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Portinnesti, i principali per specie

Quali sono i migliori portainnesti oggi a disposizione degli agricoltori per le principali specie frutticole? Quali sono le principali novità?

Portinnesti, i principali per specie - Plantgest news sulle varietà di piante

Il portinnesto, una pratica

Fonte immagine: © Brszattila - Adobe Stock

Alla fine dell'800 compare in agricoltura l'uso del portinnesto o portainnesto, per poter coltivare al meglio alcune piante. Nel caso della vite permetteva di risolvere il problema della fillossera, malattia che stava affliggendo la viticoltura europea: come piede veniva usata la vite americana, resistente alla malattia, sulla quale veniva innestata vite europea, decisamente più produttiva e migliore per qualità. Ma che cos'è il portinnesto? È la parte basale o l'apparato radicale di una pianta (detto anche soggetto) sulla quale viene innestata la parte aerea (nesto od oggetto) di un’altra pianta, compatibile con la precedente (sia stessa specie che specie diversa). Il risultato di questa operazione è una nuova pianta, ottenuta saldando tra loro le due parti.

Gli scopi principali di questa tecnica nei fruttiferi sono diminuire la taglia della pianta, anticipare l'entrata in produzione, aumentare la produttività, indurre resistenza alle avversità biotiche e abiotiche, gestire meglio il terreno, migliorare le forme d'allevamento, ridurre l'uso dell'acqua, aumentare la sostenibilità ambientale, migliorare la qualità dei frutti, eccetera. Ma quali sono i portinnesti da usare nelle principali piante da frutto? La redazione di Plantgest fa il punto tra vecchi portinnesti ancora in uso e tra le principali novità che si stanno affacciando sul mercato.

Ciliegio, tante le novità

In questa coltura rileviamo il maggior numero d’innovazione e di novità tra tutte le principali specie frutticole coltivate in Italia. Novità che sono in gran parte già in uso. Al momento possiamo dire che i portinnesti più usati sono GiSelA® 5 e 6 per la Pianura Padana mentre i GiSelA® 5 e 3 per gli ambienti montani. Si segnala però che negli ultimi anni sono stati introdotti nuovi GiSelA® come il 12, il 13 e il 17. Sono più vigorosi, più rustici e versatili rispetto ai precedenti. Al momento però sono in fase di sperimentazione su larga scala. Nelle aree collinari e montane sono ancora diffusi il Colt, il MaxMa Delbard® 60 e il Cab6P: per la loro capacità di tollerare i terreni calcarei o con limitata disponibilità idrica. Al centro-sud-Italia i portinnesti più diffusi sono quelli derivanti da P.mahaleb: MaxMa Delbard® 60, MaxMa Delbard® 14, SL64 e anche il Colt. Segnaliamo anche due recenti introduzioni e ancora in fase di piena valutazione: il Krymsk® 5 - vigoroso, rustico, molto resistente alla siccità e ai terreni calcarei - e il Rootpac®R con innesto intermedio di Adarà® - indicato per i reimpianti su terreni stanchi o con presenza di Armillaria.

Pesco, siamo fermi al palo

Al nord Italia il GF 677 è ancora il punto di riferimento. In Romagna, areale importante per la peschicoltura italiana, c'è un incremento all'uso di Puebla Adesoto® 101*, interessante per la tolleranza al ristoppio e ai terreni stanchi (con presenza di Armillaria). Da segnalare che l'Istharà® Ferciana*, dopo un'iniziale diffusione (primi anni duemila) negli areali produttivi piemontesi, è stato gradatamente abbandonato per un ritorno al GF 677. Nel Sud Italia oltre al GF 677 si usano anche il Cadaman* e il Garnem*, visto la presenza di terreni marginali o fortemente calcarei.


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Ecco tanti cotogni pronti per essere usati come portinnesto per il pero
(Fonte foto: © Geoplant Vivai)

Per l'albicocco poche novità

In questa specie non si notano grandi novità. Il portinnesto di riferimento rimane il Mirabolano 29C. Seguito dal Mirabolano da seme. Il primo è particolarmente indicato per i terreni più fertili e per le zone pianeggianti mentre il secondo trova ancora spazio nelle aree collinari con terreni più difficili e marginali. Su albicocco è stato testato con successo il Rootpac® R Replantpac* che oltre a risultare resistente agli attacchi di Armillaria migliora in maniera significativa la qualità dei frutti. Testato anche l'uso del GF 677 come piede con un innesto intermedio di pesco: soluzione adatta per le zone con forte presenza di Capnodio, oppure nei terreni molto calcarei e siccitosi.

Susino, una sola possibilità

In questa specie è il Mirabolano 29C il portinnesto più usato.

Melo, cambio della guardia in vista

Nel settore melicolo oggi il principale portinnesto è l'M9. Le sue principali caratteristiche sono la rusticità, l'adattabilità ambientale, la capacità di dare produzioni abbondanti e costanti nel tempo, frutti di elevata qualità e calibro ed entrata anticipata in piena produzione (già alla 4°-5° foglia). Negli ultimi anni però sono emerse alcune problematiche che hanno messo in luce dei limiti: non ha particolari resistenze o tolleranze alle malattie (Erwinia amylovora, Afide lanigero, Marciumi del colletto e scopazzi del melo in primis), ha una certa predisposizione alla produzione di polloni, bassa capacità di sostenere stress idrici (anche eccessi d'acqua) ed elevata salinità, una certa predisposizione per la stanchezza del terreno (e una bassa tolleranza al reimpianto), una scarsa adattabilità ai nuovi sistemi di allevamento moderni a multi-asse e una bassa resistenza al freddo.

Ecco all'ora le principali novità. Dal programma americano di Geneva quelli più interessanti sono il Geneva® G11*, il Geneva® G41* ed il Geneva® G213*. Questi nuovi portannesti sono migliorativi rispetto ai precedenti per resistenza alle malattie (in particolare a quelle batteriche e dell’apparato radicale), per capacità nanizzante, per l'elevata efficienza produttiva e per una certa resistenza alla stanchezza. Dal programma neozelandese di Plant and food research e da quello britannico della East Malling Rootstock Club sono in false di sperimentazione diverse selezione che però al momento non sono state rilasciate in commercio.

Pero, c'è vita oltre il cotogno

E' il cotogno il principale portinnesto usato per il pero. Coltura che negli ultimi tre decenni è cresciuta grazie proprio all'introduzione di portainnesto, soprattutto in alcuni areali produttivi. Le sue peculiarità sono la capacità di controllare il vigore della varietà e della pianta in genere, permettere l'aumentare della densità d'impianto, ottenere un frutto di qualità e anticipare la messa a frutto delle piante. Nel corso degli anni però si sono evidenziati alcuni limiti agronomici che hanno reso necessario un cambiamento: disaffinità con alcune varietà, la sensibilità alla clorosi ferrica e l'alternanza produttiva.
Ogni areale ha il suo portainnesto migliore: nell'area ferrarese con aziende medio-grandi, con elevata meccanizzazione e sistemi d'allevamento ad alta densità, è il cotogno l'unico che viene usato per ridurre la vigoria e aumentare la produttività; nell'area romagnola con aziende piccole, con coltivazione più tradizionale e sistemi d'allevamento a bassa densità (e palmetta), si usano portinnesti più vigorosi come il franco e gli autoradicati; nell'area modenese che vive una situazione aziendale intermedia rimane il cotogno il portainnesto di riferimento.

Tra i vari portainnesto di Cotogno segnaliamo i principali: l'Emc che è il portinnesto nanizzante per eccellenza, il cotogno BA29 che è il più rustico e diffuso e il Sydo® che è in espansione e tollerante al calcare attivo. Tra le novità più interessanti si segnalano l'EMH e l'Adams. Si segnala anche un novità assoluta sui portinnesti del pero: alternativa al cotogno potrebbero essere i portinnesti franchi o le piante autoradicate. Tra i franchi ricordiamo quelli della serie Farold® (ad esempio il 40, il 69 e l'87) e della serie Fox® (ricordiamo il 9, l'11 ed il 16). Per informazioni sull'autoradicato - e soprattutto dell'autoradicazione della Conference su cui viene innestata l'Abate Fetel - segnaliamo un articolo pubblicato su AgroNotizie dal titolo 'Pere, come ripartire'.

Autore: Lorenzo Cricca
© Plantgest - riproduzione riservata

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