2021
18
Mandorlo, made in Italy d'autore
Il trend produttivo delle mandorle è positivo, grazie alla spinta data dai consumi. Una vera riscoperta per gli agricoltori. Come si sta comportando il mercato e cosa serve per coltivarlo?
Il mandorlo o Prunus dulcis è una pianta da frutto originaria dell'Asia minore che si è diffusa col tempo in tutto il bacino del Mediterraneo e poi negli Stati Uniti d'America e nei paesi asiatici. In Italia oggi viene coltivato soprattutto nell'areale meridionale, Puglia e Sicilia in primis. L'Italia per molti anni ha detenuto il primato mondiale nella produzione di mandorle ma con il passare del tempo ha perso progressivamente posizioni, fino ad arrivare all'inizio degli anni duemila al punto più basso. Oggi però la coltivazione del mandorlo in Italia sta vivendo un periodo di rinnovato interesse. Dal 2013 al 2020, in base ai dati Istat, la produzione è passata dalle 75.300 tonnellate (con 54.400 ettari) alle 84.600 tonnellate (con 55.500 ettari) mentre dal 1970 al 2012 la produzione era passata dalle 230mila tonnellate alle 90mila tonnellate (con ettari da 296mila a 68.500 ettari).
Questo trend positivo degli ultimi anni è stato possibile grazie all'incremento dei consumi di frutta secca: nel primo semestre del 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, la vendita di mandorle sgusciate è cresciuta del 15,6% a volume e del 12,7% a valore (Fonte Iri, Retail Iper + Super + LSP). "Il trend positivo della frutta secca - spiega Arianna Ceccarelli, junior brand manager di Euro Company - è ormai consolidato da oltre dieci anni, spinto da un consumatore sempre più consapevole dei benefici e delle qualità della categoria. Dal punto di vista della produzione il mercato è in crescita: si stima un aumento generale di piantagioni, e la produzione mondiale di frutta secca è stimata in 5,3 milioni di tonnellate (+15% sul 2019/2020). Per quanto riguarda invece la frutta disidratata è stimato un leggero ribasso sul 2019/2020 con 3 milioni di tonnellate. Guardando nello specifico le mandorle: gli europei ne sono sempre più golosi, un frutto che sta diventando praticamente essenziale nei nuovi alimenti immessi nel mercato. Sono oltre 5mila i nuovi prodotti a base di mandorla lanciati in Europa nel 2019, confermando così per ben cinque anni consecutivi la mandorla come l'ingrediente più amato nelle novità del mercato. Nel 2019 le mandorle hanno rappresentato oltre il 40% di tutte le novità con frutta a guscio introdotte (fonte: rapporto Innova Market Insights' Global New Product Introductions)".
"La coltura in Italia si sta rapidamente facendo spazio - conclude Ceccarelli -. In particolar modo nelle zone collinari prossime al mare e nei terreni agronomicamente meno interessanti (visto anche che non ha grandi esigenze di coltivazione). Questa crescita è legata anche alle maggiori conoscenze scientifiche di oggi, che permettono all'agricoltore di avere un ampio ventaglio di possibilità imprenditoriali. La mandorla sta infatti uscendo dal suo areale storico di allevamento del Sud Italia, per andare a scoprire nuovi territori dotati di clima e temperatura idonei allo sviluppo ed alla fruttificazione di queste piante. Molti vivaisti e centri di ricerca hanno inoltre lavorato per selezionare le migliori varietà, ottenendo un'ampia scelta d'innesti diversificati, capaci di garantire una elevata qualità del prodotto ed in grado di adattarsi anche a climi meno miti rispetto alle regioni del Sud Italia".
Il mandorlo è quindi una pianta rustica che si adatta bene a molti tipi di terreno, pur preferendo quelli leggeri e non troppo umidi. Non ha particolari esigenze climatiche ed ambientali. L'aspetto dell'acqua è un elemento importante nella produzione moderna: apportare la giusta quantità e nel momento appropriato è determinante per ottenere oggi una buona e costante produzione, oltre che un alto livello qualitativo. In linea generale è necessario apportare circa 1.000 m3/ha di acqua all'anno, utilizzando preferibilmente un impianto a microirrigazione esterno, ad esempio quello a goccia. Dal punto di vista della coltivazione è necessario differenziare oggi in Italia due diverse modalità: una più tradizionale (evoluzione di quella centenaria usata nei vecchi mandorleti) ed una molto più moderna detta superintensiva (importata dagli Stati Uniti d'America e dalla Spagna). Al momento l'evoluzione di quella più tradizionale rappresenta la più usata, tale da permettere una gestione più oculata delle piante ed una produzione economicamente soddisfacente e di qualità. Per maggiori informazioni puoi leggere "Mandorlo, l'Italia riscopre la sua coltivazione" pubblicato su Plantgest.
Mandorla di Avola, le cultivar di mandorle più pregiate sui mercati internazionali
(Fonte foto: © Consorzio mandorla di Avola)
"La mandorlicoltura made in Italy - spiga Marinella Cisternino, dei Vivai Fortunato - sta attraversando un periodo di trasformazione importante. Sono diverse le aree che si stanno riconvertendo a mandorlo, abbandonando quelle colture che necessitano di elevata manodopera o che non sono più remunerative. Oltre vedere diversi vecchi impianti adattarsi alle nuove necessità. Nel Lazio, ad esempio, vediamo intere aree che si stanno ricoprendo di mandorli, regione che fino a poco tempo fa aveva pochissimi impianti. La Puglia mandorlicola è tornata ad investire su questa coltura. La Sicilia sta dando un forte impulso al settore. Segue a ruota la Sardegna. Una spinta al settore arriva dagli investimenti finanziati da fondi europei ed anche da investitori privati. Dal punto di vista agronomico i nuovi impianti sono specializzati ed intensivi (sesti di 5x5 metri o 5x4 metri, con densità pari a 400/500 piante per ettaro) con portinnesti vigorosi (che lasciano la pianta sviluppare molta vegetazione e che allo stesso tempo producano molti frutti e rami a frutto) o addirittura superintensivi (sesti di 4x1,5 metri o m 4x0,80 metri, con densità per ettaro 1700/3000 piante per ettaro) utilizzando portinnesti nanizzanti e forme di allevamento a parete. In Italia la prima scelta è quella più attuata. Queste tecniche, soprattutto la seconda, permettono l'uso di macchine, sia raccoglitrici che agevolatrici per la potatura, che possono essere utilizzate anche per l'ulivo".
A livello di gestione dell'impianto rimane strategico fare la giusta scelta della varietà. Elemento che deve però partire da due consapevolezze: varietà autofertili ed a fioritura tardiva. Questi aspetti permettono di superare i problemi legati alle difficoltà d'impollinazione e ad andamenti climatici non ottimali, gelate tardive in primis. In questo momento in Italia sono due le varietà principali: Genco e Tuono, entrambe però utilizzabili per il consumo diretto e per la trasformazione. Le due varietà sono reperibili presso i Vivai F.lli Zanzi e i Vivai Battistini, partner del progetto Plantgest.
"Oggi la Tuono è la varietà più coltivata in assoluto - conclude Cisternino -. Seguono poi Filippo Ceo, Genco, Supernova, Guara (semenzale di Tuono). Un pò più staccate abbiamo Vairo* (anch'essa semenzale di Tuono), Soleta, Isabelona e le varietà di ultima introduzione a fioritura extra tardiva Penta e Makaco. In pasticceria la più richiesta è la Filippo Ceo, oltre ad essere la più pagata dai commercianti e sgusciatori-trasformatori di mandorle. Altra storia sono le varietà per l'uso in confetteria dove le più richieste rimangono la siciliana Pizzuta d'Avola e la pugliese Fra Giulio grande, varietà di grosse dimensioni ed a frutto singolo. Interessanti per questo uso anche Tuono, Soleta ed a volte anche Genco. Le varietà italiane sono di qualità superiore a quelle straniere, e tutti lo sanno. Migliorarne le loro potenzialità produttive e la qualità del prodotto dovrebbero essere il traguardo da raggiungere per il miglioramento genetico".
Questo trend positivo degli ultimi anni è stato possibile grazie all'incremento dei consumi di frutta secca: nel primo semestre del 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, la vendita di mandorle sgusciate è cresciuta del 15,6% a volume e del 12,7% a valore (Fonte Iri, Retail Iper + Super + LSP). "Il trend positivo della frutta secca - spiega Arianna Ceccarelli, junior brand manager di Euro Company - è ormai consolidato da oltre dieci anni, spinto da un consumatore sempre più consapevole dei benefici e delle qualità della categoria. Dal punto di vista della produzione il mercato è in crescita: si stima un aumento generale di piantagioni, e la produzione mondiale di frutta secca è stimata in 5,3 milioni di tonnellate (+15% sul 2019/2020). Per quanto riguarda invece la frutta disidratata è stimato un leggero ribasso sul 2019/2020 con 3 milioni di tonnellate. Guardando nello specifico le mandorle: gli europei ne sono sempre più golosi, un frutto che sta diventando praticamente essenziale nei nuovi alimenti immessi nel mercato. Sono oltre 5mila i nuovi prodotti a base di mandorla lanciati in Europa nel 2019, confermando così per ben cinque anni consecutivi la mandorla come l'ingrediente più amato nelle novità del mercato. Nel 2019 le mandorle hanno rappresentato oltre il 40% di tutte le novità con frutta a guscio introdotte (fonte: rapporto Innova Market Insights' Global New Product Introductions)".
"La coltura in Italia si sta rapidamente facendo spazio - conclude Ceccarelli -. In particolar modo nelle zone collinari prossime al mare e nei terreni agronomicamente meno interessanti (visto anche che non ha grandi esigenze di coltivazione). Questa crescita è legata anche alle maggiori conoscenze scientifiche di oggi, che permettono all'agricoltore di avere un ampio ventaglio di possibilità imprenditoriali. La mandorla sta infatti uscendo dal suo areale storico di allevamento del Sud Italia, per andare a scoprire nuovi territori dotati di clima e temperatura idonei allo sviluppo ed alla fruttificazione di queste piante. Molti vivaisti e centri di ricerca hanno inoltre lavorato per selezionare le migliori varietà, ottenendo un'ampia scelta d'innesti diversificati, capaci di garantire una elevata qualità del prodotto ed in grado di adattarsi anche a climi meno miti rispetto alle regioni del Sud Italia".
Il mandorlo è quindi una pianta rustica che si adatta bene a molti tipi di terreno, pur preferendo quelli leggeri e non troppo umidi. Non ha particolari esigenze climatiche ed ambientali. L'aspetto dell'acqua è un elemento importante nella produzione moderna: apportare la giusta quantità e nel momento appropriato è determinante per ottenere oggi una buona e costante produzione, oltre che un alto livello qualitativo. In linea generale è necessario apportare circa 1.000 m3/ha di acqua all'anno, utilizzando preferibilmente un impianto a microirrigazione esterno, ad esempio quello a goccia. Dal punto di vista della coltivazione è necessario differenziare oggi in Italia due diverse modalità: una più tradizionale (evoluzione di quella centenaria usata nei vecchi mandorleti) ed una molto più moderna detta superintensiva (importata dagli Stati Uniti d'America e dalla Spagna). Al momento l'evoluzione di quella più tradizionale rappresenta la più usata, tale da permettere una gestione più oculata delle piante ed una produzione economicamente soddisfacente e di qualità. Per maggiori informazioni puoi leggere "Mandorlo, l'Italia riscopre la sua coltivazione" pubblicato su Plantgest.
Mandorla di Avola, le cultivar di mandorle più pregiate sui mercati internazionali
(Fonte foto: © Consorzio mandorla di Avola)
"La mandorlicoltura made in Italy - spiga Marinella Cisternino, dei Vivai Fortunato - sta attraversando un periodo di trasformazione importante. Sono diverse le aree che si stanno riconvertendo a mandorlo, abbandonando quelle colture che necessitano di elevata manodopera o che non sono più remunerative. Oltre vedere diversi vecchi impianti adattarsi alle nuove necessità. Nel Lazio, ad esempio, vediamo intere aree che si stanno ricoprendo di mandorli, regione che fino a poco tempo fa aveva pochissimi impianti. La Puglia mandorlicola è tornata ad investire su questa coltura. La Sicilia sta dando un forte impulso al settore. Segue a ruota la Sardegna. Una spinta al settore arriva dagli investimenti finanziati da fondi europei ed anche da investitori privati. Dal punto di vista agronomico i nuovi impianti sono specializzati ed intensivi (sesti di 5x5 metri o 5x4 metri, con densità pari a 400/500 piante per ettaro) con portinnesti vigorosi (che lasciano la pianta sviluppare molta vegetazione e che allo stesso tempo producano molti frutti e rami a frutto) o addirittura superintensivi (sesti di 4x1,5 metri o m 4x0,80 metri, con densità per ettaro 1700/3000 piante per ettaro) utilizzando portinnesti nanizzanti e forme di allevamento a parete. In Italia la prima scelta è quella più attuata. Queste tecniche, soprattutto la seconda, permettono l'uso di macchine, sia raccoglitrici che agevolatrici per la potatura, che possono essere utilizzate anche per l'ulivo".
A livello di gestione dell'impianto rimane strategico fare la giusta scelta della varietà. Elemento che deve però partire da due consapevolezze: varietà autofertili ed a fioritura tardiva. Questi aspetti permettono di superare i problemi legati alle difficoltà d'impollinazione e ad andamenti climatici non ottimali, gelate tardive in primis. In questo momento in Italia sono due le varietà principali: Genco e Tuono, entrambe però utilizzabili per il consumo diretto e per la trasformazione. Le due varietà sono reperibili presso i Vivai F.lli Zanzi e i Vivai Battistini, partner del progetto Plantgest.
"Oggi la Tuono è la varietà più coltivata in assoluto - conclude Cisternino -. Seguono poi Filippo Ceo, Genco, Supernova, Guara (semenzale di Tuono). Un pò più staccate abbiamo Vairo* (anch'essa semenzale di Tuono), Soleta, Isabelona e le varietà di ultima introduzione a fioritura extra tardiva Penta e Makaco. In pasticceria la più richiesta è la Filippo Ceo, oltre ad essere la più pagata dai commercianti e sgusciatori-trasformatori di mandorle. Altra storia sono le varietà per l'uso in confetteria dove le più richieste rimangono la siciliana Pizzuta d'Avola e la pugliese Fra Giulio grande, varietà di grosse dimensioni ed a frutto singolo. Interessanti per questo uso anche Tuono, Soleta ed a volte anche Genco. Le varietà italiane sono di qualità superiore a quelle straniere, e tutti lo sanno. Migliorarne le loro potenzialità produttive e la qualità del prodotto dovrebbero essere il traguardo da raggiungere per il miglioramento genetico".
Autore: Lorenzo Cricca