. Al contrario lo sviluppo di queste tossine è favorito dalla coltivazione con il metodo californiano. Infatti nel 2007 l'UE aveva bloccato le importazioni dalla California. Purtroppo la stessa UE ha poi deciso di riaprire all'import dagli Sati Uniti d'America innalzando la quantità consentita di aflatossina nella frutta secca da 4 a 10 μg, aumentando così il pericolo per la salute dei consumatori. Credo comunque che il settore mandorlicolo made in Italy avrà un ulteriore sviluppo nei prossimi anni, anche se è necessario che la politica metta in campo adeguate misure di promozione, di valorizzazione del prodotto e di sostegno al comparto. La situazione pandemica legata al Covid-19 ci ha però creato non poche difficoltà visto la contrazione delle vendite legate alla confetteria, alla pasticceria ed alla gelateria".

 
Mandorla di Avola, una delle principali produzioni di mandorle in Italia
La mandorla di Avola, una vera eccellenza del made in Italy
(Fonte foto: © Mandorlavola Tossani Srl)


Il mandorlo è una pianta robusta e rustica che si adatta bene a molti tipi di terreno (pur preferendo quelli leggeri e non troppo umidi) e non ha particolari esigenze dal punto di vista climatico (vive bene sia nei climi caldi che nei climi più freddi, resistendo a temperature anche di -5°/-10° C). Inoltre non ha grandi esigenze dal punto di vista idrico, pur necessitando di essere irrigata nei momenti di particolare stress. Detto questo è però necessario differenziare oggi in Italia due diverse modalità di coltivazione: una più tradizionale (evoluzione di quella centenaria usata nei vecchi mandorleti) ed una molto più moderna detta superintensiva (importata dagli Stati Uniti d'America e dalla Spagna). Al momento l'evoluzione di quella più tradizionale rappresenta la più usata, tale da permettere una gestione più oculata delle piante ed una produzione economicamente soddisfacente e di qualità. Di seguito andremo a dare alcuni spunti generali su come affrontare, in un mandorleto italiano, la gestione dell'impianto, la scelta del portinnesto, la scelta varietale, l'irrigazione, l'aspetto della potatura, la concimazione e la difesa fitosanitaria. Sette piccole lezioni utili ad approcciarsi alla coltivazione del mandorlo in Italia. Per una panoramica completa sulla coltivazione del mandorlo si rimanda ad alcuni video del prof. Francesco Sottile, Docente del Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università di Palermo, in collaborazione con la Soat di Siracusa e ad altri video ed articoli realizzati dall'agronomo Vito Vitelli. In alcuni casi faremo comunque qualche accenno alla coltivazione superintensiva, anche per confrontarla con quella tradizionale.
 

L'impianto

Nella realizzazione del mandorleto è necessario mettere a dimora le piante, tolte dai semenzai ai primi di ottobre, entro il periodo natalizio dello stesso anno. Questo per non rischiare di avere piante poi troppo 'bloccate' e che abbiano una ripresa vegetativa tardiva. Per l'esposizione dei filari è opportuno scegliere la direzione nord-sud, per favorire una uniforme e costante distribuzione della luce. Dal punto di vista della densità d'impianto nei menadorleti tradizionali si scelgono le distanze di 5 nell'interfila e 4 metri lungo la fila (nel passato era di 6x4 metri) - stiamo parlando quindi di 230-330 piante ad ettaro -, anche se oggi si può arrivare in alcuni casi a 2,5-3x4 metri (attività in sperimentazione). Negli impianti superintensivi, che permettono la raccolta e la potatura in continuo con macchine scavallatrici, si può arrivare a 1-1,5x3-3,5 metri - si arriva fino a 1.800 piante per ettaro -.
 

Il portinnesto

I portinnesti più usati nella coltivazione in Italia sono quelli prodotti da seme: il franco di mandorlo (ad esempio Don Carlo per seme dolce e Catuccia per seme amaro), il franco di pesco (GF 305, Nemaguard, Montclar), gli ibridi interspecifici pesco x mandorlo (GF 677, Garmen), il susino (Penta) ed il mirabolano. Questi però presentano un apparato radicale fittonante che può manifestare alcuni problemi in caso di terreni pesanti, non drenati ed argillosi. Gli stessi portainnesti possano essere realizzati tramite micropropagazione o moltiplicazione in vitro con maggiore garanzia della qualità e della salute del prodotto ma che in alcuni casi possono avere un'apparato radicale più superficiale che può dare problemi in terreni con un franco di coltivazione non ottimale. Per gli impianti superintensivi i portinnesti più usati sono il Rootpac® 20 e Rootpac® 40, entrambi con bassa vigoria e nanizzanti.

 
Mandorlo coltivato a vaso libero, tipica forma d'allevamento made in Italy
Esempio di piante di mandorlo made in Italy allevate a vaso libero
(Fonte foto: © Blog di Vito Vitelli)
 

La varietà

La scelta varietale non può prescindere da due aspetti: varietà autofertili ed a fioritura tardiva. Questi aspetti permettono di superare i problemi legati alle difficoltà d'impollinazione (il polline del mandorlo è troppo leggero e l'impollinazione con api ed insetti è troppo vincolante) e ad andamenti climatici non ottimali, gelate tardive in primis. In questo momento in Italia sono due le varietà principali: Genco e Tuono, entrambe però utilizzabili per il consumo diretto e per la trasformazione. Le due varietà sono reperibili presso i Vivai F.lli Zanzi e i Vivai Battistini.
"La varietà Tuono - viene spiegato dai Vivai F.lli Zanzi sul web site aziendale - viene raccolta a fine agosto/primi di settembre. E' autofertile e con epoca di fioritura medio-tardiva. Presenta una produzione elevata, una pezzatura della mandorla sgusciata elevata (4,5 grammi circa) e con un sapore ottimo e gustoso. La resa in sgusciato è del 35-40%". "La varietà Genco - spiega i Vivai Battistini sul suo web site aziendale - presenta un'epoca di raccolta tardiva. Ha un'elevata e regolare produzione ed è autofertile. Buona resa dello sgusciato, con buone caratteristiche organolettiche del frutto. La percentuale di frutti doppi è molto bassa, quasi assente". Altre varietà autofertili e con fioritura tardiva o medio-tardiva sono: Falsa Barese, Francolì, Lauranne® Avijor*, Mocayo. Ricordiamo anche Fascionello (una delle tre coltivata ad Avola), Fellamasa, Ferragnes, Fragiulio Grande, Glorietta, Masbovera, Pepparudda, Pizzuta d'Avola (una delle tre coltivata ad Avola), Sannicadro, Trianella (tutte varietà presenti nelle Liste varietali del 2016, ultimo anno di pubblicazione all'interno del progetto finanziato dal Mipaaf e dalle regioni). Si ricordano anche alcune varietà che sono state in questi anni soggette a sperimentazione e che ultimamente vengono proposte come novità dai vivaisti specializzati: Garibaldina, Antoneta, Marta, Belona, Mardia, Soleta.
 

L'irrigazione

Pur essendo il mandorlo una pianta rustica l'aspetto dell'acqua è un elemento importante in una produzione moderna. Apportare la giusta quantità d'acqua e nel momento appropriato è determinante per ottenre oggi una buona e costante produzione oltre che mantenere alto il livello qualitativo. In linea generale è necessario apportare circa 1.000 m3/ha di acqua all'anno, utilizzando preferibilmente un impianto a microirrigazione esterno, ad esempio quello a goccia. Sono molte però le aziende agricole che si sono orientate alla subirrigazione, che permette un risparmio d'acqua rispetto a metodi localizzati più tradizionali del 30-40% ed una meccanizzazione più facile. Su AgroNotizie potete leggere un articolo del 2019 che approfondisce questo tema e l'irrigazione del mandorlo secondo Irritec.
 

La potatura

Questa pratica ha una sua certa importanza, sia nel passato che oggi. Un consiglio però, nella coltivazione in Italia, è quello di limitare la potatura nei primi anni d'allevamento per ridurre l'effetto stimolante che i tagli possono dare alla pianta nel vegetare e di conseguenza di ritardare o limitare la capacità produttiva delle piante. Quindi nei primi 2-3 anni si possono effettuare pochi ma mirati tagli e lasciare così la pianta libera di raggiungere l'equilibrio vegeto produttivo il prima possibile (oltre lo spazio che gli abbiamo preparato nell'impianto). Altro discorso è legato alla potatura meccanica negli impianti superintensivi: leggi l'articolo 'La potatura del mandorlo in siepe' pubblicato sul web site di Agromillora, azienda spagnola che ha messo a punto il sistema di coltivazione utilizzato in Spagna. Per maggiori indicazioni sulla tecnica di potatura in genre si rimanda ai video ed agli articoli del Prof. Sottile dell'Unipa e di Vito Vitelli, che vi ho prima indicato o che troverete su internet.

 
Raccolta delle mandorle con macchina scavallatrice in impianto superintensivo
Mandorlo, piante allevate a siepe o siepone: impianto superintensivo
(Fonte foto: presentazione di Vito Vitelli, durante evento 'Mandorlo in Puglia' del 30 agosto 2016 - Blog di Vito Vitelli)
 

La concimazione

Il mandorlo è una pianta che si adatta anche ai terreni non particolarmente ricchi di nutrienti e sostanza organica, che spesso s'incontrano nei terreni del sud Italia. E' però evidente che per avere una produzione all'altezza delle esigenze economiche moderne la concimazione rappresenta un elemento importante. Il nutriente più importante di tutti in termini quantitativi è l’azoto, da apportare in autunno, prima che la pianta perda le foglie, e in primavera, subito prima della fioritura. Altri due macronutrienti presentano una certa importanza per questa specie arborea: il fosforo e il potassio. Poi non possiamo dimenticare alcuni micronutrienti come ad esempio il calcio, il boro, il magnesio, il boro e lo zolfo. Per maggiori informazioni sulla concimazione del mandorlo si può consultare il web site di Ilsa Group.
 

La difesa

Le malattie e gli insetti nocivi del mandorlo sono diversi. Per quanto riguarda virus e viroidi, come per tutte le frutticole ed orticole, si possono controllare con l’utilizzo di piante certificate, acquistandole da vivaisti qualificati. Se invece dobbiamo citare qualche malattia funginea ricordiamo i marciumi bruni (Monilia laxa e Monilia fructigena), il cancro dei nodi (Fusicoccum amygdali), il corineo o impallinatura (Coyneum bejerinckii), le macchie rosse delle foglie (Polystigma ochraceum). Tra gli insetti abbiamo gli afidi (Brachycaudus spp., Myzus persicae e Hyalopterus pruni), la cimicetta del mandorlo (Monosteira unicostata), la tignola del pesco (Anarsia lineatella), gli acari (Tetranichus urticae e Panonychus ulmi) ed il capnode (Capnodis tenebrionis).
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Per approfondire il tema del mandorlo e della coltivazione superintensiva nel sud Italia è possibile leggere l'articolo 'Il sud Italia punta sul mandorlo' pubblicato su AgroNotizie nel dicembre 2019. Consula anche la banca dati di Plantgest per avere maggiori informazioni sulle singole varietà e su come poterle acquistare.

Autore: Lorenzo Cricca
© Plantgest - riproduzione riservata

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