Reportage

Uva da tavola, tra limiti e potenzialità

Come è andata nel 2021 per l'uva da tavola? Plantgest ha chiesto ad alcuni protagonisti del settore di dirci che stagione è stata accompagnandoci anche tra le difficoltà di questo settore e tra le sue potenzialità in vista di un rilancio a breve termine

Uva da tavola, tra limiti e potenzialità - Plantgest news sulle varietà di piante

La campagna dell'uva da tavola italiana dopo un buon inizio, anche se con produzioni in ritardo per epoca di maturazione, si è progressivamente complicata e resa difficile tra problemi climatici, consumi che non sono decollati, aumento dei costi di produzione, insorgenza di malattie fungine e crollo dei prezzi. Per le varietà precoci la produzione è stata buona e di qualità con un mercato che ha assorbito bene l'offerta. Poi situazioni ambientali non favorevoli e un consumo decisamente poco soddisfacente hanno creato problemi alle varietà intermedie e tardive.

“Abbiamo le produzioni migliori al mondo - spiegava Giacomo Suglia, presidente di Apeo e vicepresidente di Fruitimprese, in un recente comunicato stampa - per qualità e per sicurezza. Eppure la Grande distribuzione non ci riconosce questi valori con prezzi adeguati che ci permettano di coprire i costi di produzione. La nostra uva da tavola dovrebbe esserci pagata almeno il 20% in più: far pagare 0,70 euro un cestino da mezzo chilo significa umiliare il nostro prodotto e il nostro lavoro".


L'Italia nel 2021 si conferma primo produttore europeo di uva da tavola e quarto a livello globale (fino al 2010 circa eravamo leader), con circa un milione di tonnellate prodotte (Fonte dati Ismea). Gli ettari coltivati sono 46.829 (Fonte Istat), in linea con le superfici degli ultimi anni. Le superfici investite a uva da tavola in Italia sono concentrate in Puglia con 24.435 ettari e Sicilia con 18.817 ettari, che da sole coprono il 92% della coltivazione. I dati relativi all’ultimo quinquennio evidenziano una certa dinamica nella sostituzione dei vecchi impianti di varietà tradizionali con i nuovi vigneti di varietà senza semi.

 

Puglia, leader in Italia

La situazione produttiva dell'uva da tavola pugliese è stata in linea con l'andamento nazionale: un buon avvio con piante ben allegate e produttive per poi avere problemi legati al caldo estivo torrido prima e con le precipitazioni atmosferiche poi. In particolar modo ne ha sofferto la qualità del prodotto e la sua shelf-life. "Per l'attuale campagna dovremmo arrivare a commercializzare circa 1.200 tonnellate di prodotto certificato - commenta Michele Laporta, presidente del Consorzio per la valorizzazione e la tutela dell'Uva di Puglia Igp -, rispetto alle 500 tonnellate vendute nel 2020. I numeri sono in netta crescita e ci fanno ben sperare per il futuro. Ad aumentare sono anche i soci e i confezionatori iscritti, che passano dai 26 della scorsa campagna ai 43 attuali. Allo stato attuale le varietà riconosciute dal disciplinare sono tutte con semi: Italia (soprattutto), Regina, Victoria, Michele Palieri e Red Globe*. Complessivamente queste varietà rappresentano il 75% circa dell'intera offerta di uva da tavola pugliese". Da segnalare in crescita i volumi cultivar apirene come Crimson Seedless*, Thompson Seedless, Allison*, Sugar Crisp*, Carlita*, Sweet Glow*, Cotton Candy*, etc.

 

Guarda il video 'Uva da tavola: Qualità e innovazione le parole chiave' pubblicato sul canale YouTube di Plantgest a luglio 2019

 


Cosa è successo in Sicilia

In Sicilia è presente il Consorzio di tutela dell’uva da tavola di Mazzarrone Igp che riunisce i produttori dei comuni di Mazzarrone, Licodia Eubea, Caltagirone (Provincia di Catania), così come Acate, Comiso e Chiaramonte Gulfi (Provincia di Ragusa). Sono circa 12mila gli ettari coltivati a vigneti, per una produzione di circa 240mila tonnellate. "Questa stagione - spiega Giovanni Raniolo, presidente del Consorzio - si è conclusa con circa un +12% di merce. In questo anno così difficile il prodotto a marchio ha visto elevare il proprio valore del 20%, rispetto al prodotto non Igp. La sfida adesso è quella di raggiungere sempre nuovi mercati. La nostra varietà regina è Italia, un'uva con i semi dal sapore rotondo e dall'aroma unico. Negli ultimi anni stanno aumentando le superfici di uve apirene o senza semi. La prima parte della stagione, approssimativamente da fine maggio al 20 agosto, ha permesso di avere rese nella norma e qualità eccellente. Purtroppo, a partire dalla fine di agosto le produzioni hanno avuto problemi di disidratazione del frutto e quindi una qualità peggiore, dovuti al forte caldo. Senza dimenticare i danni causati da piogge, grandine e vento dell'ultima parte della stagione. E' evidente che il cambiamento climatico in atto sta creando grandi problemi". Tra le varietà con i semi nel disciplinare ci sono Victoria, Black Magic, Red Magic*, Italia, Red Globe* e Black Pearl® Black Onyx*. Mentre tra quelle senza semi ci sono Sugraone* Superior Seedless®, Seedless Black, Seedless Pink*, Crimson Seedless e Seedless White.

 

Import ed export

La filiera italiana delle uve da tavola è fortemente orientata all’export. Per questo motivo l’equilibrio economico del settore dipende dalla domanda estera. A livello mondiale le importazioni di uve da tavola muovono circa 4,6 milioni di tonnellate di prodotto per un controvalore di 8.700 milioni di euro. Gli Usa sono il primo importatore con una quota del 19% in valore, seguiti da Paesi Bassi e Germania (con l'8% entrambi) e da Regno Unito e Cina (con il 7%). Tra i Paesi esportatori l’Italia si colloca al quarto posto a livello mondiale con spedizioni per circa 720 milioni di euro. L’Italia è il principale produttore europeo ma è preceduta a livello globale da Cina, Perù e Cile.
Per quanto riguarda la qualità del prodotto l'Italia è leader ma la sua offerta è fortemente incentrata su varietà storiche e con semi, che da un certo punto di vista sono meno ricercate dal consumatore che preferisce un prodotto senza semi, dolce e croccante (sapore e aroma più piatti ma più facili per il mercato). Le uve seedless sono anche più facile da produrre per questa minore complessità della qualità, aprendo così la possibilità ai nostri competitor di giocare un ruolo da protagonisti grazie al prezzo che possono fare e si possono permettere. "L'uva da tavola made in Italy ha sicuramente un suo spazio - conclude Tonino Melillo, tecnico di Agrimeca Grape and Fruit Consulting - ma è necessario comunicare meglio l'effettivo valore e quello che c'è dietro quel grappolo d'uva dal sapore unico e rotondo. Gli acini di uva da tavola non hanno nulla da invidiare agli acini di una vite da vino. Quello che differisce è il modo in cui li rappresentiamo e il modo in cui facciamo sistema. Il viticoltore che produce uva da tavola è un agricoltore e non un imprenditore. Gli piace andare in campagna e produrre ma poi non riesce a vedere oltre. Questo aspetto va cambiato, per far si che l'uva da tavola italiana si prenda quello che gli compete: uno straordinario successo. Ma cosa vuol dire qualità? E' necessario identificarne il significato in base anche al mercato che si vuole raggiungere e alle esigenze che si vogliono portare avanti: c'è chi dice che è nel colore, chi nel grado zuccherino, chi nella croccantezza o chi nel calibro. Tutti hanno ragione e torto: perché ogni mercato ha la sua qualità. Per questo motivo è importante sapere cosa accade dal momento in cui l'uva viene tagliata ma anche prodotta o addirittura quando viene messa a dimora la pianta".


La redazione di Plantgest suggerisce la lettura dell'articolo 'Tutto sull'uva da tavola' pubblicato su AgroNotizie nel luglio del 2011, in cui il Professor Mario Colapietra ci accompagna in un viaggio lungo il ciclo di produzione, lavorazione e commercializzazione dell'uva da tavola.

Autore: Lorenzo Cricca
© Plantgest - riproduzione riservata

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