Definire con esattezza l'origine del radicchio non è facile. Si pensa che le sue radici crescono
nell'antico oriente. Di sicuro sappiamo che era già
conosciuto dai greci e dai romani, a cui attribuivano proprietà curative (soprattutto a livello del sonno e della depurazione). In alcuni testi di quell'epoca di Plinio il Vecchio (23-79 a.C.) e di Galeno (129 d.C.-210 d.C.) si parla del radicchio come erba utile per il fegato e per chi ha problemi nel prendere sonno.
Il suo vero e proprio
arrivo in Italia avviene nel XVI secolo. Da quel momento iniziò la coltivazione su larga scala.
La
prima mostra dove compare il radicchio rosso di Treviso è datata 20 dicembre 1900 ed è stata organizzata da Giuseppe Benzi, un agronomo di origine lombarda trasferitosi nel 1876 a Treviso come insegnante.
Non chiare sono le
origine sulla tecnica dell’imbiancamento, necessaria in alcuni tipi di radicchio. Due sono le versioni:
- Francesco Van den Borre, capostipite di una famiglia di vivaisti, giunge nel 1860 in Veneto dal Belgio. Realizza meravigliosi giardini per i nobili dell'epoca. Durante il suo periodo in Italia scopre il radicchio anche come interessante pianta ornamentale. Bisogna migliorarla e sfrutta così una tecnica già conosciuta nelle ornametali, che è appunto lo sbiancamento usando acqua di fonte fresca;
- I contatidini della fine dell'800 hanno problemi nel conservare il radiccchio. Provano così all'arrivo dell'inverno a conservarlo in aree protette o nelle stalle. Il risultato è buono, soprattutto se conservato vicino all'acqua di fonte fresca che viene di tanto in tanto cambiata (che ne provoca anche un imbiancamento).
All'inizio degli anni '60 la sua coltivazione aumentò, sviluppandosi anche in altre regioni italiane come Abruzzo, Emilia-Romagna, Lombardia, Marche e Puglia.