Mandorlo, olivo e corbezzolo: quando irrigare in tempo di crisi
La gestione dell'acqua può passare dal deficit idrico controllato, che permette di risparmiare risorse mantenendo rese e qualità. Tre studi mostrano risposte diverse, ma indicano strategie utili per adattarsi alla siccità

La moderna frutticoltura è chiamata a trovare nuove soluzioni per adattarsi alla crisi idrica (Foto di archivio)
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La siccità rappresenta una sfida crescente per la frutticoltura. La carenza idrica compromette ogni anno la produttività dei raccolti e le previsioni indicano un ulteriore peggioramento, essendo l'Italia un hotspot della crisi climatica. La prospettiva futura evidenzia inoltre un rischio di ridotta sostenibilità per le future generazioni: l'eccessivo prelievo di acqua può infatti compromettere la qualità delle falde, accentuando ulteriormente la fragilità delle risorse idriche disponibili.
La frutticoltura moderna è quindi chiamata a individuare soluzioni innovative e a concentrarsi non tanto sulla quantità di acqua da distribuire, quanto sul momento ottimale per irrigare, in un'ottica di risparmio idrico ed efficienza d'uso.
Di queste tematiche se n'è parlato durante la quindicesima edizione delle Giornate Scientifiche della Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana (Soi), tenutasi a Pisa dal 25 al 27 giugno 2025. I ricercatori e le ricercatrici, infatti, hanno presentato studi innovativi per rispondere alle attuali sfide climatiche concentrandosi sull'uso del deficit idrico controllato e sulla coltivazione di piante mediterranee autoctone.
In questo articolo AgroNotizie® riporta gli interventi con le soluzioni più interessanti per olivo, mandorlo e corbezzolo.
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Deficit irrigation nell'olivo: risultati e varietà
L'olivo (Olea europaea L.) è la pianta simbolo del Mediterraneo e naturalmente tollerante alla siccità, oggi però è messa alla prova dalla crisi climatica e dall'aumento della domanda di olio extravergine.
"È fondamentale valutare strategie irrigue sostenibili che garantiscano rese adeguate e un olio di qualità" dice Antonella Gori, dell'Università di Firenze.
Una delle tecniche agricole più efficaci è il regulated deficit irrigation che, come dice il nome stesso, consiste nel limitare strategicamente l'irrigazione in determinate fasi fenologiche che sono meno sensibili alla carenza idrica. Nel caso dell'olivo questa fase fenologica coincide con la formazione del nòcciolo all'interno della drupa.
"Il successo di questa tecnica dipende tantissimo dalle varietà ed è qui che sta il punto. Mentre conosciamo molto bene le risposte fisiologiche e biochimiche delle cultivar più diffuse, conosciamo ancora troppo poco le risposte delle cultivar autoctone".
Lo studio, perciò, ha confrontato tre varietà di olivo che sono Arbequina, di origine spagnola e già coltivata nei sistemi intensivi, Leccio del Corno e Maurino che sono entrambe due cultivar autoctone della Toscana.
Sono state coltivate circa 100 giovani piante in vaso sottoposte da luglio fino a settembre a due diversi regimi irrigui: irrigazione piena e deficit irrigation. Le osservazioni sono state condotte in due momenti, dopo 20 e 40 giorni dall'inizio del trattamento, attraverso misure di fisiologia della pianta (fotosintesi, conduttanza stomatica, relazioni idriche e idrauliche), valutazioni delle curve di vulnerabilità xilematica e infine analisi chimiche sui frutti, con particolare attenzione alla qualità nutraceutica e organolettica dell'olio ottenuto.
I risultati hanno sottolineato una forte variabilità nel rispondere allo stress idrico: Arbequina ha mantenuto alti livelli fotosintetici privilegiando la produttività, ma con un maggiore consumo d'acqua; Leccio del Corno ha mostrato un'elevata efficienza d'uso dell'acqua un carattere adattativo molto importante, mentre Maurino si è confermata la meno performante, con cali netti sia negli scambi gassosi che nella qualità fenolica delle drupe suggerendo che sia una cultivar che necessita di una piena irrigazione.
Da un'analisi più approfondita delle curve di vulnerabilità xilematica è emerso che Arbequina è più suscettibile alle embolie, mentre Leccio del Corno ha una buona tolleranza a questo fenomeno. L'embolia xilematica, conosciuta anche come cavitazione, si verifica con la formazione di bolle d'aria nella pianta ed è causata da un'eccessiva traspirazione (la pianta perde molta acqua sotto forma di vapore acqueo dalle foglie) o da stress idrico creando così un blocco nei vasi. Questo fenomeno può causare disseccamento e nei casi più gravi morte dell'albero.
Sulla qualità delle drupe infine, avendo Arbequina mantenuto gli scambi gassosi anche sotto stress, è stata in grado di indirizzare parte dei nutrienti nel frutto. Infatti, ha mantenuto livelli costanti sia di fenoli che di flavonoidi.
Lo studio ha sottolineato che Arbequina è la cultivar più anisoidrica, cioè che reagisce allo stress idrico chiudendo solo parzialmente gli stomi, garantendo comunque lo svolgimento della fotosintesi. E quindi è la più idonea per questa tecnica irrigua controllata, ma anche Leccio del Corno ha un buon potenziale.
In conclusione, la selezione varietale si deve basare non solo sui tratti fisiologici ma anche idraulici, per riuscire a risparmiare acqua in un Mediterraneo sempre più soggetto alla siccità.
Mandorlo Guara: riposte in deficit idrico controllato
Il mandorlo (Amygdalus communis L.) è una specie che pur essendo tollerante alla siccità risponde positivamente all'irrigazione.
"Questa frutticola si presta bene a pratiche di regulated deficit irrigation perché nella fase di kernel peeling è possibile imporre uno stress controllato senza compromettere la formazione del seme" spiega Pasquale Losciale dell'Università di Bari.
Lo studio è stato condotto per tre anni sulla cultivar Guara, innestata su GF677, con tre diversi regimi irrigui: piena irrigazione (100%), moderata (80%) e severa (60%). Dopo la raccolta, tutte le piante sono state riportate alla piena idratazione.
"Gli obiettivi sono quelli di studiare il comportamento fisiologico di Guara, che sembrerebbe essere suscettibile allo stress idrico. E poi in funzione delle diverse disponibilità irrigue valutare quali potrebbero essere le variabili ecofisiologiche da utilizzare per ottimizzare protocolli di regolazione del deficit idrico".
Si è monitorata quindi la crescita delle mandorle per stabilire i momenti ottimali in cui introdurre la restrizione idrica con la misurazione di diversi parametri fisiologici, tra cui fotosintesi, conduttanza stomatica, traspirazione, potenziale idrico e indici legati all'efficienza fotosintetica. È stata inoltre valutata la produttività idrica, cioè i chilogrammi di mandorle ottenuti per metro cubo di acqua distribuita.
I risultati hanno mostrato che il deficit irrigation moderato non ha compromesso l'accrescimento della drupa né la sostanza secca accumulata al suo interno, permettendo di mantenerne la qualità e ridurre l'uso di acqua. Al contrario, lo stress più severo ha aumentato i casi di mallo aderente, con ricadute negative sulla qualità.
Secondo Pasquale Losciale, in futuro sarebbe utile determinare delle soglie sulla fotosintesi in relazione alla conduttanza stomatica può rappresentare un buon indicatore per guidare le decisioni irrigue.
"Il monitoraggio della pianta è necessario per capire, non quanto, ma quando irrigare per gestire al meglio l'acqua" conclude Losciale.
Corbezzolo, una opportunità contro l'aridità?
Oltre all'applicazione del deficit idrico controllato su colture tradizionali come mandorlo e olivo, gli agricoltori possono guardare anche a specie ancora poco esplorate, come il corbezzolo (Arbutus unedo).
Pianta tipica della macchia mediterranea, capace di adattarsi a suoli poveri e ambienti aridi, il corbezzolo potrebbe rappresentare un'interessante opportunità per coltivazioni alternative in areali marginali, con potenziali ricadute non solo produttive ma anche commerciali, grazie all'utilizzo dei frutti e delle foglie in ambito alimentare e cosmetico.
Ed è su questa prospettiva che si è concentrata la ricerca di Francesca Alderotti, del Cnr di Pisa - Sesto Fiorentino, con lo scopo di valutare le risposte di questa specie alle cure colturali che si usano nella moderna frutticoltura.
Lo studio ha allevato le piante con un sesto di impianto di 3 x 6 metri, in due forme differenti, a singolo fusto e a fusti multipli, e sottoposte a due regimi irrigui: irrigazione estiva o coltivazione in asciutta. Su sei piante per ciascun trattamento sono stati monitorati parametri fisiologici come fotosintesi, conduttanza stomatica, potenziale idrico e osmotico, contenuto idrico fogliare ed efficienza del Fotosistema II. Alla raccolta sono stati valutati anche resa, pezzatura, colore e qualità sensoriale delle bacche tramite un panel test.
I risultati hanno mostrato differenze significative. Le piante irrigate hanno mantenuto valori più elevati di fotosintesi e conduttanza stomatica, mentre quelle non irrigate hanno sofferto uno stress idrico moderato.
Anche la forma di allevamento ha inciso: le piante a singolo fusto hanno mostrato una maggiore efficienza negli scambi gassosi e un'idratazione fogliare più stabile rispetto a quelle a fusti multipli, dove è emersa una competizione interna tra polloni.
Dal punto di vista produttivo, le piante a singolo fusto hanno garantito rese superiori, pur con frutti di pezzatura minore, mentre quelle a fusti multipli hanno prodotto frutti più grossi ma in quantità inferiore.
Un altro aspetto interessante riguarda la qualità sensoriale. Le bacche provenienti da piante irrigate hanno ottenuto i punteggi più alti in termini di succosità, aroma e sapore complessivo, con una colorazione più intensa considerata un carattere commerciale rilevante. Al contrario, quelle non irrigate, soprattutto provenienti da piante a singolo fusto, sono risultate più farinose al gusto.
"La combinazione migliore è risultata l'allevamento a singolo fusto con irrigazione estiva - conclude Alderotti - perché ha garantito rese più alte e una migliore qualità dei frutti".
Si aprono perciò nuove prospettive: il corbezzolo è una pianta marginale ma questi risultati indicano un buon potenziale per integrarla come specie nelle strategie di diversificazione colturale in aree poco vocate.
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Autore: Chiara Gallo