Il rovo è originario dell'Africa meridionale. Tanti sono i poeti e scittori che ne hanno decantato la pianta e le sue virtù. Il poeta Virgilio scrive in una sua opera: 'è tempo di intessere canestri leggeri con virgulti di rovo'. Anche Esopo, nella favola la volpe e il rovo, parla di questa pianta. Secondo una leggenda popolare, le more non andrebbero colte dopo il 29 settembre, giorno di San Michele. In quel giorno, infatti il demonio, dopo essere stato cacciato dai cieli, nel suo girovagare notturno precipitò in un boschetto di rovi, ferendosi e pungendosi. Da allora ogni anno, in tale giorno, il maledetto esce dall’inferno, e torna sulla terra per scagliare la sua maledizione contro il pungente cespuglio, sputandoci sopra e facendo seccare i suoi frutti, rendendoli immangiabili. In realtà in quel periodo i frutti delle more perdono di sapore e consistenza, coprendosi di ragnatele e di muffa.
Cresce nei luoghi assolati e polverosi, non gli importa di avere vicino calcinacci, desolazione e rovine. I contadini non lo amano perché è infestante, e dicono: 'Concedetegli uno spazio e vi arriverà fino in camera'. Il frutto carnoso, come quello della fragola, è un falso frutto. I veri frutti sono i 'semini' che ricoprono il falso frutto. Il sapore è eccellente quando il frutto è pienamente maturo, decisamente più acido ed asprigno quando non ha ragginto ancora la maturità.